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Categoria: Modica
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Anno 2014 indice

Modica: tutto è perduto tranne il blasone  (Pubblicato su Dialogo Gennaio 2014)

Sulla costituzione dei “Liberi consorzi dei Comuni

Anche Modica uccida il Gattopardo: si al ‘Val di Noto’ (Pubblicato su Dialogo maggio 2014)

Macro o micro ‘Consorzio’: un falso problema  (Pubblicato su Dialogo Giugno 2014)

Bunga bunga nell’era democristiana!?  (Pubblicato su Dialogo maggio 2014)

L’agonia dell’Ente Liceo Convitto  (Pubblicato su Dialogo Ottobre 2014)

Il consorzio turistico: esito necessario di una infezione culturale  (Pubblicato su Dialogo Novembre 2014)

 

 

Quelli che seguono sono tre articoli che prendendo lo spunto dalla possibilità di istituire “liberi Consorzi comunali per l’esercizio delle funzioni di governo di area vasta, in sostituzione delle Province regionali” ai sensi della legge regionale n.7 del 27 marzo 2013 riepiloga la qualità della politica comprensoriale attuata dalla classe politica modicana.

 

 

Modica: tutto è perduto tranne il blasone

Una classe dirigente modicana cercò di formarsi nel periodo prefascista. Il percorso, sospeso nella ‘Modica fascista’, riprese vigore nel 1945 con la ‘Modica repubblicana’.

Solo se si possiede la capacità ed il disincanto di recuperare il senso del normale è possibile rendersi conto che in tale percorso la classe politica modicana si è sempre mossa tra la mediocrità di governo ed una normalità, mai superiore a quella di un semplice commissario prefettizio; e se raggiunse il culmine della sua mediocrità nel periodo fascista con l’inettitudine dimostrata in occasione della erezione di Ragusa a capoluogo di provincia, non sembra che abbia meglio debuttato alla caduta del Fascismo.

Che dire, infatti, degli antifascistelli del 1946 che a democrazia ripristinata e, quindi, al riparo da olio di ricino, purghe e confino, non tentarono di ottenere un seppur minimo riconoscimento per risarcire la Comunità modicana dell’abuso subito dal Fascismo? Eppure alla caduta del Fascismo il sentimento dominante era quello della riparazione dei suoi soprusi come un desiderio di azzeramento e di ripristino di una legalità giuridica e culturale sospesa per un ventennio. Esistevano, perciò, i presupposti per rimettere in discussione, se non l’ormai acquisita attribuzione del capoluogo di provincia, almeno la possibilità di creare una provincia ‘Modica e Ragusa’, un po’ come ‘Massa e Carrara’, ma anche un ripiegamento su posizioni più praticabili come la istituzione in Modica di un unico Tribunale, un unico Archivio di Stato, una biblioteca provinciale, un sistema di studi più esclusivo e di eccellenza e quant’altro, un clima pacato e deciso di riordino istituzionale, avrebbe potuto suggerire ad una classe politica che fosse stata animata da un forte, sano e determinato sentimento di appartenenza alla Comunità modicana.

Negli anni ’50, Ragusa si avvalse di un secondo Pennavaria, questa volta modicano, di nome Saverio Terranova, che nel solco degli atteggiamenti di resa della classe politica fascista modicana degli anni ’20, fece di tutto perché non si tentasse di sfruttare al meglio il Decreto Legislativo Presidenziale n. 6 del 29/10/1955 che nel suo art. 10 prevedeva la facoltà dei comuni di consorziarsi con il compito di svolgere funzioni amministrative di competenza dello Stato e a loro delegate dalla Regione, opponendosi all’attività del consigliere comunale, fervente modicano, Nannino Ragusa che cercò con grande caparbietà ed attivismo di sfruttare il Decreto Presidenziale.

E’ una delle tante prove di una qualità politica inconciliabile con quel ‘pensarla alla grande’ che ha impedito a Modica di tenere il passo con il proprio glorioso passato; una costante storica se è vero che anche l’opportunità che offre la legge regionale n.7 del 27 marzo 2013, con la previsione della ‘istituzione dei liberi Consorzi comunali per l’esercizio delle funzioni di governo di area vasta, in sostituzione delle Province regionali’ non è stata colta dalla classe politica modicana.

Solo il prof. Giuseppe Barone ha il merito di aver sollevato il problema, anche se nel proporsi come novello ‘Pennavaria modicano’ non è riuscito a sollevare alcun fruttuoso dibattito. Glielo ha impedito una pigrizia di iniziativa politica, tipica di questi tempi, ma anche lo scarso valore delle argomentazioni. «Non si tratta  - ha scritto - di resuscitare obsoleti campanilismi, né di rivendicare glorie passate’ [...]‘…Ragusa capoluogo conta una storia troppo ‘corta’ e controversa per vantare primati che non ha. Come è noto, furono i meriti ‘fascistissimi’ del gerarca Pennavaria nel 1927 ad elevare Ragusa capoluogo di una nuova provincia, umiliando la più blasonata ex- capitale della Contea.».(1)

Una presa di posizione in cui le parole tese ad esorcizzare il campanilismo finiscono per alimentarne uno peggiore. Il Professore, infatti, si affida ancora una volta al blasone aggiungendo che «[…] a fronte di quasi cinque secoli di predominio di Modica nell’ex Contea, in questi ultimi 80 anni Ragusa non è riuscita ad esprimere una leadership condivisa ed autorevole»  (2)

Il prof. Barone oltre al blasone non riesce a trovare argomenti  per promuovere la nostra città nel ruolo di capoluogo del ‘Libero Consorzio del Sud-est’  se non una serrata critica alla soppressa Provincia, aggiungendo che essa «è esistita come ente clientelare e stipendificio, senza mai incidere realmente sullo sviluppo del territorio. I dodici ‘campanili’ iblei sono sempre andati ciascuno per proprio conto, senza che nessuna ipotesi di programmazione (le infrastrutture, l’Università, l’Ato ambiente, il Piano territoriale) sia mai andata in porto. Sono questi i risultati fallimentari di una Provincia nata solo sulla carta.» (3)

E’ singolare che egli faccia riferimento alla mancata realizzazione di Università, Ato ambiente, Piano territoriale ed assenza di coordinamento dei ‘dodici campanili’, quando è noto che tali progetti sono falliti in tutta la Sicilia. Peggiore il riferimento alla provincia come stipendificio come se Modica non avesse raggiunto un organico del personale doppio di quello del comune di Ragusa o nei locali dell’Azasi del 1985, in un ampio salone, non sostassero decine di impiegati il cui unico impegno ‘lavorativo’ consisteva nel fare la spola tra detto salone ed i bar vicini.

Il prof. Barone è in perfetta continuità con il passato e ciò consente la facile previsione che la classe politica modicana attenderà tranquillamente quanto sarà deciso a Palermo in attuazione della legge regionale n.7 del 27 marzo 2013, senza alcun tentativo di animare, preventivamente, una piattaforma condivisa con i Comuni del Circondario. D’altra parte quando finalmente in Italia, sulla scorta del fallimento delle province, si era fatta strada l’idea di sopprimerle, la classe politica modicana, degna erede di quella del 1927, anziché fondare un comitato per la immediata soppressione della Provincia di Ragusa e riaprire i ruoli storici dei comuni iblei, organizzò (on. Nino Minardo del PDL) una petizione per salvarla. (4)

Una politica comprensoriale richiede, come modo di essere, grandi aperture mentali, compostezza intellettuale ed un  ‘Pensarla alla grande’.

Pensarla alla grande’ significa agire, non reagire. La classe politica modicana non solo non ha agito, assumendo iniziative, ma ha reagito malamente mostrando sempre e solo il suo blasone. Lo ha fatto, e continua a farlo, nelle stesse condizioni del nobile decaduto che nel modo stesso di esibire e raccontare il suo grande passato testimonia una decadenza avvenuta: la vera ‘grandezza’ è riconosciuta non esibita.

Una politica comprensoriale richiede autorevolezza ed una ‘postura culturale’. Deve essere anche attenta alle necessità dei Comuni del Circondario geopolitico, ovvero quei comuni che per assonanze, storiche e di costume avvertono un destino comune a quello di Modica. Perché tutto ciò avvenga occorre che Modica si faccia, in qualche modo, carico anche dei problemi dei Comuni del Circondario o comunque risolva i propri con un costante riferimento al contesto comprensoriale.

Con un atteggiamento di questo genere il Sindaco Torchi avrebbe riconosciuto giusta e fondata, o almeno discutibile, la richiesta del Comune di Pozzallo di ridefinire il confine con il comune di Modica per acquisire il territorio abitato da modicani che gravitano su Pozzallo per i servizi più essenziali, come la scuola ed i servizi sanitari. Torchi (ed il Consiglio Comunale), invece, anziché propiziare un tavolo di trattative, magari coinvolgendo gli altri comuni del Circondario per una ridefinizione più organica dei confini, come un cavaliere medievale, ha preferito difendere, con argomenti ridicoli, ogni perdita … dell’ICI.

La storia della ‘Modica repubblicana’ è ricca di vicende che evidenziano l’assenza di una politica comprensoriale con una continuità che non distingue le diverse forze politiche che si sono avvicendate nel governo della città.

Anche ottimi progetti che potevano essere espressione di un ‘pensarla alla grande’, come l’Azasi, il 1° Convegno internazionale di studi sulla Contea di Modica, l’Università San Martino e l’eliporto, si sono rivelate strumenti di consolidamento di un potere politico clientelare e paramafioso.

La vicenda della soppressione del Tribunale è emblematica. Da quando la legge delega n. 138 del 13 Agosto 2011 inserì il tribunale di Modica in un elenco di 37 tribunali da sopprimere, si sono susseguiti: comunicati stampa, ordini del giorno, dichiarazioni solenni, petizioni, raccolta di firme, lettere al Ministro di Grazia e Giustizia, conferenze e seminari, fino all’assemblea pubblica, ‘Il tribunale è di tutti, salviamolo’, svoltasi nella mattinata del 15 dicembre 2013 presso l’auditorium ‘Pietro Floridia’. Organizzata dal comitato pro-tribunale e con l’intervento di associazioni culturali ed ordini di Commercialisti, ingegneri e medici di famiglia. Assemblea comprensoriale, perché erano presenti anche i sindaci di Ispica, Pozzallo e Scicli ma, di fatto, una assemblea di avvocati senza popolo e senza il sindaco di Modica ed i parlamentari nazionali.

In tali assemblee, chi ha a cuore il bene della città, ha colto il clima di una rassegnata malinconia alimentata dall’inadeguatezza dei contenuti degli interventi e dalla inconsistenza delle proposte rispetto al problema. Un inutile agitarsi, diretta espressione dell’‘agire per l’agire’, in cui i convenuti non si rendevano conto di quanto con i loro stessi, interventi celebrassero la soppressione del tribunale e non il suo mantenimento. Non potendo disporre di argomenti utili a dimostrare un’attuale riconosciuta leadership della Città e del Circondario, ai convenuti non è rimasto altro che invocare l’antisismicità del Palazzo di Giustizia modicano rispetto a quello di Ragusa e quello, più ridicolo, del ‘Tribunale presidio di legalità‘.

I segni del declino, che appare irreversibile, sono tutti presenti e completeranno la spoliazione della città: Archivio di Stato, Casa circondariale e quant’altro.

Se, ragionando per ipotesi, con legge regionale si volesse istituire una biblioteca intercomunale o provinciale, con quali referenze Modica potrebbe proporre la sua candidatura disponendo di una biblioteca comunale la cui organizzazione e gestione è la prova di quanta poca attenzione la classe politica ha avuto da sempre per la biblioteca comunale anche quando la cultura è stata affidata a professori? Dovrebbe fare riferimento ai fasti della Contea?

La classe politica modicana non può assolutamente uscire dal cortile di Palazzo San Domenico se si fa riferimento alle iniziative che potevano essere assunte e non sono state realizzate. Si pensi alla possibilità, non sfruttata, di creare normali consorzi, per la soluzione di problemi comuni, in tutto il Circondario geopolitico di Modica: comuni tradizionali di Scicli, Pozzallo ed Ispica cui si possono aggiungere quelli di Rosolini, Pachino e Noto. Si pensi alla gestione dei rifiuti, al governo del turismo e di tutti gli altri problemi complessi e del vantaggio per tutti di muoversi in un contesto di circa 180.000 abitanti ed un territorio di 1250 kmq. In una visione comprensoriali sarebbero stati possibili anche consorzi solo tra singoli comuni del Circondario per il governo di problemi comuni, si pensi ad un possibile progetto per lo sfruttamento della Cava d’Ispica tra il comune di Modica e quello di Ispica. Non escludendo la possibilità di immaginare Commissioni paritetiche di studio e programmazione di consiglieri della maggioranza di tutti i comuni del Circondario; conferenze di servizio di funzionari dei vari comuni su temi specifici con appuntamenti periodici e programmati.

Stiamo parlando di una strategia delle organizzazioni parallele capaci di sopperire alle deficienze croniche dell’ente provincia e buone per propiziare strutture più adeguate alle esigenze delle Comunità che di fatto avrebbero condizionato anche la futura legge sulla istituzione dei liberi comuni.

Che fosse possibile una politica comprensoriale, intelligente ed in linea con la storia del Sud-est ce lo testimonia l’on. Antonio Borrometi con la sua proposta di legge presentata, con il n.4828, il 5 marzo 1998 alla Camera dei deputati. Una proposta rispettosa anche della storia dei due comuni di Noto e Rosolini che prevedeva l’allargamento della circoscrizione del tribunale di Modica con la contestuale istituzione di una sua sezione distaccata in Noto con competenza sul territorio dei comuni di Noto e Rosolini. Una iniziativa che incarnava una leadership naturale, se è vero che la stessa venne sostenuta nei comuni di Noto e Rosolini da Consigli comunali, dagli ordini degli avvocati e dal popolo con Comitati promotori e con raccolta firme. La proposta dopo essere stata, nel luglio del 2000, approvata con un ordine del giorno della Commissione Giustizia alla Camera si arenò per lo spirare della legislatura. In Parlamento dopo Borrometi subentrarono l’on. Giuseppe Drago ed il sen. Riccardo Minardo eletti nel 2001, che come la loro storia politica, e non solo, testimonierà abbondantemente avevano interessi non coincidenti con gli interessi della città di Modica tanto che anziché interessarsi del Tribunale di Modica furono i tribunali ad interessarsi di loro.  (1. continua)

Carmelo Modica

 

note

(1) Giuseppe Barone, Modica e il libero Consorzio del sud-est, in http://www.laspia.it/2013/08/31/modica-e-il-libero-consorzio-del-sud-est/

(2) Ibidem

(3) Ibidem

(4) Onorevole Nino Minardo: E’ cominciata oggi la petizione on line a difesa dell’identità iblea, radiortm.it del 24 luglio 2012.

(DIALOGO Gennaio 2014)

 

 

Sulla costituzione dei “Liberi consorzi dei Comuni

Anche Modica uccida il Gattopardo: si al ‘Val di Noto’

Ogni tanto capita che viene fuori un argomento che appassiona e scalda gli animi di politici ed intellettuali che finisce poi per essere preda di politicanti di mestiere. Se ne parla, anzi se ne straparla, fino a quando ognuno ha completato la passerella e si è fatto un nome: bello, bravo, meraviglioso.

Poi tutto finisce e il problema si risolve per i fatti suoi, per consunzione ma sempre non portando alcuna traccia delle magnifiche discussioni realizzate. E’ accaduto con l’Eliporto, con il Tribunale, con il Carcere e sta accadendo con “Il libero consorzio dei comuni”.

Ne sa qualcosa Salvatore Rando il cui tasso di modicanità è da mettere in evidenza per la grande passione civica con la quale si è intestate tutte queste battaglie senza cavarne, purtroppo, un ragno dal buco.

Ma è proprio il tasso di modicanità che manca, anzi che non è richiesto; nel dibattito sui ‘liberi consorzi’ addirittura qualcuno lo considera sentimento pernicioso e lo  liquida con l’accusa di gretto campanilismo anche quando il riferimento alla nostra Storia viene fatto solo per individuare le migliori assonanze culturali e di costume che possono aiutarci a scegliere quale “Libero consorzio” propiziare.

E’ in queste occasioni che ci si accorge di quanto importante sarebbe il seguire un metodo di discussione, organizzando seminari dove fosse possibile avviare un processo decisionale che si evolva secondo le classiche fasi che vengono adottate da chiunque voglia pervenire a decisioni meditate ed efficaci e non viscerali o a naso.

La esigenza di studiare e codificare il processo decisionale venne avvertita per prima nel dominio militare, sia perché in genere sono moltissime le variabili che influenzano il processo decisionale, sia perché nell’ambito militare l’errore, più che altrove, può essere causa di grandi perdite di vite umane.

Non per altro Napoleone affermò che “Niente e più difficile e quindi più prezioso dell’essere in grado di decidere". Per questo uno dei capitoli più importanti della dottrina militare è proprio quello del processo decisionale. Ovviamente a quella ‘sinistra’ cui viene l’orticaria quando sente parlare di ‘militare’ è semplice ricordare che tutta la migliore cultura aziendale recepisce la dottrina militare, sia in materia di organizzazione che di metodo decisionale arrivando ad inserire fra i testi fondamentali di formazione “L'Arte della guerra di Sun Tzu”.

Ma è la stessa guerra che conduce la massaia quando, specie in questi periodi, al supermercato deve assumere le decisioni per far quadrare i conti familiari e senza che faccia mente locale attiva un processo decisionale che sempre si sviluppa attraverso un ciclo composto da logiche fasi:

Ma questa in verità è una sciocchezza perché la discussione sui ‘liberi consorzi’ dimostra che non sempre viene adottato tale processo; anzi conferma che la politica ci ha talmente abituato all’assenza di criteri normali di ragionamento che non conosciamo il decidere a ragion veduta come metodo.

Allo stato attuale del chiacchiericcio (la qualità dell’attuale discussione non merita altro termine) si sono delineate le seguenti ipotesi:

  1. Libero consorzio di tutti i Comuni delle soppresse province di Siracusa e Ragusa;
  2. Libero consorzio di tutti i Comuni della soppressa provincia di Ragusa cui aggiungere alcuni Comuni della soppressa provincia di Siracusa;
  3. “Libero consorzio del Val di noto” comprendente tutti i Comuni del Comprensorio di Modica (Scicli, Pozzallo Ispica) cui aggiungere i comuni del sud-est siracusano, Avola, Noto, Pachino, Portopalo e Rosolini ai quali potrebbero aggiungersi Palazzolo, Canicattini, Buccheri, Buscemi, Ferla e Cassaro comuni anch’essi facenti parte della soppressa provincia di Siracusa e riuniti nell’Unione dei comuni montani "Valle degli Iblei". Il consorzio del Val di Noto comprenderebbe, quindi 15 Comuni  con una popolazione attorno ai 220.000 abitanti con Modica capofila in base al più alto numero di abitanti (55.000).

Tale triplice possibilità, che è nella logica delle cose, è comunque l’esito di due strategie di fondo: quella del Comune di Ragusa che, forte del fatto che i Comuni della Valle dell’Ippari non sembrano voler perseguire soluzioni alternative, punta ad un allargamento della soppressa provincia di Ragusa su alcuni Comuni della soppressa provincia di Siracusa cavalcando la teoria che occorre opporsi allo strapotere delle aree metropolitane e dall’altro quello dei Comuni del Comprensorio Modicano e del sud-est della soppressa provincia di Siracusa che vogliono uscire da una emarginazione in cui sono state costrette dalla inettitudine delle due ex province.

Chi cavalca la strategia dei ‘Macro’ consorzi lo fa non argomentando la utilità del ‘Macro’ rispetto al ‘Micro’, ma si limita all’uso di frasi ad effetto, alla Berlusconi , tanto per capirci cercando di ridicolizzare chi si oppone al ‘Macro’ scrivendo e parlando di “Consorzio bonsai”. (1)

I sostenitori del ‘Macro’ non hanno neanche speso una parola per dimostrare che “Piccolo è bello” (1973) di Ernst Schumacher purché, come precisa lo stesso autore, si realizzi nel grande, sia stato superato da un “Macro è bello ed efficiente”. Né si rendono conto di quanto insensato ed irrazionale sia il ragionamento di chi sostiene banalmente il ‘micro’ o il ‘macro’  quando in termini scientifici la dimensione territoriale dovrebbe fare riferimento ad una dimensione ottimale definita tale attraverso il preciso riferimento all’analisi delle risorse materiali, umane ed anche immateriali (comuni tradizioni, costumi e modi di sentire) di un popolo su un territorio ed alla loro intrinseca capacità di fare sintesi e sinergia. Il progetto non deve essere piccolo o grande; occorre che si muova su scala appropriata e sostenibile, nel quadro di un sistema ottimale.

Ma la scelta della dimensione ottimale richiede un’accurata analisi, servono dei dati da elaborare ed interpretare e, quindi, non è lavoro che questa politica degradata ed incapace, forse per sua intrinseca natura, possa realizzare. Si è costretti, quindi, a fare ragionamenti empirici e non scientifici. Vediamo di seguire l’itinerario di tale processo per quanto possibile.

Un corretto processo decisionale non può rinunciare a chiedersi come il problema da risolvere sia nato e si ponga. Nel nostro caso non possiamo non rilevare che la costituzione di “Liberi consorzi di Comuni” è nato non dalla necessità di rivisitare una Istituzione per renderla più efficiente, ma semplicemente perché avendo la crisi economica, espressione di malapolitica,  imposto di rastrellare sprechi di risorse pubbliche ci si è accorti che le provincie non servivano a nulla o quasi.

Ci si è accorti che, oltre alle normali funzioni amministrative di governo dell’esistente, ad esempio manutenzione delle strade provinciali e loro fisiologico potenziamento con rettifiche di itinerari, eliminazione di strettoie ed allargamento dell’esistente, le funzioni di coordinamento e pianificazione dello sviluppo affidate alla politica erano inesistenti o con-fuse con la deprimente azione di finanziamenti destinati a sagre paesane, cantanti ed eventi culturali centellinati secondo logiche spartitorie dominate dalla forza dei vari personaggi politici. Basterebbe riflettere su come è stato governato il turismo e lo smaltimento dei rifiuti per rendersi conto della ‘catastrofe provincia’.

E’ del tutto naturale che molti personaggi politici preferiscono saltare il passato dicendo che è adesso che esiste una legge regionale che consente di realizzare “Consorzi di Comuni” ed è da essa che occorre partire. Ciò apparentemente sembrerebbe logico, ma invece è prima una bugia e secondo una forma di subdola autodifesa della classe politica.

E’ una bugia perché non esiste impedimento giuridico ad un Comune, che per sua natura, in diritto, è autarchico, a propiziare i consorzi che vuole (prima e dopo questa legge). E’ una subdola forma di autodifesa dei politici perché la soppressione delle Province Regionali è la prova stessa del loro fallimento e la solare testimonianza della loro mediocrità politica.

Infatti, il fallimento di un progetto, quando non esiste una causa di forza maggiore, ha dei responsabili. Altrettanto conseguenziale  è il fatto che in via principale tali responsabilità sono quelle dei personaggi politici che hanno governato la nostra città attraverso alte cariche elettive e di governo, uno per uno ed anno dopo anno, per i moltissimi anni di questa Modica Repubblicana.

Tale responsabilità va oltre quella diretta collegabile al periodo magari più limitato, in cui ciascun personaggio politico ha ricoperto la carica di sindaco, senatore, presidente della Regione, assessore, onorevole regionale o nazionale per fondersi con quella esercitata attraverso l’azione costante e continua nel proprio Partito di appartenenza al quale ha fornito quella mediocrità politica utile perché la classe politica nel suo complesso e globale potesse conseguire con continuità i fallimentari risultati che ha raggiunto.

Il fatto curioso è che molti di questi personaggi politici fanno dichiarazioni senza il minimo cenno autocritico e propongono soluzioni senza che alcuno chieda loro perché quando ne avevano il potere non hanno adottato alcun provvedimento in materia di politica comprensoriale in senso lato. Costoro, infatti, vogliono accreditarsi per l’autorevolezza formale dell’acquisita carica di emerito Senatore (o altro) non potendo accreditare risultati ottenuti nell’esercizio di tale carica se non un forbito ed inutile magari ventennale chiacchiericcio.

Chiacchiericcio duro a morire se è vero che tutt’ora si scrive che “…da oltre un decennio, invece, Modica si è fermata. per precise responsabilità della sua classe dirigente. Ha spento i motori e non accenna minimamente a riaccenderli. Non ha saputo e non sa né contrastare i processi negativi di spoliazione […] Modica ha fatto parte, per quasi 80 anni, della provincia di Ragusa e ha contribuito in modo decisivo a configurare quello che schematicamente si può definire “sistema Ragusa”. (1)

Non sarebbe chiacchiericcio se si fosse anche chiarito quando e chi ha spento i motori (Torchi?) e chi e quando ha tenuto i motori accesi e quali sono i grandissimi contributi di Modica al “sistema Ragusa”.

La legge regionale firmata dal sempre presente Gattopardo siciliano ha previsto una tempistica tale che molto probabilmente lascerà le cose come stanno, considerato che in tre mesi questa classe politica si e no è capace di organizzare una giocata a tombola.

Ragusa non ha problemi, già la sua semplice inerzia la lascerà capofila o di tutti i comuni della soppressa provincia di Ragusa o di quelli che rimangono se andasse in porto (cosa molto difficile) “Il consorzio del Val di Noto”.

Esiste un solo modo: lavorare perché il nemico tempo possa essere battuto, propiziando comunque la istituzione del davvero libero “Consorzio dei comuni del Val di Noto” a prescindere ed oltre questa gattopardesca tresca. Come? Ne riparleremo. #(2. continua)

Carmelo Modica

(1) Concetto Scivoletto sui Liberi Consorzi: “A che serve un Consorzio bonsai?” http://www.ragusah24.it/28.04.2014

(Pubblicato su Dialogo maggio 2014)

 

 

 

***

Macro o micro ‘Consorzio’: un falso problema

 

Il dibattito in atto sulla scelta del “Libero consorzio di Comuni” da propiziare per la nostra Modica è caratterizzato da analisi che si muovono nel ‘Regno della quantità’, direbbe René Guenon. La cosa non meraviglia perché è caratteristica della attuale cultura esclusivamente razionale.

All’errore di considerare quantità e qualità come termini complementari si affianca una pigrizia culturale che trova più semplice riferirsi alla grandezza dei numeri che alla valutazione, certamente più complessa, delle assonanze socioeconomiche, le incidenze delle risorse immateriali dei singoli Comuni e la loro capacità di creare valore aggiunto dalla loro relazione.

I sostenitori del “Macro consorzio” hanno fatto della estensione del territorio e della quantità di popolazione il loro postulato; non si pongono il problema di quale deve essere la dimensione dell’ente intermedio, sostenendo, sic et simpliciter, il ‘Macro consorzio’. Non percepiscono che la crisi economica che, finalmente, ha messo a nudo il fallimento delle soppresse provincie, è figlia della politica che ha concepito l’ente intermedio come una ‘mucca da mungere’ per fini di potere politico ed elettorale, né che per tale motivo l’occasione dovrebbe essere sfruttata per il recupero culturale della giusta funzione dell’Ente intermedio come strumento di coordinamento e pianificazione di problemi che per loro natura solo nel livello intermedio possono trovare la loro ottimizzazione.

Anche il linguaggio utilizzato tradisce questa incapacità. Si ripetono luoghi comuni, retorica e chiacchiericci che hanno caratterizzato quell’attività, più che ventennale, di governo della città e della politica locale che ha distrutto la nostra Modica. Non si riesce ad abbandonare l’idea che ogni “Libero consorzio” sarà destinatario di fondi pubblici, come è avvenuto per le soppresse province e che quindi occorre prepararsi ad un rapporto di forza con le tre città metropolitane siciliane in un’ottica di lotta di spartizione, perché “la vastità farà la differenza perché accrescerà il loro potere contrattuale”.(1)

Il prof. Concetto Scivoletto, che ha definito ‘bonsai’ l’ipotesi del ‘Consorzio Val di Noto’, scrive: “immaginando un nuovo modello di sviluppo sostenibile che faccia perno sulla valorizzazione sistemica delle risorse umane e naturali, materiali e immateriali, di cui la città dispone: centro storico, beni culturali, paesaggio urbano e rurale, agricoltura di qualità, biodiversità, enogastronomia, spirito imprenditoriale e intraprendenza commerciale, senso dell’ospitalità, creatività, artigianato artistico e di qualità – a partire dall’ormai famoso cioccolato proiettato verso il riconoscimento comunitario igp. tutti quanti elementi fondamentali di uno sviluppo non delocalizzabile, ovvero di un territorio che si fa progetto, si fa sistema attraverso la realizzazione di una rete di servizi avanzati”.(2) 

L’ex senatore, tolto il riferimento al ‘famoso cioccolato’, utilizza uno ‘stampone’ buono per sostenere qualsiasi ‘Libero consorzio di comuni’, in qualsiasi parte, non della Sicilia, ma del mondo nel perfetto stile inconcludente che ha caratterizzato la politica comprensoriale della ‘Modica repubblicana’.

Identica linea quella di Giovanni Avola, stesse radici comuniste del senatore Scivoletto, che però ad una serie di retoriche, non documentate e non documentabili argomentazioni di carattere generale, che non dimostrano alcunché a favore del ‘Macro consorzio’, aggiunge, nella qualità di segretario provinciale della CGL ma con la nostalgica violenta tensione politica del, a quanto pare, mai dimenticato Comintern sovietico, un formidabile attacco all’ipotesi di un “Libero consorzio Val di Noto” scrivendo:

si è già concluso un dibattito astratto , ozioso, patetico per certi versi, roboante sugli organi di informazione, che ha visto scendere in campo persino segmenti della intellighenzia locale in difesa di un municipalismo raccogliticcio che , in un clima di totale indifferenza sta suscitando solo l’ilarità generale. Un diversivo intellettualistico traboccante di miope campanilismo per pochi addetti ai lavori.

Mi riferisco alla proposta avanzata dal Sindaco di Modica di costituire un Libero Consorzio di Comuni con l’epicentro a Modica […]  Un consorzietto, schiacciato tra quello ibleo e quello aretuseo, privo di identità territoriale […] In un mese però è stato bruciato tutto. Sotto la cenere c’è Modica, una città isolata, mortificata, imbarazzata, a volte derisa, che ha rotto con Ragusa e con gli altri Comuni dell’ex Provincia e viene snobbata dai siracusani. […] nell’arco di pochi giorni Modica è diventato il Comune capofila di sè stesso, scissionista per i ragusani ed annessionista per una parte dei siracusani […]: più che un libero consorzio di comuni appare un ipotetico e possibile collegio elettorale su cui sognare…”.(1)

Aggettivi che fanno cogliere lo spirito dei 21 punti che nel 1920 Lenin impose a coloro i quali volevano aderire alla 3° Internazionale comunista, che là dove non sono gratuitamente e stupidamente offensivi nei confronti dei “segmenti raccogliticci” che come noi hanno voluto dare un loro contributo al dibattito, mortificano il concetto di democrazia identificando la libera votazione di un Consiglio comunale ed il conseguente referendum del popolo modicano ad un’azione “scissionista o annessionista”. Ridicolo!

Ai due esponenti di sinistra è completamente sconosciuto il concetto di dimensione ottimale del Consorzio da propiziare ed approfittano, invece, per cercare di imporre, con metodi comunisti, la vulgata di una ‘Modica isolata e mortificata’ resa tale dai 12 mesi di governo Abbate a nulla influendo, secondo questi novelli ‘cominternisti modicani’ i non meno di vent’anni di governo della sinistra dal 1985 ai giorni nostri.

Il concetto di dimensione ottimale è anche estraneo al sempre sindaco, prof. Saverio Terranova, se è vero che egli sceglie il  ‘Libero consorzio del Val di Noto’, senza, però, andare oltre i dato quantitativo. Infatti ne elenca solo gli elementi che costituiscono il tessuto socio-economico e fa riferimento a ‘forme moderne di pubblicizzazione e commercializzazione in grado di conquistare paesi anche lontani, che nulla hanno a che vedere con l’argomento dei liberi consorzi essendo traguardi che possono essere raggiunti anche senza consorzio se è vero come lui stesso afferma che ‘di recente una nota azienda di Ispica spedisce i suoi prodotti in tutta Europa, fino in Russia’(3).

Di levatura davvero differente le argomentazioni del prof. Giuseppe Barone, il quale in merito afferma che “I Liberi Consorzi non replicano le vecchie Province e non hanno bisogno di essere "grandi", ma piuttosto rapidi nelle decisioni ed efficaci nei risultati. Si dovranno basare su progetti comuni, su essenziali strategie condivise. Grandi Consorzi/carrozzoni non servono e rischierebbero di paralizzarsi subito (vi immaginate un´Assemblea di 30/40 sindaci con differenti esigenze)? Cerchiamo pertanto di essere concreti. Così come comincia a delinearsi, il Libero Consorzio del Val di Noto metterebbe in campo una "squadra" comunque rispettabile : tredici comuni con una popolazione totale di 235 000 abitanti, 16 000 aziende agricole (di cui 3500 zootecniche per 2/3 modicane, 2800 ortofrutticole tra Scicli, Ispica, Pachino, 2000 vitivinicole tra Noto e Pachino), un esteso tessuto di piccole e medie imprese, strutture commerciali adeguate, il porto di Pozzallo e un´area industriale, un polo avicolo di livello nazionale, quaranta istituti di istruzione secondaria con 15 000 studenti, quattro ospedali con 1300 addetti, 65 alberghi (23 a Modica e 19 a Noto), di cui 23 a 4 stelle, oltre a 230 strutture ricettive agrituristiche e complementari, un ventaglio ampio di eccellenze enogastronomiche (il cioccolato di Modica, il moscato di Noto, il nero d´Avola, il pesce di Portopalo, la carota di Ispica, il pomodorino di Pachino, le primizie di Scicli e Rosolini), uno scrigno prezioso di beni archeologici e monumentali, lo straordinario paesaggio marino e collinare, uno spirito di accoglienza inimitabile. Non provarci sarebbe un errore imperdonabile. In attesa (ma non per molto) che Ragusa batta un colpo”(4).

Encomiabile il tentativo del prof. Barone di documentare il suo sostegno al ‘Consorzio del Val di Noto’, ma pur dando ottime argomentazioni a tale scelta, secondo noi, cade, seppure marginalmente, nell’errore di affidarsi alla quantità di strutture ed addetti ovvero alla stessa arma di chi sostiene il ‘macro’ da lui criticato.

Il problema non è maggiore o minore territorio e popolazione, né elencazione delle risorse dei singoli territori, ma come tali risorse, per la loro natura, per la loro qualità sono capaci di interagire fra loro per ottenere un valore aggiunto non altrimenti ottenibile. L’analisi dovrebbe essere spostata, quindi, proprio sulle qualità intrinseche di ciascun settore di connettersi in maniera ottimale in sinergia con altri. E’ da queste analisi che è possibile individuare l’ambito ottimale entro il quale disegnare, territorialmente il ‘Libero consorzio’.

Tale processo è molto complesso perché richiede studi accurati del tessuto socio economico delle singole realtà, per individuare quei settori che per loro intrinseca qualità possono entrare in sinergia ed ottimizzare risultati in un livello più alto, non escludendo di valutare anche quelle risorse immateriali la cui incidenza, nel processo sinergico, non è certamente inferiore a quella che possono realizzare le risorse materiali. (3. fine)

 

Carmelo Modica

Note

(1) Liberi Consorzi tra Comuni. Ragusa. L’ipotesi del segretario generale della Cgil, Giovanni Avola, in www.radiortm.it del 5 maggio 2014.

(2) Concetto Scivoletto, sui Liberi Consorzi: “A che serve un Consorzio bonsai?”, in http://www.ragusah24.it/28.04.2014.

(3) Concetta Bonini, Liberi Consorzi, Terranova: “Modica non rinunci a guidare il Val di Noto”, in http://www.ragusah24.it  del 27.05.2014.

Un articolo che raccomandiamo di leggere: lo merita sia l’autore che il contenuto. L’autore perché aldilà dell’autorevolezza che ognuno può o meno attribuirgli è stato il personaggio politico che più degli altri ha governato la nostra città e, quindi, nel bene e nel male, piaccia o meno all’interessato, ha le maggiori responsabilità, insieme al suo partito, sulla qualità espressa dalla classe politica modicana e dei risultati ottenuti. In tale articolo, in maniera collaterale all’argomento che stiamo trattando, egli fa un elenco di tutte le prevaricazioni e gli scippi che Ragusa ha esercitato nei confronti degli altri per imporre una propria egemonia. Egli, però non fa alcun cenno ad azioni intraprese e progetti presentati per contrastare tale azione, né al ruolo che il suo partito ha avuto in tali ‘prevaricazioni’ considerato che un partito ha anche delle responsabilità in ordine ad una corretta politica provinciale.  Sarebbe, inoltre interessante verificare attraverso i risultati elettorali, quali giochi di potere, magari con il contributo di democristiani modicani, hanno giovato alla politica egemonica ragusana. Il prof. Terranova rimprovera i ragusani di aver fatto i propri interessi  dimenticando che quando vi è qualcuno che prevarica vi è sempre qualcuno che glielo consente; se il prevaricatore è più forte, la ‘violenza’ avverrà comunque, ma deve rimanere nella storia l’azione di dignitosa resistenza del prevaricato. Il prof. Terranova non ha indicato nulla di questo, segno che non è stata posta alcuna azione di contrasto. Il prof. Terranova ha sempre preferito la strada del vittimismo. Prima ha attribuito la colpa a Pennavaria che operò lo scippo del capoluogo di provincia, grazie al bieco Fascismo, poi non avendo un fascista a cui scaricare le colpe delle prevaricazioni ragusane si limita a farne un minuzioso elenco senza indicare cosa ha fatto la classe dirigente della democrazia cristiana provinciale per impedire alla democrazia cristiana ragusana di esser meno ‘fascista’ di Pennavaria. Egli, comunque, trova il modo di concludere l’articolo sostenendo che per propiziare il ‘Consorzio Val di Noto’ “Il problema di Modica […] è avere una classe dirigente all’altezza del compito. Cosa che, dagli interventi di autorevoli personaggi di ieri e di oggi, non sembra che ci siano. Questi sono i seguaci di una non nobile arte politica: l’arte della rinuncia”:  un perfetto autoritratto, diciamo noi, anche se egli lo ha scritto per autoassolversi.

(4) Giuseppe Barone, A proposito di Libero Consorzio: Modica "zitella"? A Ragusa però regna un silenzio assordante, in Corriere di Ragusa del 5 maggio 2014.

(Pubblicato su Dialogo Giugno 2014)

 

 

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Pani caliatu

Bunga bunga nell’era democristiana!?

In un nostro articolo su questo giornale, (1) confrontando la qualità politica dell’era democristiana con quella della Modica berlusconiana avevamo scritto che secondo ‘Radio latteria’, la dirigenza democristiana non fu immune da casi di ‘bunga bunga’. Il prof. Saverio Terranova, autorevole esponente dell’era democristiana, liquidò la nostra insinuazione  rispondendo: ‘Che dire della  concussione sessuale? Confesso che non me ne intendo’. (2)

Adesso questa molto diffusa leggenda urbana trova elementi di conferma proprio nel romanzo politico del prof. Saverio Terranova, ‘Una formica nera in una notte nera’. In esso l’autore attribuisce a Franco Trani, protagonista principale del romanzo, esponente della Democrazia cristiana e Sindaco di Modica animalesche doti amatoriali. In particolare nel romanzo, Saverio Terranova, in un colloquio con Don Pennisi fa dire a Franco Trani: «C’è dentro di me una bestia che a volte cerca la donna. Quando è assopita sono un essere razionale e cristiano. Ma quando si sveglia e ringhia, l’inquietudine mi assale, e non mi lascia fino a quando la bestia non ha avuto la sua preda. A allora cesso di essere cristiano, e mi servo della ragione per trovare le vie per fornirle il pasto». Un Franco Trani, quindi, sessualmente ‘potente’ se è vero che Nina, professoressa di lettere al Magistrale, nel chiedergli una ultima notte di amore come regalo di nozze, ebbe a ricordargli, «Fai l’ingenuo? Non mi sembravi che lo fossi quando mi prendevi con la violenza di un animale e mi lasciavi distrutta e felice”. Però Franco Trani non amava il Casino, ma ad esso “si adattò, come a un bisogno fisico. A Ragusa, ove non era conosciuto, visitò poche volte il ‘Ragno d’oro’ e la ‘Perugina’. Ne usciva ogni volta più angosciato che deluso. Solo una volta, alla ‘Perugina’, si imbatté in una donna veramente bella, che, appena lui cominciò a spogliarsi, gli si avvicinò e prese a baciargli il petto muscoloso ancora abbronzato, accarezzando le spalle larghe e stringendo le braccia robuste. Franco la rovesciò sul letto, le tolse il semplice spolverino, le fu addosso come un macigno, la squassò con il suo desiderio accumulato e urgente [...].Quando aperse gli occhi, ancora oppressa dal suo peso, lo baciò con la bocca chiusa sulla punta delle labbra: “Sei un giocatore di calcio?”. “No! Un professore di liceo”. La donna lo guardò con ammirazione: “Un altro come te e per oggi avrei chiuso.»(3)

Il prof. Giuseppe Barone che ha recensito il romanzo (4) dopo averlo presentato al pubblico presso il Palazzo della cultura nella serata del 28 dicembre 2013 organizzata dal ‘Caffè letterario Salvatore Quasimodo’ diretto dal prof. Domenico Pisana, ne ha tracciato, da storico accademico, il valore politico non soffermandosi, però, a sufficienza sulle possenti capacità amatoriali di Franco Trani. Noi, invece, rileviamo che tali doti sono l’unica novità rispetto a quanto il prof. Saverio Terranova aveva già descritto nel suo ‘Contributo alla storia di Modica dal 1945 al 2006’. (5). Riteniamo, inoltre, che se le ansie, i desideri ‘bestiali’ attribuiti al Sindaco Franco Trani, anche al netto di improbabili fantasie descrittive, non dimostrano la esistenza di concussioni sessuali certamente, esse, danno sostanza alla leggenda urbana che ci tramanda la esistenza di climi di ‘bunga bunga’ politici in cui oltre ai voti forse si contendevano anche le benevolenze delle donne.

Forse che quello sessuale sia stato l’unico settore interdetto alla mediocrità politica? Aspettiamo altri memoriali per altre conferme. L’avanzare dell’età di quella classe politica ci fa ben sperare.

 

 

Carmelo Modica

 

 

(1) Carmelo Modica, Chi ha fatto la storia di Modica. Avola e Terranova contro la Politica, in Dialogo, febbraio 2012.

(2) Saverio Terranova, Lettera al direttore, in Dialogo, marzo 2012.

(3) Saverio Terranova, Una formica nera in una notte nera, Edizioni book sprint, Romagnano al Monte (SA) 2013).

(4) Giuseppe Barone, Una formica nera nella notte nera e la Modica di Saverio Terranova, in www.laspia.it, 29 dicembre 2013

(5) Saverio Terranova, Contributo alla storia di Modica dal 1945 al 2006, Editore Argo Software, Ragusa 2008.

 

(Pubblicato su Dialogo maggio 2014)

Lettera a Carmelo Modica

Potere e amore (e sesso…)

 

Lei riesce sempre a sorprendermi. Adesso con l’articolo, assurdo e assolutamente ingiustificato, nel titolo e nella sostanza, del bunga.bunga.Per la sua logica: conosco quella di Aristotele, di Kant, di Hegel, di Wittgestein. Ma la sua no! Una logica che da premesse trae conclusioni assolutamente prive di alcun collegamento: dall’amore di giovani, appassionato ma pulito, giunge alle orge del bunga-bunga; fa salti nel tempo e nello spazio che nemmeno Sara Simeoni riuscirebbe a concepire: confonde gli inizi di una classe politica con il suo pieno potere; per sostenere la sua impossibile tesi, confonde personaggi di un ambiente con un altro.

Le dico solo tre cose. La prima: nel mondo c’è stato e c’è sempre il conflitto tra il bene e il male. Per alcuni il male è il peccato, come in S. Agostino che su questa premessa scrisse quella che è, forse, la più grande filosofia della storia, assieme a quella hegeliana. Per altri è lo sfruttamento dell’uomo, economico e sociale: è Marx e tutta la cultura che a lui si ispira. Per altri, ancora, è il disordine che rende impossibile dirigere lo Stato: è la concezione massimalista di tutti gli assolutismi del passato e delle dittature di ieri e di oggi. Altri, ancora, pensano che il male sia l’ignoranza che rende gli uomini schiavi e incapaci di godere della libertà e dell’uguaglianza che li renderebbero felici. Nessuno ha mai, che io sappia, sostenuto che il male sia l’amore fra l’uomo e la donna. Anzi tutti, tranne oggi la subcultura gay, ritengono che l’amore sia il dono più bello che Dio, o la natura (secondo quello in cui ciascuno crede), ha dato all’uomo. Se poi questo amore è teso alla procreazione, allora è il massimo bene anche per l’umanità. Lei invece trova il male nell’amore! Non è, a dir poco, assurdo? Nel mio romanzo il male è il potere. Ovviamente inteso nel senso suo proprio, cioè la capacità di disporre del destino di altri uomini. Nella società capitalista l’imprenditore ha il potere nei confronti dei suoi dipendenti; nello Stato comunista è il partito che ha il potere e i suoi dirigenti sono quelli che lo esercitano; nello Stato democratico, a vari livelli piramidali, coloro che sono investiti di cariche pubbliche. Ovviamente non è male il potere come servizio. L’esercizio del potere fa sentire un uomo simile a un dio. E qui è la colpa che viene punita dalla Storia. La vicenda dei tre giovani, puri e innocenti, colpiti da inevitabile sventura è proprio in questo: pagano i torti degli avi? Il notaio è ucciso per il potere che ha esercitato contro l’ebreo;c’entra in qualche modo? E’ una domanda senza risposta. La lascio ai lettori.

La seconda cosa: lei,con arte maliziosa,vuole sottintendere che non era amore ma “concussione sessuale”. Allora sicuramente sarebbe il male, e, direi il peggiore, perché schiavizzerebbe la donna, strumentalizzandone il bisogno alla libidine di un uomo investito di pubblici poteri. Ma, di grazia, dove è nel mio romanzo questo fatto? Franco, Marco, Gianni hanno avventure assolutamente umane e pulite. Pulite, ovviamente, per chi crede nella bellezza dell’amore per se stesso, senza interesse di alcuna natura. Magari per Gianni è un po’ grave, perché lui è sposato. Ma è pur sempre umano: direi con Nietzche, umano, troppo umano. In ogni caso, cosa c’entra la Democrazia Cristiana? Sono sentimenti e avventure di giovani, giovani sani e, come dice lei, animali bollenti. Le stesse donne amano, belle e meno belle. E ci sono donne meravigliose, come ha messo in evidenza,con sensibilità femminile, Grazia Aprile nella recensione al mio libro,  pubblicata su DIALOGO dello scorso marzo. Ci sono donne dolci e innamorate, donne forti e dalla sessualità spiccata, donne egoiste preoccupate solo di se stesse, e donne follemente passionali. Ma non c’è una sola donna disponibile a compromessi. Sono donne innamorate dell’amore. In ogni caso non ci sono rapporti d’amore avvenuti per ragioni politiche né da esse motivate. Ci sono solo giovani che hanno affrontato la vita e le sue difficoltà con gioia. Con gioia: e anche il sesso è gioia. E non ci ha insegnato Freud che è una componente essenziale della personalità? Lei, pudicamente, si è scandalizzato per l’espressione di una donna innamorata che sta per interrompere definitivamente un rapporto di amore in cui aveva identificato la sua vita. Ma non le ha insegnato la filosofia che l’uomo è un animale razionale: ha impulsi di animale che poi deve regolare e guidare con la ragione. E guardi bene dove la ragione li guida: “Voi dovete essere sempre tormentati dal dovere di fare qualcosa per la società”. Questa è la loro dottrina, spendersi per gli altri. Se lei, poi, si vuole riferire ad altri periodi della piccola storia di Modica, allora, per favore, lasci stare il mio romanzo.

La terza cosa è proprio questa: il mio è un romanzo, non è la storia che ho scritto nel libro che lei cita. Né a nessuno è permesso affermare che il romanzo è un approfondimento della “Storia di Modica dal 1945 al 2006”. Anche se, e questo è certo, è un romanzo storico. Ma i lettori sanno cos’è un romanzo storico: la storia è lo sfondo in cui si svolgono gli avvenimenti; questi invece sono frutto della invenzione artistica guidata da quello che lo scrittore vuole dire. Per parlare del più grande autore di romanzi storici, Ivanohe, di Walter Scott, presenta il ritorno di Riccardo Cuor di leone dalla III Crociata. Cosa vi è di storico? Riccardo viene imprigionato da Leopoldo d’Austria che lo odia, e, per liberarlo, esige un grosso riscatto. Riccardo manda i suoi emissari in Inghilterra per raccogliere la ingente somma; Il fratello, Giovanni Senza terra, che lo ha sostituito sul trono, non è tanto felice del suo ritorno, e dichiara di non avere quei soldi a disposizione. Bisogna raccoglierli fra il popolo. Vengono interessati gli ebrei che dispongono di denaro. Si raccoglie la somma e Riccardo può tornare in Inghilterra. Questo è lo sfondo storico. Tutto Il resto, cioè la vicenda di Ivanohe, il suo amore per Rebecca, l’accusa di eresia, il salvataggio, il torneo, in sostanza, il romanzo, è frutto della fantasia dell’autore.  Così, si licet magna componereparvis, nel mio romanzo di storico c’è lo sfondo: il governo della città da parte di una DC moderata; le paurose condizioni economiche di Modica, considerata nel censimento del 1951 la città più povera d’Italia con le sue grotte, gli spigolatori, la disoccupazione e l’emigrazione; l’ascesa della parte popolare della D.C. con la vittoria di Nino Avola nel 1959; la mia sindacatura nel 1961; la mancata elezione di Guerrieri nel 1963 e la rielezione di Avola; la sua alleanza con la DC moderata per farmi fuori dalla politica; e infine, il mio successo del 1964. Ovviamente il lavoro relativo per risollevare Modica. Il resto è frutto di fantasia. Felice o meschina narrazione, questo è nel diritto di ogni lettore pensarlo e dichiararlo. Ma non è lecito confondere il romanzo con la storia. Tanto meno attribuire alla DC, che era un grande partito, le debolezze o, perme, le normali e umane pulsioni di giovani sani ed effervescenti.

Per finire. Dato che lei in realtà si riferisce a un periodo molto successivo, nella risposta da lei ricordata, ho scritto: se ci sono state io non me ne sono accorto. Insisto su questo: io non ho contezza di queste cose. So che se ne è parlato, ma io non le conosco. Lei però, se ne ha maggiore conoscenza, può fare nomi e cognomi. Le dico un fatto: nel 1983 un consigliere comunista disse in Consiglio che assessori prendevano 10.000 lire per aiutare qualcuno nei concorsi e indicò uno della D.C.; io invitai costui ad andare l’indomani stesso alla Procura per sporgere denuncia per calunnia, diversamente si doveva dimettere. Ma il consigliere in questione ritrattò e io gli imposi di dirlo pubblicamente in Consiglio, cosa che egli fece e l’assessore ne uscì pulito. Pertanto la invito a fare lo stesso. Il responsabile della concussione o si difenderà o si dichiarerà colpevole.

Ma non mi pare giusto, e lei che è stato uomo di legge lo sa bene, lanciare queste accuse generiche ma gravi, poiché mentre non toccano nessuno, in realtà colpiscono tutti i politici del tempo. Tutti, esclusa sia ben chiaro la Democrazia Cristiana che era un partito che predicò e attuò il progresso della città.

Infine le chiedo: ma lei è daltonico? Perché lei è l’unico al mondo che in un quadro di luci, con un centimetro di ombra, vede solo l’ombra. Lei è colpito solo dal nero. Di un noto giornalista, che appare ogni settimana in un talk show molto seguito, è stato detto che odia tutti e tutto al punto che, se potesse, ucciderebbe anche la sua ombra. Non è che lei gli vuole assomigliare? Colonnello, guardi tutto il quadro, anche perché il progresso della città ad alcuni è costato molto; molto in termini di carriera, di salute e di soddisfazioni. #

Saverio Terranova

 

 

 

Risposta a Saverio Terranova

La ‘politica’ del romanzo

Anche Lei riesce a sorprendermi, ancor di più se collego questo suo ‘rimprovero’ alla linearità e profondità del suo magistrale intervento con il quale ha deliziato i presenti, me compreso, in occasione della presentazione del libro “Dalla parola alla Parola”, di Don Umberto Bonincontro, il giorno 7 febbraio scorso nel salone della Madonna delle Grazie.

Non ribadisco il mio giudizio negativo sulla classe politica della Democrazia Cristiana, già sostenuto su queste pagine anche in polemica con Lei e vengo al contenuto di questa sua lettera.

Se io sono daltonico, cosa che potrebbe essere e la ringrazio per avermi costretto ad una introspezione su questo aspetto, è certo, invece, che Lei con-fonde due aspetti che devono essere separati; lo fa prima confondendo l’amore con il sesso e poi il livello politico con quello giudiziario.

Condivido tutte le considerazioni che Lei fa sull’amore ma devo evidenziare che, per sostenere la prima ‘confusione’, Lei mette in un unico calderone le vicende amorose del Romanzo con la descrizione delle qualità amatoriali del ‘Sindaco di Modica’  che io ho tratto pari, pari, dal suo romanzo: una descrizione che è sesso allo stato puro anche con l’utilizzo di termini che si trovano più in certi romanzi che nei romanzi d’amore, differenza che è anche ricavabile da quell’amore cui Lei stesso fa riferimento in quella sublime descrizione della donna che fa a pag.121-122 del suo Romanzo.

La seconda ‘confusione’, è solo Sua, perché io ho chiari e netti i due livelli e stia certo che a me non poteva accadere quanto è accaduto a quel consigliere comunista che accusò un suo assessore di aver preso soldi per aiuto reso in sede di concorso, per il semplice motivo che avrei rispettato Lei Sindaco ed il Consiglio Comunale non facendo quella dichiarazione, ben sapendo che la delinquenza è competenza del Procuratore della repubblica dove sarei andato senza interessare minimamente il Consiglio Comunale.

Lei non vuole riconoscere che esiste il livello politico che esprime le sue sentenze. Veda io sono convinto che la verità assoluta non esiste. Capisco anche che in uno Stato di diritto la verità giudiziaria deve esprimersi con sentenze di condanna solo quando la responsabilità è accertata oltre ogni ragionevole dubbio, altrimenti vale, giustamente, il principio ‘meglio un delinquente in libertà che un innocente in carcere’.

Ma ciò non significa che quando non si perviene ad una verità giudiziaria non si possa formulare una verità politica; né che un procedimento assolutorio in termini giudiziari debba significare ripristino totale di integrità politica.

Devo tacere, non potendola raccontare al giudice, dell’applicazione della ‘regola 2-1-1’ per effetto della quale l’assunzione di personale all’Azasi prevedeva che si assegnassero due posti ai democristiani, uno ai socialisti ed uno alla Camera del lavoro (comunisti)?

Significa mettere in discussione la sentenza giudiziaria di assoluzione del processo ‘Modica bene, se traggo anche conclusioni politiche dal fatto che la stessa indiscutibile assoluzione non fornisce una convincente spiegazione della documentazione bancaria, relativa alle cifre elevatissime transitate (per la più parte in contanti) nei conti correnti riconducibili agli assolti: cinque milioni 106.000 €; tre milioni 050.996 €; due milioni 511.276 €; un milione 685.416 €; 846.006 €… e via via per cifre inferiori ma sempre sproporzionate rispetto ai redditi dichiarati?

Ed ancora, Lei ha mai limitato il suo giudizio politico, visto che nella sua qualità di sindaco chissà quante volte è andato a deporre corone in Via Roma per l’eccidio di Modica del 29 maggio 1921, nonostante due sentenze mandarono assolti i fascisti che furono incriminati per tale delitto?

Io per la “Concussione sessuale” utilizzo, come è giusto, punti interrogativi ed insinuo dubbi. Non faccio accuse individuali anche se riconosco che il mio pezzo finisce per essere quella che Lei definisce “arte deliziosa” per sottintendere la esistenza di concussione sessuale. Pare ovvio però che essa cadrebbe nel vuoto se non trovasse  assonanze con quanto già è consolidato nell’immaginario collettivo modicano.

In generale, inoltre non è vero che io faccio accuse generiche; io faccio accuse chiare, ed è ben altra cosa, alla classe dirigente della Democrazia Cristiana che ha una sua precisa identità collettiva e complessiva che pur formatasi sulla scorta dei comportamenti individuali non ne rappresenta la sommatoria ma un superamento; un unicum differenziato rispetto  anche ad ogni singolo comportamento individuale.

Mi permetterà di giudicare azzardata la sua pretesa di non permettere a nessuno di “affermare che il romanzo è un approfondimento dellaStoria di Modica dal 1945 al 2006’ ”. E’ vero, invece, che nelle parti politiche, il Romanzo sembra scritto con il ‘copia ed incolla’ dalla sua ‘Storia di Modica…’, come, per citare un solo esempio dei tanti, l’incontro tra Michele Di Noto  e Franco Trani (pag. 238) nel salotto della casa di quest’ultimo; capirà che ciò rende poi difficile distinguerlo dal Franco Trani del romanzo che visita  ‘la Perugina’.

Infine lascio la volgarità dell’odio a chi si è ‘alimentato’ di marxismo leninismo, la mia ‘equazione personale’ mi posiziona nel più assoluto distacco ed assoluta indifferenza ed assenza di sentimenti nei confronti delle persone ‘sgradite’ sia in termini politici che di Weltanschauung. Sentimento che davvero non nutro nei suoi confronti che mi costringe a vivere tra il Terranova sublime della ‘Madonna delle Grazie’ che ho citato all’inizio ed il Terranova importante ispiratore di quella classe democristiana che ha distrutto la mia città.

Carmelo Modica

 

7 maggio 2014

Una breve replica

Nessuna risposta, solo un’osservazione!

Ma non è solo a pag. 238 che lei può trovare avvenimenti storici. Ce ne sono molti altri, perché “Una formica nera…” è un romanzo storico. Ho cercato di spiegare cos’è un romanzo storico. Evidentemente non ci sono riuscito. La colpa è solo mia. #

Saverio Terranova

(Pubblicato su Dialogo maggio 2014)

 

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L’agonia dell’Ente Liceo Convitto

 

Vi fu un tempo in cui organizzammo una conferenza, dal titolo “Politica e (è)/o cultura”, moderata dal compianto Franco Antonio Belgiorno. Il tema merita di essere ripreso perché non vi è dubbio che la Politica è fortemente condizionata dalla Cultura con la conseguenza che gli intellettuali di una città non possono dichiararsi estranei ai risultati politici.

Questo è il pensiero che la vicenda della sostituzione del prof. Giorgio Colombo alla guida della fondazione “Ente Liceo Convitto” ci ha richiamato; infatti, modi, temi del dibattito e criteri utilizzati per la nomina del nuovo Presidente nella persona della prof.ssa Teresa Floridia, confermano che la mediocrità della classe politica, dimostrata dai risultati fin troppo evidenti, è figlia di una analoga mediocrità del dibattito culturale.

Nel caso specifico, un dibattito creatosi in facebook dal 31 luglio al 5 agosto scorso evidenzia tutti i mali dello scrivere senza documentarsi, se è vero che si è argomentato facendo riferimento ad uno Statuto della “Fondazione” che non si conosceva.

Se il prof. Giuseppe Barone avesse saputo che lo Statuto vigente della “Fondazione” prevede la nomina del nuovo Presidente da parte del Sindaco scegliendolo tra le persone indicate in una rosa di nomi proposta dal presidente uscente, forse non sarebbe caduto nell’errore di definire “causidici” ed ancor meno  sostenitori della “successione per nomina regia”, chi chiedeva semplicemente  il corretto rispetto dello Statuto, anche perché la “successione per nomina regia” è più simile a quella esercitata ‘democraticamente’ per anni dai baroni universitari che ad un metodo molto diffuso negli enti di diritto privato quale è l’Ente Liceo Convitto.

Ai fini professionali, siamo stati educati  a ragionare con metodo e decidere a ragion veduta; ecco perché dobbiamo ritenere che forse è proprio il mezzo, facebook, che ha impedito a due professori, di cui uno universitario, un avvocato, un giornalista ed un laureato in scienze politiche, di scambiarsi delle opinioni sul progetto culturale che il rinnovo della direzione di un ente culturale dovrebbe sollecitare ed attardarsi, invece in aspetti marginali.

La prima vistosa anomalia risiede nel fatto che a Modica esiste un mondo che è riuscito ad imporre l’idea che la qualità di “professore” è di per sé qualità che garantisce, per sua intrinseca natura, l’ottimo governo di un ente culturale e magari è lo stesso che giustamente inorridisce all’idea di chi ritiene che la guerra sia un affare dei  Generali delle FFAA e non della Politica. Eppure abbiamo fin troppi esempi di generali e professori che hanno dimostrato la loro inettitudine nell’attività di governo dei rispettivi domini. In un nostro recentissimo saggio  dimostriamo, per restare a Modica, la qualità dell’azione di governo di professori modicani nella catastrofica gestione del “1° Convegno internazionale di studi sulla Contea di Modica” e della ”Università San Martino”.

Ma l’errore culturale più grave è quello che sta a monte di tale convinzione e cioè quello di non predefinire, nel processo decisionale, il profilo culturale più adeguato all’Ente culturale da governare. Errore che se è normale in una Politica degradata, inefficiente e dominata dall’interesse, è insopportabile riscontrarlo nel dominio culturale  in cui per sua intrinseca natura la elaborazione del pensiero deve essere “culturale” ovvero non agganciata ad interessi di parte, faziosi o peggio ideologici.

Nel caso dell’Ente Liceo Convitto occorrerebbe chiedersi se nel suo governo è più rilevante la qualità di professore oppure sarebbe più utile una qualità manageriale più attenta al mantenimento e consolidamento economico della “Fondazione” che è condizione primaria perché la “Fondazione” possa poi esercitare la sua funzione culturale.

Non è rilevante, forse, che il governo della “Fondazione”, prima della presidenza Colombo, ha scialacquato un miliardo di lire incassate nel 1982 per la vendita del “Palazzo degli studi” consegnando al prof. Colombo le casse vuote al punto che adesso la “Fondazione” può disporre solo di un budget di circa € 10.000?

Noi riteniamo di si; ancor più perché a tale scialacquamento il governo dell’Ente, prima del prof. Giorgio Colombo, affiancò la distruzione di una immensa ricchezza consentendo il maturare sui beni reali della “Fondazione” di diritti di usucapione e quant’altro da parte di terzi (forse amici ed amici degli amici?).

Questo ci sembra sufficiente per comprendere quantomeno la problematicità del profilo “culturale” che avrebbe dovuto condizionare la scelta del nuovo presidente.

Un progetto culturale non può prescindere da un collegato progetto economico. Solo la Politica, questa povera politica modicana, può produrre una ‘determina’ del Sindaco che nella sua scelta non si fa carico di tale problema; anzi per dimostrare la più completa ignoranza e superficialità, in essa, non menziona neanche i nomi delle persone indicate dal prof. Colombo tra le quali ha operato la scelta.

Le ‘deliberazioni’ sono dei documenti che in maniera organica e conseguenziale devono indicare come e perché si assume la decisione finale (visto, considerato, ritenuto, delibero!).

Quando ciò non è chiaro si offende la democrazia dell’atto e si può legittimamente parlare di oscurità sospetta. Ma l’oscurità è clima preferito dalla Politica, non dalla Cultura che per essere tale non può che essere solare.

Non ci meraviglia, quindi, che alla formale richiesta di visionare il documento con il quale il prof. Colombo aveva comunicato al Sindaco la rosa dei nomi tra i quali operare la scelta, alle ore 10 del 26 agosto scorso, un funzionario del Comune ci facesse trovare, pronto da firmare (in carta uso bollo) un nostro impegno a non divulgare i nomi dei professori Maltese Ugo, Floridia Teresa, Castronuovo Domenico che insieme a quello del prof. Giorgio Colombo stesso costituivano la “rosa di nomi” entro i quali il Sindaco avrebbe dovuto scegliere il nuovo presidente. Solo in presenza del nostro fermo diniego, la maldestra e ridicola pretesa di non poter divulgare un atto il cui contenuto era già di dominio pubblico tramite “Radio latteria”, veniva superata dall’intervento del Sindaco che ci consentiva di visionare l’atto senza alcun impegno scritto.

Noi non sappiamo se i “causidici” indicati dal prof. Barone nella Modica di questi ultimi decenni avrebbero avuto molto spazio per alimentare questa ansia dei modicani alla litigiosità, se gli “avvocati veri” oppure i ‘professori’ più adusi al corretto ragionare avessero avuto la capacità di porre le questioni, con chiarezza, in termini di diritto e con il coraggio di assumersi la responsabilità, coram populo, di decidere secondo la discrezione che gli è propria per norma giuridica o morale.

Ci meraviglia, invece che si voglia far passare come “culturale” un discutere senza essere documentati, senza pretendere un progetto culturale e annunciando sinergie con un linguaggio che appartiene più alla retorica dei grandi annunci che alla politica del fare e del realizzato.

Di culturale, in effetti vi è solo la polemica che a Modica esiste una “Casta”, nel significato moderno del termine, che pretende di occupare tutti i luoghi della cultura se è vero che anche la nomina del prof. Giuseppe Barone a Presidente della Fondazione Grimaldi suscitò le stesse identiche fondate polemiche.

Ciò spiega perché il prof. Barone in questa occasione ha tentato di buttare acqua sul fuoco delle polemiche, invocando sinergie e sintonie. Tutto ciò in un ambiente culturale modicano particolare; perché se non è certo, come si legge sui giornali, che i forestali appiccano il fuoco e raggiunto l’obiettivo si adoperano per spegnerlo, invece è certissimo, che nella occupazione dei “luoghi della cultura” tale tecnica è stata attuata: litigiosità, sotterfugi, denigrazione dell’avversario, sfruttamento di amicizie e di voti seguita da grandi aperture alla collaborazione e… vogliamoci bene.

Ecco, questa si è cultura, cultura leninista che prevede di sfruttare la democrazia per realizzare, a tutela del lavoratore, quella dittatura del proletariato che appena instaurata dovrà, sempre per il bene del proletario eliminare ogni libertà di stampa. Fu scritto e detto più o meno “che la libertà di stampa deve essere sostenuta in democrazia perché consente al proletariato di propagandare le proprie idee, deve essere soppressa non appena si raggiunge il potere perché è nociva agli interessi dei lavoratori”.

Non ci saranno più i proletari, ma la tecnica è rimasta. #

Carmelo Modica

(Pubblicato su Dialogo Ottobre 2014)

 

 

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Il consorzio turistico: esito necessario di una infezione culturale

 

 

“Dialogo” è un mensile e come tale, più che notizie deve proporre spunti di riflessione perché, specie con i social network a diffusione individuale, di notizie ne abbiamo anche troppe; con ossessionanti ripetizioni e giudizi approssimati perché espressi su notizie incomplete, non documentate e di fonte incerta.

Quando abbiamo letto il comunicato stampa del Consigliere comunale del “Megafono”, Michele Colombo, sulla mancata rendicontazione di come il “Consorzio turistico” ha speso gli introiti della tassa di soggiorno abbiamo cercato di capire. Per non far soffrire il nostro fegato, abbiamo evitato di fruire della informazione comunale che è sempre inaffidabile perché parziale e drogata dall’obiettivo di magnificare i manovratori del potere oppure, a seconda dei casi, minimizzare o creare confusione.

Abbiamo preferito un colloquio con il dott. Paolo Failla vice presidente del “Consorzio Turistico” che seppure parte, perché vicepresidente del medesimo Consorzio, sappiamo essere persona seria ed animata da un forte senso del fare. Le sue iniziative nel campo culturale, sono li tutte a dimostrare competenza ed un grande amore per la città (1) che superano il suo legittimo interesse economico che certamente ha come albergatore.

Ebbene, abbiamo così appreso che il rimprovero che il Consorzio non aveva presentato al Comune il bilancio consuntivo per il 2013, approvato nel Marzo del corrente anno, viene mosso nonostante il bilancio stesso sia stato approvato in pubblica manifestazione, nella sala Salvatore Triberio del Palazzo della cultura, presente il Sindaco e con la possibilità per chiunque di averne copia; ma anche senza tenere conto che il Bilancio ed ogni spesa era stata deliberata con la attiva volontà del Direttore del Consorzio, nominato dal Sindaco e del Consigliere presente nel direttivo, delegato dallo stesso sindaco.

Anche la seconda osservazione che era quella che non era stato reso noto un Bilancio preventivo per l’anno 2014 è priva di fondamento perché nella stessa occasione e sempre pubblicamente, era stato reso noto il Bilancio preventivo con indicate, in maniera minuziosa, tutte le opere che si intendevano realizzare ed i relativi costi.

Questo tipo di opposizione testimonia la validità della nostra tesi splengleriana secondo la quale noi siamo alla fine di un ciclo che vuole e deve finire e questa mediocrità politica ne è la prova.

Pare ininfluente che tali critiche provengano dagli ambienti dell’opposizione che secondo noi ha le identiche responsabilità della maggioranza quando, rispetto ai problemi da risolvere, si pone in maniera inadeguata, come nel caso concreto che stiamo esaminando.

Il giorno in cui si annuncerà l’alba del nuovo giorno non solo l’opposizione ma anche la maggioranza prenderà anche atto che il Consorzio turistico è la prova provata di una mediocrità politica complessiva perché esso è il surrogato di una politica turistica che la classe politica della “Modica repubblicana” non ha saputo realizzare nonostante rientrasse fra i compiti istituzionali del governo della città.

La costituzione di questo tipo di Consorzio in effetti  privatizza un settore che dovrebbe essere pubblico (gestire i soldi provenienti dalla tassazione del cittadino è il compito istituzionale per eccellenza). E se da un lato formalizza l’inettitudine del pubblico, dall’altro dà merito alla caparbietà ed all’impegno della imprenditorialità modicana che è riuscita a realizzarlo.

La legge che consente ai comuni di istituire la tassa di soggiorno impone che i relativi incassi vengano destinati a provvedimenti, iniziative ed opere che possano incrementare l’attività turistica, molti Comuni li hanno utilizzati per sanare i bilanci bucati dalla malapolitica. Forse è stata la voragine dei debiti comunali che ha ben suggerito al sindaco Buscema di creare questo consorzio per “salvare” l’imposta di soggiorno dal vortice debitorio.

E’ triste piuttosto constatare che si va affermando la mediocre idea che del turismo si debba interessare il “Consorzio Turistico” gestendo i circa 100.000 Euri che sono il gettito della tassa di soggiorno; soldi in questo anno certamente ben spesi per opere strutturali, segnaletica, pumini navetta che però, ed è fin troppo evidente, è pochissima cosa rispetto a quello che potrebbe dare, anche in termini turistici, una organica attività di governo attenta a provvedimenti diretti a migliorare la qualità della vita, la mobilità urbana, il verde urbano e la pedonalizzazione per quanto possibile di aree del centro storico.

Mi sembra davvero questo argomento da Consigliere comunale anziché rompere i cabasisi per idioti formalismi o per dove posizionare un segnale che indichi l’aeroporto di Comiso.

Carmelo Modica

Novembre 2014

 

 

(1) Presidente per diversi anni del “Centro studi La Contea di Modica” che nacque 21 anni fa ed il suo primo atto fu quello di comprare con i soldi dei soci fondatori la chiesa di S. Nicolò inferiore, allora antico fienile, che restaurato con l’intervento della Sovrintendenza è divenuto uno dei luoghi più visitati dai turisti.

 

(Pubblicato su Dialogo Novembre 2014)