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Categoria: Modica
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2016

 

Indice

(Dialogo Marzo 2016)

Un’idea tanta mastodontica quanto inutile

 

(Dialogo aprile 2016)

Laboratorio culturale- Cuore Modicano

Lineamenti per un progetto di sviluppo socio-economico

 

(Dialogo maggio 2016)

Laboratorio culturale- Cuore Modicano

Una strada sotto il Corso Umberto… è Possibile!

 

(Dialogo ottobre 2016)

Laboratorio culturale- Cuore Modicano

E’ sempre lo scontro tra due mondi e due idee-Risposta di un “sovversivo” a due tecnici in margine all’ipotesi di una strada sotterranea a Modica

 

(Dialogo” Gennaio 2016)

Sulla mediocrità politica della sindacatura Abbate - Che fine hanno fatto le relazioni annuali al Consiglio comunale? - E il busto di Quasimodo che scompare e riappare?

 

(Dialogo gennaio 2016)

A margine di una serie di “Conferenze dei capigruppo consiliari” aperte alla città

Verso la “Consulta per lo sviluppo economico”?

 

(Dialogo giugno 2016)

E’ Ignazio Abbate l’ultimo sindaco di Modica? Crediamo proprio di no!

 

(Dialogo ottobre 2016)

E’ colpa di face book oppure di Abbate?

 

(Dialogo novembre 2016)

Modica. I “Due governi”: disordine, confusione o fusione?

 

 

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Laboratorio culturale

Cuore Modicano

A cura di Carmelo Modica

 

Un’idea tanta mastodontica quanto inutile

Un progetto di massima redatto dallo “Studio Pluchino” (con sede a Modica in via Sant’Agostino, 3)di un cavalcavia che si diparte dall’inizio dell’attuale Via Nazionale ed affiancandola, dopo aver descritto una semi-curva, si innesta nel tratto superiore di essa, è stato illustrato lo scorso novembre al Sindaco di Modica, alle autorità cittadine e ai rappresentanti degli operatori economici, “riscuotendo, è scritto in un comunicato stampa, “unanimi consensi e forti apprezzamenti”.

Dopo avere esaminato le anticipazioni grafiche a tre dimensioni (Rendering) del progetto  digitalizzato ci riesce impossibile non apprezzare la fondatezza del rimprovero di provincialismo che il nostro amico Giuseppe Ascenzo ha spesso rivolto,  dalle colonne di questo nostro “Dialogo”, alla classe politica modicana, che con la sua mediocrità sembra stia inquinando anche la nostra Comunità nelle sue varie espressioni culturali.

Il Progetto sembra ispirato dal desiderio di proporre una opera “imponente” più che risolvere i problemi che, in maniera esageratamente pomposa, annuncia di risolvere.

Ed è qui che riposa il “provincialismo” cui abbiamo accennato, infatti, il Progetto dopo essersi definito  “infrastrutturaavveniristica e rivoluzionaria afferma di essere capace di liberare il centro storico di Modica dal traffico automobilistico rendendolo più sicuro e vivibile, migliorando fluidità del traffico ed i tempi di percorrenza ed eliminando (sic) il degrado attuale della zona”.

Noi non vogliamo soffermarci sull’impatto ambientale perché esso spesso costringe ad emettere giudizi di bellezza che sono del tutto personali; ci limitiamo solamente a rilevare che alcune case a due piani dell’inizio di via Tirella si vedrebbero avvicinare la rampa del cavalcavia ai loro balconi di almeno tre metri. Ma ciò che davvero lascia perplessi è questo effetto taumaturgico che tale progetto dovrebbe avere nei confronti del traffico.

Cominciamo con il dire che, non è vero che la confluenza di via Tirella e di via Nazionale nell’unico tratto di Corso che separa tale confluenza dalla rotonda dello “Stretto” sia la causa del traffico congestionato che viene a determinarsi attorno alla “Fontana della decadenza” (così come la definimmo a suo tempo) e lungo Corso Umberto. Né lo è la larghezza della carreggiata che insiste  in  tale rotonda, se è vero che quand’anche in essa si desse ai veicoli la possibilità di porsi su più file le stesse, nel breve tratto di non più di 50 metri, sarebbero costrette a disporsi in unica fila per affrontare la salita di via Nazionale. L’unico “vantaggio” sarebbe solo quello di abbreviare la fila di autoveicoli su Corso Umberto di alcuni metri.

Nella situazione attuale non si può ragionevolmente affermare che all’inizio di Via Nazionale esista un “collo di bottiglia” eliminato il quale il traffico diverrebbe fluido. Infatti, impedendo la sosta caotica che molto spesso caratterizza il tratto di strada compreso tra lo “Stretto” e l’inizio di via Nazionale, che restringe di fatto la carreggiata in entrambe le direzioni, e magari “tagliando” un po’ la piazzetta, esistente in tale tratto, per arretrare la fermata dei pullman urbani, il flusso di veicoli diretti alla Sorda da via Nazionale non subirebbe rallentamenti di sorta; analogamente avverrebbe  nella direzione Via Tirella - “Stretto” dove tale flusso potrebbe affiancarsi senza problemi a quello proveniente da via Nazionale  e diretto su Corso Umberto.

A questa situazione di fatto non porrebbe rimedio neanche il Progetto in questione il quale favorirebbe solo, ma è davvero insignificante, lo scarso traffico che proveniente dallo “Stretto” e diretto in via Tirella va ad incrociarsi con quello che proviene, in senso contrario dalla via Nazionale; intersezione che se i progettisti avessero avuto la pazienza di osservare, il più delle volte avviene in condizioni di traffico fermo per ingorghi che si determinano altrove. Non conosciamo i costi dell’opera ma realizzarla solo per questo risultato sarebbe davvero incredibile ed inaccettabile.

Il progetto prevede sia per la direzione via Tirella- Corso Umberto sia nella nuova rampa che raccoglie il traffico via Nazionale- Corso Umberto, uno “Stop” che consente ad un unico pedone di bloccare il traffico di tutte le direzioni. Ma la vera “perla” è quella “Rotonda stradale” su via Tirella prevista per regolare il traffico in un incrocio che non esiste perché tale non può considerarsi la semplice immissione nel traffico di veicoli provenienti da un’area destinata al parcheggio.

Infine, se questa è una zona degradata alcune altre che noi modicani conosciamo, cosa sono?

Non ci meraviglia che il Progetto abbia ricevuto il plauso del Sindaco. E’, infatti, comprensibile che non  riuscendo egli a vedere oltre il tagliaerba e la pala per coprire le buche delle strade apprezzi come immaginifico un cavalcavia anche se esso non serve a nulla.

Ma i danni maggiori sono di prospettiva. Opere del genere non possono essere progettate fuori da un organico piano del traffico in un punto della città, peraltro, che se tale cavalcavia venisse realizzato condizionerebbe pesantemente ogni futuro piano del traffico che non potrebbe più prevedere, per esempio, la eventuale scelta di un senso unico in Via Nazionale, ma ancor di più, certamente si rivelerebbe inutile se si volesse decidere di porre mano a progetti che prevedano la chiusura del Corso Umberto magari con la realizzazione di una strada sotterranea o una qualsiasi via alternativa al Corso stesso.

Questi due ultimi accenni fanno comprendere come questo Cavalcavia è la “scimmia” di quel “Pensare alla grande” che Modica non ha mai avuto dopo i fasti della Contea. “Scimmia”, si “scimmia”, perché è la proiezione di un’ansia di grandezza non sostenuta da qualità culturale, misura, buon senso ma principalmente è incapacità di progettare organicamente.

Non vorremmo esagerare ma questa non è la prima volta che il modicano percepisce che si lavora solo per redigere progetti di fattibilità con i relativi oneri ma non per realizzare opere degne di tale nome. Vogliamo ricordare quella mastodontica “Rotonda stradale” che ancora gira nella rete internet, che eliminerebbe totalmente il piazzale Falcone e Borsellino, nonostante esista già una naturale rotatoria attorno all’Hotel Principe d’Aragona. E che dire della “Rotatoria Dente Crocicchia” che abbiamo definito “opera imperiale”, nello scorso numero del nostro periodico, che pur nella sua necessità appare, come soluzione tecnica, non commisurata come costi ai bisogni della circolazione in quella zona e ad altre possibili soluzioni.

 

Carmelo Modica

(Dialogo Marzo 2016)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Laboratorio culturale

Cuore Modicano

A cura di Carmelo Modica

 

 

 

 

Lineamenti per un progetto di sviluppo socio-economico

 

Le fonti meno indicate per trarre spunti su quali sono gli obiettivi di sviluppo che Modica si dovrebbe porre, sono certamente i programmi elettorali o le dichiarazioni programmatiche con le quali i sindaci modicani ci hanno deliziato negli ultimi quarant’anni.

Edilizia, Agricoltura, Artigianato, Turismo, piccola industria furono, e rimangono, le parole magiche e necessarie per poter attrarre l’attenzione di tutto l’elettorato; infatti, non alla politica interessava altro che esercitare il mestiere del consenso ad un elettorato complice o ingenuo se è vero che per tanti lustri non si è curato né di verificare la fattibilità del Progetto né se le promesse venissero poi mantenute.

Adesso la ingenuità e la complicità dell’elettorato sembra sollecitata dal politico con una più sofisticata retorica tendente a meravigliare con proposte e ragionamenti simili a quei discorsi di alcuni critici d’arte che anche da un quadro insignificante riesce a trarre sensazioni apparentemente importanti. Sensazioni tanto fantasiose quanti sono i “copia ed incolla” ripresi da esperienze realizzate altrove e proposte senza alcuna valutazione sulla loro eventuale compatibilità con la cultura delle nostre genti ed del nostro territorio.

Così si assiste a discorsi generici, frasi fatte e luoghi comuni buoni per tutti i Comuni in qualsiasi parte dell’Italia che di solito cominciano con il dire “noi dobbiamo prima chiederci se la nostra città deve divenire una città turistica oppure artigianale …attenta comunque al nostro grande passato ma anche alle…” e così via.

Eppure a noi appare di una semplicità disarmante individuare il principio chegli obiettivi di sviluppo non possono che essere quelli immediatamente collegabili alle risorse disponibili nel territorio comunale modicano e nelle tradizioni, vocazioni e qualità culturali della sua Comunità anche se certamente non vi è motivo di escludere quanto può suggerire lo scenario nazionale ed anche internazionale purché si abbia l’accortezza di verificarne la compatibilità con il contesto socioculturale modicano.

Prima conseguenza di tale procedere è il considerare risorsa da “mettere in produzione” tutto ciò che rientra nelle disponibilità della direzione del governo.

Il Comune, nel perseguire l’obiettivo dello sviluppo, deve far ricorso, più che a provvedimenti specifici, ad iniziative e provvedimenti utili a creare un clima favorevole in cui la libera iniziativa possa esplicare le proprie potenzialità al massimo e con efficacia, garantendo la ottimizzazione dei servizi che deve fornire, per legge, attraverso la propria struttura burocratica ma anche, la dove l’iniziativa privata non riesce a decollare, con partnership permanenti o solo iniziali, per esempio, anche mettendo in produzione il suo patrimonio edilizio,  o fornendo servizi ad esempio banche dati che il privato non può o non vuole attivare.

Chi si pone l’obiettivo dello sviluppo della Comunità che la storia e la democrazia gli ha assegnato a governare non può farsi distrarre da falsi problemi come quello secondo il quale il Comune non può assumere iniziative da “Comune imprenditore”, perché quand’anche il Comune realizzasse degli utili non vi è dubbio alcuno che essi si riverserebbero interamente sulla Comunità sotto forma di migliori servizi o di minore tasse. Noi non escludiamo l’intervento del Comune con criteri imprenditoriali se essi servono a gestire servizi che il privato non può o non vuole gestire e se si ritiene che essi agiscono in maniera virtuosa sul tessuto socio-economico della Comunità.

Se lo “Sviluppo” è l’obiettivo primario dell’attività di governo del Municipio, la “Innovazione” vuole indicare lo strumento principe per perseguirlo. Una prima innovazione è di ordine culturale proponendo la cultura aziendale come qualità costante dell’azione di governo contro quella grettamente burocratica; un agire, quindi, a ragion veduta e con il conseguente utilizzo di quanto offre la tecnologia, e, in particolare, l’informatica.

La liberalizzazione dei mercati e le grandi tendenze in atto, stanno modificando rapidamente le condizioni dello sviluppo economico. L’esito della competizione economica non riguarda più solo le singole imprese, ma anche l’ambiente socio economico che le circonda: dalla qualità ambientale urbana, alla dotazione delle infrastrutture ed all’efficienza dei servizi pubblici.

Così come la libera competizione fra le imprese mette in discussione le posizioni da esse acquisite, nel sistema economico nazionale ed intercomunale, analogamente, si verifica fra le città.

Una nuova dimensione, quindi, che riguarda il sistema-città che può essere affrontato attivando tutte le risorse disponibili e rivedendo tutto il tessuto socioeconomico urbano per orientare ad ospitare funzioni strategicamente importanti per il nostro futuro. Ne consegue che a Modica è richiesto di dotarsi di quell’insieme di fattori competitivi di cui dispone. In particolare pensiamo:

Carmelo Modica

(Dialogo aprile 2016)

 

 

 

 

 

 

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Laboratorio culturale

Cuore Modicano

A cura di Carmelo Modica

 

In questo spazio ospiteremo nostri scritti, o scritti da altri, utili a fornire spunti o sollecitare riflessioni utili alla redazione di un “Progetto organico su Modica”. Una rubrica che vuole rivolgersi ad una classe politica, degna, che non esiste e che auspichiamo possa formarsi, non volendoci attardare in inutili valutazioni dell’attuale governo cittadino caratterizzato da una disarmante mediocrità. (c.m.)

 

 

Una strada sotto il Corso Umberto… è Possibile!

 

Ho letto con piacere l’articolo dell’Ing. Capo del Genio Civile di Ragusa, apparso sul mensile n° 4 di Dialogo, sia per il suo contenuto e sia perché consente di aprire un confronto fra vari soggetti sull’importante argomento.

Io sono stato da sempre (anche come amministratore) un fautore della possibilità dell’utilizzo, come strada alternativa, dell’alveo coperto sotto Corso Umberto, per consentire, quanto più possibile, la sua pedonabilità.

Ho sempre considerato importante individuare una mobilità alternativa, che consentisse di liberare, quanto più possibile, la parte storica della Città dalle auto. Durante l’Amministrazione del sindaco Avv. Ruta, si era provveduto ad incaricare l’Ing. Ciuffini, esperto in argomento, per lo studio di detta mobilità, il quale ha fornito un progetto complessivo, che dovrebbe essere in possesso dell’ufficio tecnico del Comune. Tra l’altro detto professionista, insieme all’Ing. Fidone, aveva redatto anche un progetto esecutivo per il collegamento, tramite ascensore inclinato, della parte bassa della città con la parte alta, opera finanziata per un importo di € 1.200.000,00.  L’opera non è mai stata realizzata e si è perso tale finanziamento.

Su questo argomento, e sulla mobilità alternativa, spero di scrivere presto.

Ritornando al nostro argomento, e per giustificare tecnicamente le motivazioni del sì, devo preventivamente scrivere un po’ di storia.

L’alluvione disastroso del 1902 è stato causato non dalla insufficiente sezione degli alvei, né della dimensione del bacino imbrifero che alimentava il torrente Moticanu, bensì dalle dighe che gli alberi e le sterpaglie, trascinati a valle dall’acqua, hanno eretto nei diversi ponti che attraversavano gli alvei, a monte della città. La spinta della massa d’acqua, raccolta in queste dighe, ha fatto crollare in successione i vari ponti, riversando così a valle un’enorme quantità di acqua che ha causato la devastazione della parte bassa della città. Ciò è facilmente riscontrabile guardando il profilo del livello dell’acqua tracciato nel palazzo di fronte al monumento dei caduti (Calabrese Argenti). Dall’alluvione ad oggi, non ci sono stati eventi significativi, il livello dell’acqua nell’alveo è cresciuto, raramente, di qualche metro. La sezione dell’alveo, quindi, è abbondantemente superione alla effettiva quantità d’acqua che ivi confluisce dai vari bacini imbriferi; quantità d’acqua che oggi, più che mai, può essere calcolata con esattezza. C’è da dire, ancora, che le vallate che formano i bacini imbriferi sono molto antropizzati e sistemati e quindi il ruscellamento dell’acqua è più controllato di quello di cento anni fa. L’unico pericolo che potrebbe avvenire è quello che, a causa della mancanza di manutenzione degli alvei e del realizzato restringimento della sezione degli imbocchi (larghezza massima ml 6), basterebbero alcuni alberi trasportati dall’acqua per ostruirli e l’acqua, invece di passare sotto, si riverserebbe sopra Corso Umberto, creando allagamenti ed enormi danni. La realizzazione di una strada sotterranea obbligherebbe i vari Enti preposti a mantenere gli alvei, a monte del tunnel, puliti. 

Per quanto riguarda il Regio Decreto n° 523/1904, che impedirebbe di fare delle opere nell’alveo, posso affermare anche con prove fotografiche, che da quella data, a circa venti anni fa, sono state fatte nell’alveo molte opere, autorizzate dal Genio Civile di Ragusa,  che hanno stravolto le sezioni idrauliche dello stesso; basti vedere la copertura dell’alveo realizzata dietro l’albergo Principe D’Aragona, dove la sezione finale è larga ml 6, per un’altezza di ml 4,5, di molto inferiore all’effettiva sezione dell’alveo del torrente a monte di essa. Lo stesso dicasi per la nuova copertura dell’alveo che va dalla via Gerratana al foro boario, dove la sezione del tunnel è di ml 6,20, per ml 7,00, di molto inferiore a quella effettiva del torrente Pozzo dei Pruni, che va da un minimo di ml 10 fino ad oltre ml 20. Il Genio Civile di Ragusa, quindi, anche se questo Regio Decreto ( art. 93 e 96) era in vigore, ha autorizzato la trasformazione e la riduzione della sezione degli alvei che confluivano nel Torrente Moticanu. Se ne deduce che, se le opere che si vogliono realizzare, in un alveo, sono tecnicamente e sufficientemente documentate e motivate, possono essere autorizzate.

La realizzazione della strada sotterranea, nel Corso Umberto non modificherebbe la sezione degli alvei in quanto, per la sua costruzione, occorrerebbe realizzare solo una soletta con strutture in acciaio, di spessore massimo di cm 30, per rendere orizzontale la base del torrente che oggi è concavo.

Sotto questa soletta, che al massimo occuperebbe una superficie di mq 3, passerebbe un certo quantitativo di acqua piovana. Raggiunto un certo livello, dei sensori chiuderebbero i varchi di accesso delle auto al tunnel, e lo stesso potrebbe così svolgere interamente la sua funzione. Non mi soffermo sulle tecnologie necessarie, e quanto altro occorrerebbe per la sicurezza della realizzazione dell’opera, che vi assicuro, da tecnico, è molto semplice, in quanto le attuali tecnologie e i luoghi dove dovrebbero essere realizzate le opere (vie di fuga, parcheggi, aereazioni) ci consentono di risolvere facilmente qualsiasi problema e con il minimo impatto.

Potrei ancora continuare a motivare con ulteriori argomenti tecnici del perché la realizzazione della strada sotterranea è fattibile, ma credo che stancherei i lettori non addetti ai lavori.

 Per concludere, vorrei portarvi un esempio di realizzazione di un tunnel sotterraneo simile al nostro. In Malesia, la capitale Kuala Lumpur si allagava facilmente ed i tecnici, incaricati per risolvere questa calamità, hanno scavato un tunnel, lungo km 9,7 (il nostro è di appena 2 Km) dove convogliare l’enorme quantità di acqua piovana che allagava la città. In tale tunnel, quando non piove, transitano addirittura, su due livelli, le auto. Questa realizzazione, e la sua funzionalità, si può facilmente vedere cliccando su internet “SMART tunnel Kuala Lumpur “. Il nostro tunnel, in confronto, è una piccola opera, quindi noi non dobbiamo inventare niente in quanto tutti i problemi  per la sua realizzazione sono già stati da altri risolti.

In ultimo mi si può dire che è un’opera faraonica e che non ci saranno mai i soldi necessari per la sua realizzazione. Ma è un’opera che per la sua realizzazione occorre soltanto realizzare delle infrastrutture i cui costi, dato anche la sua lunghezza, sono molto contenuti e alla portata di un finanziamento Europeo (essendo la Città di Modica inserita nella World Heritage List), tra l’altro mi risulta che per Modica sono stati già assegnati fondi per € 20.000.000 per la realizzazione di infrastrutture.

Mi auguro che per questa città si possa pensare in grande, così come hanno fatto i nostri avi nel 700 che, dopo il terremoto, invece di costruire modeste opere ci hanno donato questo splendido barocco che tutti ci invidiano.

Elio Scifo

 

La lettura dell’articolo dell’Ingegnere Ignazio Pagano Mariano pubblicato, nello scorso numero del nostro mensile, sulla possibilità di realizzare una strada sotterranea sotto Corso Umberto I, ci fa tornare alla mente una gradevole passeggiata con il nostro carissimo amico Saro Jacopo Cascino, architetto, nel centro storico della nostra Modica durante la quale, con impareggiabile competenza, ci faceva constatare come moltissime delle infrastrutture architettoniche che giudicavamo belle, oggi non potrebbero essere più realizzate.

Tale impossibilità è ben codificata da precise norme di leggi che, per il caso in discussione, sono ben evidenziate dall’Ing. Pagano.

La questione potrebbe chiudersi qui, se la lettura dell’articolo nel suo complesso non ci avesse sollecitato ansie “anarchiche”: una sorta di ribellione ad una gabbia culturale. Infatti, l’articolo, anche per esperienza diretta acquisita dentro e nei contatti con le strutture dello Stato, ci sollecita riflessioni ed approfondimenti sulla natura e qualità della struttura burocratica dello Stato, sul concetto di cosa significhi conservatore. Ttutto ciò non deve intendersi come rimprovero alla tesi sostenuta dall’Ing. Pagano, al quale va la nostra stima. Noi ben conosciamo, per averli subiti in maniera diretta ed indiretta, gli effetti dell’azione conservatrice che la struttura burocratica imprime ai suoi funzionari, schiavi più della circolare che della legge ovvero schiavi più del Potere che della legge sovrana espressione del Popolo italiano.

Un’azione che ha trasformato il funzionario in un custode attento e caparbio dell’esistente, che tende ad una noiosissima attività di routine, bloccando ogni ansia di innovazione specie nello sfruttamento dei risultati della tecnologia. Non è estranea a questa pressione psicologica una “prudenza incapacitante” provocata da quella pletora di avvisi di garanzie  che ogni avvenimento calamitoso riversa, anche su diligenti funzionari dello Stato, che sembrano obbedire più a logiche di copertura di mediocrità ed inadempienze politiche che ad effettive esigenze di giustizia.

Il risultato è una visione sempre più guardinga che diviene deleteria cultura del “facciamo come sempre abbiamo fatto” per fare il quale, in verità non si sentirebbe la necessità neanche di una dirigenza non esistendo la necessità di assumere decisioni degne di tale nome.

Gli Stati più efficienti governano i loro cittadini con poche leggi. Appare del tutto evidente che se una legge è ben fatta è meno logorata dal tempo che passa proprio perché nel momento della sua promulgazione ha saputo interpretare e governare il problema in evoluzione.

In aggiunta alle valutazione tecniche dell’Ing. Scifo, ci sembra ragionevole sostenere che dal 1904, data in cui fu promulgato il Regio Decreto n. 523, ed i tempi attuali vi è un’abissale differenza in materia di previsione metereologiche, mentre le norme richiamate del 2006, sono pur sempre, proprio per la loro genesi, norme di principio  fermo restando che l’art.115 citato dall’ing. Pagano interviene nel nostro problema solo parzialmente in quanto vieta una copertura dell’alveo che già esiste.

A noi sembra, a prescindere da tutto, che sussistano gli spazi “culturali” e “dirigenziali” per un’azione che vada oltre la routine con un’azione che anziché fare ingabbiare la realtà dalle norme faccia ingabbiare le norme dall’innovazione.

Solo in questo dominio di libertà e voglia di innovazione si possono vivificare le norme giuridiche perché siano capaci di spiegare perché non possa progettarsi una strada in un alveo:

Non stiamo proponendo una interpretazione “evolutiva” della legge che, tra l’altro, non conosciamo a fondo e meno che mai ci avventuriamo in concetti ingegneristici; esercitiamo solo il buon senso che come tale è patrimonio di tutti perché intravediamo spazi di discrezionalità anche nell’art.115 citato ma anche perché se è vero che siamo in presenza di un “ cambiamento strutturale delle precipitazioni a livello mondiale, caratterizzato dall’aumento della frequenza dei giorni con precipitazioni intense e di periodi siccitosi di maggiore durata” è pur vero che a questo bacino idrografico ed alla sua “Storia” che  noi dobbiamo fare riferimento.

Carmelo Modica

(Dialogo maggio 2016)

 

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LETTERA AL DIRETTORE

Gent.mo Direttore dott. Piero Vernuccio,

dopo aver letto sul numero 5 di maggio della Sua rivista i due articoli riguardanti la strada sotto il Corso Umberto a Modica, ritengo sia utile ai Lettori riportare delle precisazioni alle mie considerazioni in proposito, apparse sul numero di aprile.

    In quest'ultime ho parlato specificatamente dell'idea progettuale di realizzare una strada sotterranea sotto Corso Umberto I, in quanto si tratta di una mera ipotesi mai concretizzatasi in un progetto vero e proprio. Per i non addetti ai lavori è opportuno chiarire che l'idea progettuale, prima di trasformarsi in progetto - di opera pubblica - deve passare attraverso varie fasi, primo tra tutte la redazione di un progetto cosiddetto preliminare (oggi definito dal nuovo codice dei contratti pubblici progetto di fattibilità tecnica ed economica), che a seguito di successivi approfondimenti tecnici ed un maggiore grado di definizione, diviene progetto definitivo e per ultimo esecutivo, prima dell'appalto. Già nella prima fase, il progetto deve assicurare la conformità alle norme ambientali, urbanistiche e di tutela dei beni culturali e paesaggistici, nonché il rispetto di quanto previsto dalla normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza, ed ancora il rispetto dei vincoli idrogeologici, sismici, forestali, nonché degli altri vincoli esistenti (art. 23 del D.Lgs n.50/2016).

     Ciò vuol dire che l'idea, per diventare progetto, deve essere contestualizzata, cioè calata nel territorio e nel sito dove si intende realizzare l'opera. Pertanto sostenere che una idea o un progetto possa realizzarsi senza tenere in debito conto le norme che regolano le attività costruttive del territorio è come parlare di costruzioni immaginarie, cioè di una bella idea che tuttavia non può concretizzarsi. Nel caso invece di opera realizzata in dispregio dei vincoli, la stessa risulta illegittima e pertanto, secondo la norma, da demolire, se non sanabile. Il senso del mio precedente intervento era pertanto quello di ricordare, tra le altre cose, che esiste nella zona un vincolo di inedificabilità assoluta, che non consente la realizzazione della idea progettuale in questione, cioè la strada sotto Corso Umberto I.

    Pur non entrando nel merito di alcune affermazioni dell'Ing. Elio Scifo, che dovrebbero essere dimostrate con i numeri - linguaggio questo utilizzato dall'ingegneria - nelle sedi opportune, sono tuttavia rimasto veramente sorpreso dalla linea tenuta dalla Sua rivista nella rubrica laboratorio culturale Cuore Modicano a cura di Carmelo Modica, nel numero di maggio. In sostanza l'articolo, dopo una ampia premessa riguardante, sia l'incondizionata fiducia nella tecnica e nel progresso, sia la cattiva cultura (a giudizio del redattore dell'articolo) oggi imperante nella pubblica amministrazione, si conclude sostanzialmente (ma forse mi sbaglio...) con una esortazione a disattendere le norme ... con una azione che anziché fare ingabbiare la realtà dalle norme, faccia ingabbiare le norme dall'innovazione (sic!).

    E' del tutto evidente a tutti i Suoi Lettori, come tale posizione espressa nella suddetta rubrica sia nettamente in contrasto con quanto la Sua rivista ha sempre portato avanti fin dalla sua fondazione, cioè: il rispetto della legalità!

    Ed a questo punto sorge spontanea la domanda: "Perché il MUOS non si poteva costruire in quanto ricadente in area SIC ad inedificabilità assoluta ed invece la strada sotto Corso Umberto I si può realizzare, perché l'idea è bella ed in tal caso il vincolo di inedificabilità assoluta gravante sull'area non vale?"

Ignazio Pagano Mariano

Ingegnere Capo dell'Ufficio

del Genio Civile di Ragusa

(Dialogo giugno 2016)

 

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Sulla “sotterranea” al corso Umberto di Modica

IL PARERE DEL GEOLOGO

Dialogo giugno 2016

 

    L’interesse con cui ho seguito il dibattito apertosi dalle colonne di questo apprezzato giornale, sull’idea di realizzare una strada sotto Corso Umberto I, mi ha indotto ad esprimere il mio  punto di vista personale e professionale, spinto altresì dalla convinzione che, data la natura della questione, il parere di un geologo, che tra l’altro opera da decenni in questo territorio, possa dare un contributo seppur modesto, alla chiarezza, sempre nel rispetto della multidisciplinarità

    Il centro storico di Modica  ha certamente la necessità  di una viabilità alternativa, su questo penso ci sia unanimità di pensiero. Che sia rappresentata da una strada sotto il Corso Umberto, nonostante tutte le rassicurazioni e le spiegazioni tecniche che vengono pubblicate  in questi giorni, qualche ragionevole perplessità esiste.

    L’articolo apparso su DIALOGO di  maggio 2016 a pag. 4  che invoca la realizzazione della strada in discussione, si conclude con una frase: a questo bacino idrografico ed alla sua storia noi dobbiamo fare riferimento.  È proprio da questa affermazione che voglio iniziare, dalla storia di questo bacino, quella vera che ha poco a che fare con  quella a memoria d’uomo che, longevo per quanto si possa immaginare un uomo, alla scala dei fenomeni geologici rappresenta un tempo assolutamente insignificante.

    Nella storia di Modica e solo negli ultimi secoli, si contano numerosi episodi di piene alluvionali ad opera del suo Torrente. Il primo di cui si ha notizia, ma non il primo in assoluto, risale al 1530 seguito da altri episodi nel 1708, 1818, 1830, 1833 ed in ultimo, il più disastroso, il 26/09/1902. I riferimenti storici si fermano a questi  eventi, ma non sono da ritenere gli unici episodi, infatti andando molto indietro nel tempo  è possibile reperire tracce geologiche  di altri  eventi alluvionali.

    Ma fermiamoci qui; tutto ciò  e sufficiente per  poter affermare che in futuro ce ne dobbiamo aspettare altri e per certificare la pericolosità idraulica dell’area. Analogamente infatti, a  quanto si fa per la pericolosità sismica, il cui punto di partenza  è il catalogo storico dei terremoti, anche per quella idrogeologica non si può prescindere dalla storica ripetizione degli eventi, oltre che chiaramente dalle caratteristiche fisiografiche del territorio.

    L’onda di piena che  meglio conosciamo   è sicuramente   l’ultima, quella del 1902 della quale grazie alle cronache dell’epoca, ed  al lavoro di alcuni studiosi, ci sono pervenute  anche informazioni tecnico-scientifiche  sufficientemente esaurienti per la comprensione di quanto accaduto.

Come si legge negli studi e  valutazioni postume riportate dal prof.  Paolo Revelli (1904), la causa principalissima dell’alluvione del 1902, fu la grande  quantità di acqua caduta nel bacino idrografico in meno di un’ora, bacino già saturo dalle piogge dei giorni precedenti, e non per  l’effetto diga di ostacoli sull’alveo. In sostanza quella che oggi tutti conosciamo meglio con termine di bomba d’acqua.

    Nonostante gli alvei dei due bracci del Torrente Moticano, fossero  per gran parte coperti, (il San Francesco La Cava interamente sino a P.za del Municipio per una lunghezza complessiva di 650 m, mentre il Santa Maria solo dalla Omonima chiesa sino a piazza San Domenico)   furono ampiamente superati dalla portata liquida, a conferma della insufficiente sezione di deflusso, tant’è che la copertura tra la chiesa di S. Maria e  P.za S. Domenico, da pochissimo completata, crollò quasi interamente

Inoltre durante gli eventi di piena si attivano in modo esasperato, i processi di erosione e trasporto  che caratterizzano la dinamica torrentizia; il materiale solido in alveo e in prossimità di esso viene facilmente preso in carico, in sospensione  e per trasporto di fondo, andando a costituire  una miscela torbida di acqua e solidi di elevata densità e alto potere distruttivo. Nel caso del Torrente di Modica  il materiale in alveo certamente non mancava nel 1902, come del resto  non manca ancora oggi.

    E a nulla vale richiamare l’ampia urbanizzazione nelle aree del bacino idrografico, che  ha avuto come risvolto non la sistemazione idrogeologica del territorio e dei versanti in quanto già stabili sotto questo aspetto, bensì un considerevole aumento  delle superfici impermeabilizzate (copertura, verande, pertinenze varie, parcheggio, stradelle di accesso, ecc.) che se consideriamo una media  di circa 400/500 mq per ogni unità abitativa,  assommano ettari ed ettari di terreno sottratti all’infiltrazione delle acque, traducendosi in  una maggiore portata liquida nell’alveo torrentizio.

   Tutto ciò  deve far riflettere molto  sulla idea di utilizzare un alveo torrentizio coperto come sede stradale.

    Le analogie riportate con il tunnel di Kuala Lumpur, che resta sicuramente un prodigio della tecnologia e dell’ingegno umano, sono assolutamente improprie in quanto si tratta di due contesti  territoriali e geografici molto diversi.

In Malesya   il tunnel serve a drenare  una zona della città, che sorge su una pianura alluvionale in prossimità della costa,  dove non si hanno le pendenze necessarie al deflusso naturale delle acque piovane, si tratta  quindi di acque urbane sostanzialmente limpide e pacate il cui sedimento  viene ripulito in pochissimo tempo.

    Qui, è bene ricordare e ribadire , perché a quanto pare  lo abbiamo dimenticato, che sotto il Corso Umberto devono defluire le acque di un torrente, provenienti da un bacino di quasi 40,0 kmq, con tutto il loro devastante carico torbido, e che al loro passaggio, in caso di piena,  abbandonerebbero  sulla sede stradale migliaia di tonnellate di materiali solidi,  massi di ogni dimensione, detriti, fango, ecc. . Anche le modalità di formazione temporale delle due piene sono nettamente diverse: repentina, violenta e poco prevedibile quella del Torrente, molto più lenta e quasi scontata  l’altra.

E ancora il  restringimento della sezione  idraulica, in relazione allo schema pubblicato a pag. 9 del predetto giornale, non sarebbe solo quello teorico di 3,0 mq,  ma in realtà, nel caso di una piena, a poco o niente servirebbe la sottile area di deflusso sotto la sede stradale che sarebbe facilmente  ostruita dai materiali di fondo; pertanto l’area libera per il deflusso, già insufficiente,  si ridurrebbe di circa 7/8 mq.

    A proposito di sezione idraulica, a mio avviso, oggi  sarebbe molto più opportuno verificare la funzionalità e la effettiva efficienza di quelle  attualmente disponibili agli imbocchi delle coperture e in caso di insufficienza,  cercare soluzioni per rimediare a errori e/o negligenze del passato, che non possono essere trasformati in alibi per continuare a sbagliare.

    Ritengo che eliminare o mitigare la pericolosità idraulica a Modica Bassa è una priorità che si pone al di sopra delle esigenze di traffico cittadino, e mal si concilia quindi con l’ipotesi di un asse viario coperto in alveo, benché a funzionamento  intermittente.

Anche perché i grandi passi in avanti compiuti in campo di previsioni metereologiche, non consentono ancora di anticipare il verificarsi di fenomeni pluviometrici di grande pericolosità e a carattere disastrosi su aree ristrette; come testimoniano le tantissime calamità alluvionali recenti: Sarno 1998, Gianpilieri 2009,  Lunigiana 2011, Olbia 2013, 2015, Genova 1970, 2014, …e tanti altri ancora, dove una  opportuna e tempestiva previsione avrebbe evitato quantomeno  le vittime. Non siamo ancora,  nelle condizioni di poter affidare la vita delle persone che vivono in aree  a rischio alla scienza metereologica.

    In conclusione, l’idea di utilizzare un tunnel per decongestionare il centro storico e tutta Modica Bassa dal traffico veicolare è certamente fattibile, infatti tunnels se ne potrebbero realizzare tanti e in direzioni diverse, anche paralleli  al torrente,  ma certamente non nell’alveo coperto del Torrente.

geologo Pietro Spadaro

(Dialogo giugno 2016)

 

 

 

***

 

Laboratorio culturale

Cuore Modicano

A cura di Carmelo Modica

 

 

In questo spazio ospiteremo nostri scritti, o scritti da altri, utili a fornire spunti o sollecitare riflessioni utili alla redazione di un “Progetto organico su Modica”. Una rubrica che vuole rivolgersi ad una classe politica, degna, che non esiste e che auspichiamo possa formarsi, non volendoci attardare in inutili valutazioni dell’attuale governo cittadino caratterizzato da una disarmante mediocrità. (c.m.)

 

 

E’ sempre lo scontro tra due mondi e due idee

Risposta di un “sovversivo” a due tecnici in margine all’ipotesi di una strada sotterranea a Modica

 

Ignazio Pagano Mariano, Ingegnere Capo dell'Ufficio del Genio Civile di Ragusa, ed il geologo Pietro Spadaro, con uno scritto ciascuno, entrambi pubblicati nello scorso numero di “Dialogo”, hanno “reagito” a due articoli che erano apparsi nel precedente numero di Maggio a firma nostra e dell’ing. Elio Scifo aventi per oggetto l’ipotesi di una strada sotto la copertura di Corso Umberto.

Il geologo Spadaro, con un accurato excursus storico delle alluvioni, esprime la sua contrarietà all’ipotesi che noi abbiamo posto sul tavolo della discussione e conclude affermando che la decongestione del traffico di Modica bassa è certamente risolvibile perché di tunnel “se ne potrebbero realizzare tanti e in direzioni diverse, anche paralleli al torrente, ma certamente non nell’alveo coperto del Torrente.”

Pur apprezzando il contributo del geologo, ci permettiamo di osservare che tale ricostruzione storica è utile solo ad evidenziare la potenziale pericolosità che nasconde il bacino idrografico sulla nostra Modica ma nulla scrive, invece, su come una strada come quella ipotizzata dall’ing. Elio Scifo potrebbe aumentare i danni, specie in vite umane, nell’infausto caso in cui si dovessero ripetere analoghe calamità. In tal senso ci sembrano decisamente deboli anche i riferimenti che egli fa a “Sarno 1998, Gianpilieri 2009, Lunigiana 2011, Olbia 2013, 2015, Genova 1970”, considerato che proiettando, tempi, previsioni metereologiche e quantità di precipitazioni avvenute in ciascuno di tali eventi calamitosi, alla nostra ipotizzata strada sotterranea, sarebbe stato possibile, con l’impiego di semplicissime tecnologie, realizzare con larghissimo anticipo, lo sgombero, la chiusura e la messa in sicurezza della stessa.

La Nostra idea progettuale, in termini economici, non è assolutamente comparabile con l’ipotesi di tunnel nuovi progettati e realizzati ad hoc ed ha il grandissimo pregio di essere immediatamente fattibile, mentre il tunnel nuovo possiamo solo sognarlo. La discussione va, quindi, spostata su come e quanto la nostra ipotesi può pregiudicare la sicurezza pubblica e delle vite umane in particolare, che è poi la ratio legis del Regio Decreto n.523/1904, anche nella rarissima, ma sempre possibile, come fa giustamente osservare il geologo Spadaro, eventualità di una grande alluvione.

Nella sua “reazione”, l’ing. Pagano, a differenza del geologo Spadaro, ha preferito abbandonare ogni valutazione tecnica, nella quale certamente avrebbe potuto pretendere una più che autorevolezza tecnica di settore, per muoversi sul piano culturale e sul piano burocratese nel quale, però, non è pensabile che noi gli si possa concedere nulla più di una pari capacità di analisi, discernimento e perizia elaborativa.

Con questa sua Lettera il Pagano ci costringe a riprendere termini come “conservatore”, “reazionario”, “burocrate” e… “sovversivo”, anche se in particolare essa prova la fondatezza dello scritto “Le due culture”(1) con il quale il fisico, scrittore, politico e intellettuale inglese Charles Snow sollevò, 61 anni fa, il problema, tutt’ora irrisolto, della incomunicabilità tra scienze e discipline umanistiche. Infatti, non vi è dubbio che tale incomunicabilità si manifesta anche in questo confronto.

Ci sembra davvero impossibile che la cultura umanistica, per sua natura libera e di vasti orizzonti, possa sopportare che un “Progettare secondo natura” si debba realizzare attraverso una normativa tecnica che se certamente non può che essere generalista è anche vero che spesso nella sua applicazione al caso concreto mortifica logica e buon senso tradendo il fine ultimo della norma stessa.

Questa mortificazione spesso avviene per effetto di quella cultura conservatrice che caratterizza il modo di essere di quello che l’economista Vincent de Gournay, definì potere del “governo dei funzionari” dominato da quella cultura burocratica in cui valgono ancora le riflessioni di Max Weber degli anni ‘20 (2) secondo il quale il processo di burocratizzazione tende ad imprigionare gli uomini in una rete di norme scritte che mirano a vincolare il funzionario a una condotta tipicamente impersonale e formalistica.

E’ di tutta evidenza che il Pagano ha considerato il nostro articolo una provocazione e non un contributo al problema della strada sotterranea sul quale vogliamo solo stimolare l’apertura di un dibattito.

E’ con questo animo che ha vergato il suo scritto, dichiarandosi “veramente sorpreso” del fatto che la nostra posizione avrebbe violentato la linea che “Dialogo” “ha sempre portato avanti fin dalla sua fondazione, cioè: il rispetto della legalità!”. In altre parole ci ha definito, di fatto, dei sovversivi attribuendoci “una esortazione a disattendere le norme” per aver suggerito “una azione che anziché fare ingabbiare la realtà dalle norme, faccia ingabbiare le norme dall'innovazione”, virgolettando, strumentalmente, una frase che riferita da sola tradisce lo spirito del nostro messaggio che in estrema sintesi vuole solo contestare la immobilità nella interpretazione di una norma (del 1904) affidata solo ed esclusivamente al significato letterale delle parole e non anche ai contributi concreti e certi delle nuove tecnologie.

L’accusa di sovversione, anche se infondata, non ci meraviglia essendo la più banale e scontata forma di ‘intimidazione culturale’ del conservatorismo nei confronti di chiunque voglia proporre situazioni nuove; ma, non ci disturba neanche in generale, considerata la nobile funzione che essa ha avuto nella storia per provocare salti di civiltà dell’uomo.

L’ing. Pagano rileva, a ragione, una nostra “ fiducia nella tecnica e nel progresso” aggiungendo arbitrariamente, però, che essa sarebbe per noi “incondizionata” come dire fideistica. Accusa inadeguata perché riferita ad una ipotesi come la nostra in cui l’unico problema sarebbe quello di chiudere tre accessi, in presenza di precipitazioni superiori a certi limiti ed in un tratto di strada, di 2 chilometri, che si può sgomberare in pochissimi minuti: e, queste, vivaddio, sono conoscenze che non richiedono incondizionata fiducia nella tecnica ma solo quelle normali conoscenze che anche il pizzicagnolo di via Roma conosce; per non parlare delle tecniche diffuse anche ai non ingegneri ed ai comuni mortali da quel grande filone dell’urbanistica che prende il nome di “Citta intelligente” (Smart city).

E’ un problema di cultura tanto è vero che il Genio civile invoca il Regio Decreto n° 523/1904 anche per sconsigliare al comune di Modica l’avvio del progetto di una rampa per consentire a chi proviene da Ragusa, all’altezza del bivio che porta in contrada Caitina (Vetta), di “scivolare” sulla destra (di fronte ai mobili Ragusa) e passando sotto il viadotto arrivare nello spazio antistante lo stadio di calcio(3); situazione che a livello di pericolo è ancora più risibile anche nel pensiero del nostro pizzicagnolo che ben conosce la estrema semplicità di chiudere un simile accesso.

Ed è in questo ambito che occorre valutare il rimprovero dell’ing. Pagano al giudizio da noi espresso alla “cattiva cultura oggi imperante nella pubblica amministrazione”.

Noi non sappiamo in questo dominio quali risultati l’ing. Pagano potrebbe esibire per dimostrare infondato questo nostro giudizio e quanto i vertici dell’Amministrazione dello Stato che governano l’assetto e la difesa del territorio potrebbero vantare di aver suggerito ai loro vertici di governo ministeriali e politici; loro che applicando la normativa ai casi reali hanno la possibilità di collaudare la bontà e l’efficienza delle norme spesso prevalentemente teoriche permettendo così alla Politica di sanare o quantomeno mitigare quel caotico sistema giuridico che spesso sfocia in “stupidità” burocratica.

Ci spiace che l’ing. Pagano abbia colto rimproveri personali nel nostro scritto, (questa almeno è la nostra convinzione) quando, invece, noi in materia di cultura amministrativa volevamo esprimere solo giudizi di carattere generale, tanto è vero che noi stessi, che abbiamo agito nell’Amministrazione dello Stato, non ci siamo assolti perché ben sappiamo come spesso i funzionari dello Stato sono vittime del Sistema ed impossibilitati ad agire secondo buon senso.

Ma se noi siamo dei “sovversivi” e dei noncuranti del “rispetto della legalità” la lettera dell’ing. Pagano, punto per punto, conferma il nostro assunto iniziale di come il potere burocratico sia per sua natura conservatore, ovvero frenante e tardo all’innovazione ed in certi casi anche… superbo.

Non può essere, infatti, aggettivato diversamente lo scrivere che “Pur non entrando nel merito di alcune affermazioni dell'Ing. Elio Scifo, che dovrebbero essere dimostrate con i numeri - linguaggio questo utilizzato dall'ingegneria - nelle sedi opportune” come a dire che esistono dei livelli tecnici per “illuminati”, non comprensibili dai lettori di “Dialogo”. Eppure i “numeri” e le considerazioni sulle opere autorizzate dal genio civile nelle cave modicane, citate dall’ing. Scifo, che l’ing. Pagano ha voluto silenziare, sembrano “leggibili” anche dal citato pizzicagnolo di via Roma il quale dispone sicuramente di quel sufficiente “ingegno” utile per esprimere pareri “non tecnici” su quanto potrebbe rilevare visitando il torrente San liberale a valle del ponte San Giuliano e poco prima, comparandoli, magari con le ordinanze emesse, anche di recente, su tale sito dal genio civile.

Infine, sarebbe interessante conoscere con quali processi una idea progettuale “deve essere contestualizzata, cioè calata nel territorio e nel sito dove si intende realizzare l'opera” se l’itinerario realizzativo di un’opera pubblica, idea progettuale,progetto di fattibilità tecnica ed economica,progetto definitivo e progetto esecutivo, in partenza viene bloccato perché esiste la … legge del 1904.

Ne sapremo di più anche noi comuni mortali, quando gli organi preposti alla difesa del territorio in funzione anticalamità ci indicheranno l’esito degli studi fatti in termini scientifici sul territorio di competenza per potere assumere decisioni ‘a ragion veduta’ da applicare ai casi concreti.

Nel nostro caso, assunta come base di partenza la documentata letteratura esistente del più disastroso alluvione del 1902, ricca di dati sulle condizioni che determinarono quell’immane catastrofe, immaginiamo sia stato scientificamente indagato il quesito se l’attuale sezione del “Tunnel Corso Umberto I°” riuscirebbe a sopportare un alluvione di quella portata. E pensiamo che è sulla scorta di tali indagini che saranno maturate le autorizzazioni alle due ultime coperture di torrenti citate dall’ing. Scifo.

Non sappiamo se a seguito di tali studi, non potendo intervenire sulla sezione del tunnel già esistente, siano state suggerite e realizzate opere, ed interventi nel vasto bacino idrografico, a monte degli accessi del “Tunnel Corso Umberto I°” per governare con efficacia le eventuali piene e con lo scopo di diminuire gli stessi effetti delle antiche alluvioni.

Ecco, è qui che secondo noi bisognerebbe riflettere. E sarebbe davvero utile che il geologo Spadaro, ma anche altri, intervenissero per descrivere le opere realizzate o semplicemente suggerite o proposte oppure da proporre per governare, piene simili a quelle della citata alluvione. E ciò per soddisfare il dovere “istituzionale” di evitare che possano ripetersi gli effetti dell’alluvione del 1902, preso come riferimento, i cui scenari apocalittici rendono davvero infondato e risibile il timore dei maggiori danni che potrebbero aggiungersi per effetto della riduzione della sezione del “Tunnel Corso Umberto I°” realizzando il progetto Scifo, atteso che, comunque, tale timore non potrebbe estendersi, in maniera assoluta, alla vita delle persone che verrebbero salvaguardate dall’impiego delle tecnologia applicata, come dire che, in tale circostanza, in tutti modi si potrebbe morire tranne che a causa della Strada sotterranea.

Ma dove, meglio che altrove, l’ing. Pagano contrappone il suo mondo al nostro “sovversivo mondo” è quando vuole farci intendere che la nostra ipotesi di strada sotterranea rientra nella stessa logica che giustificherebbe il mantenimento del MUOS. Argomentazione davvero debole essendo noto a tutti che sono ben altri i motivi per cui ci si oppone al MUOS com’è altrettanto scontato che si utilizza anche il rilevare che esso rientra “in area sic” solo perché non si riesce a far valere i motivi veri che sono la salute pubblica e, principalmente, la ribellione alla “sovranità limitata” cui è costretta l’Italia nei confronti degli americani.

 

Carmelo Modica

(Dialogoottobre 2016)

 

 

(1) Charles P. Snow, Le due culture, Marsilio, Venezia 2005. Interessantissima ed appassionante è la copiosa letteratura che esiste su questo tema fondamentale.

(2) Max Weber, Economia e società, Edizioni di Comunità, Milano 1961 Vol.II.

(3) Secondo tale logica l’immenso spiazzale antistante l’ingresso dello stadio “Pietro Scollo”, dove andrebbe ad innestarsi tale bretella, è fondovalle e, quindi, dovrebbe essere interdetto ad ogni attività.

 

 

 

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Sulla mediocrità politica della sindacatura Abbate

Che fine hanno fatto le relazioni annuali al Consiglio comunale?

E il busto di Quasimodo che scompare e riappare?

Nel marzo del 2012, riuscimmo ad ottenere dall’Assessorato delle autonomie locali, della Regione Siciliana, la diffida dell’allora Sindaco di Modica, Antonello Buscema, perché non aveva reso al Consiglio comunale ed alla città le relazioni annuali previste dall'art. 17, comma 1, della L.R. n. 7/1992.

Adesso accade che anche il Sindaco Ignazio Abbate, che alla data attuale avrebbe dovuto produrre due relazioni annuali, non ne ha prodotto alcuna.

Considerato che egli pretende giustamente il rispetto della legge di pagare le tasse nei termini previsti, ci sembra naturale che anche lui rispetti la legge, non potendo pretendere che le “relazioni annuali” possano essere sostituite dalle sue esibizioni autoreferenziali e da campagna elettorale permanente, cui pensa di abituarci.

Noi non ci aspettiamo miracoli da codesto sindaco perché ben sappiamo i limiti di chi fa lo stratega, facendosi fotografare, come il generale Patton, sempre con il dito puntato su una carta geografica di Modica ad indicare le grandi strategie di come si copre prontamente una buca o appostato con il decespugliatore per colpire quell’ormai terrorizzato filo d’erba modicano appena mette il naso fuori dal terreno, o alla guida del trattore a spalare neve (dicembre 2014), grato a Dio, per averne fatto cadere tanta che come manna dal cielo utilizzò per imporre la figura del trattorista con la fascia tricolore.

Abbate è cocciuto perché ritiene che facendosi fotografare in posa mentre due operai sistemano una buca prenderà più voti, quindi immaginate come possa interessarsi della “relazione annuale” che non produce voti ma produrrebbe solo quella “pianificazione” nel governo cittadino che a lui non interessa.

E poi, da primo cittadino, egli è da ritenere ‘superiore’ ai suoi concittadini? E sarà per questo che non usa fissare appuntamenti presso il Comune a coloro che chiedono di parlargli  per risolvere qualche problema cittadino.  Eppure, demagogicamente dice “la mia porta è aperta a tutti”, ma nei fatti parlare con lui è un terno al lotto perché chi volesse incontrarlo non saprà mai se sarà in ufficio e, quando c’è, quanto sarà lunga la fila e quanto tempo perderà e quanti viaggi dovrà fare. Lui sa, per psicologia spicciola, che frutta di più, nell’immaginario collettivo, quel “la mia porta è sempre aperta” che le mattinate perdute da quel povero Cristo che volesse incontrarlo.

Ma il disprezzo per le norme giuridiche e di quelle del buon senso dell’Amministrazione Abbate non si ferma qui. Recentemente abbiamo ricostruito la vicenda della sparizione del Busto di bronzo di Salvatore Quasimodo, accaduta nel settembre dello scorso anno che ha dell’incredibile.

Questa è la cronologia dei fatti:

 

Egregio Signor Sindaco,

in tutta sincerità, dopo la prima lettera aperta in merito alla scomparsa del busto bronzeo dell'esimio Poeta, ci saremmo attesi una sua risposta diretta o a chiarire il mistero o, almeno, per assumere pubblicamente impegni concreti in merito al doveroso accertamento delle responsabilità.

Ma Lei è rimasto silente.

In compenso il suo Assessore alla Cultura, ha ripetuto per l'ennesima volta l'incredibile versione dei fatti che si limita ad una sterile e impotente presa d'atto della scomparsa dell'importante manufatto e della sua totale “perdita di tracce”, ritenendo in tal modo di chiudere una vicenda semplicemente riconducendola all'oblio, da cui alcune persone animate da profondo senso civico hanno cercato di riesumarla.

Il suo silenzio avalla la presa di posizione del suo Assessore, che dà del Comune di Modica una immagine certamente non edificante, di un Ente privo di trasparenza in cui è possibile sottrarre beni culturali a piacimento e, non solo farla franca, ma non avere neanche la preoccupazione che qualcuno possa effettuarne la ricerca, o semplicemente denunciarne la scomparsa all'Autorità Giudiziaria.

Perché alla fine della fiera è questo quello che sembra sia avvenuto, certamente in un passato, ma neanche troppo lontano, di cui ovviamente la sua Amministrazione non ha responsabilità, ma che oggi potrebbe coinvolgerla attraverso il principio della continuità amministrativa, che non contempla scuse rispetto al dovere di tutelare sempre e comunque l'interesse pubblico.

La domanda che impone una risposta, e non una semplice scrollata di spallucce, è cosa è accaduto quando è scomparso il busto bronzeo di Quasimodo?

Possibile che Modica sia l'unico Ente Pubblico Territoriale d'Italia che non abbia un inventario dei beni mobili e immobili di proprietà Comunale?

E se fosse davvero così, non sarebbe questa una grave violazione che, nella continuità amministrativa, coinvolgerebbe anche la Sua Amministrazione?

Ma non è forse vero che, in ogni caso, al momento dell'acquisto del prezioso manufatto, risalente secondo alcuni al 1962, in occasione della visita a Modica del Poeta, un dipendente comunale avrebbe dovuto ricevere l'incarico di consegnatario e, pertanto, di responsabile della sua custodia?

E quando il busto, fruito pubblicamente pare fino ai primi anni novanta, sparì dalla circolazione e non fu più trovato, non avrebbe dovuto essere presentata una denuncia all'Autorità Giudiziaria?

Queste avrebbero dovuto essere le procedure adottate da una Amministrazione Pubblica ispirata alle Buone Pratiche amministrative e capace di tutelare realmente l'interesse e il patrimonio Pubblico.

Se tutto ciò è alla base della scomparsa, è davvero così complicato aprire una seria indagine interna e ricostruire tutti i passaggi per accertare quando è accaduta la sottrazione e quindi individuare i responsabili, quanto meno delle omissioni e, forse, tornare in possesso dell'opera?

Ma la vera domanda è se, come pare, si voglia stendere sulla questione un velo pietoso, o piuttosto andare fino in fondo e appurare tutta la verità su quanto è accaduto.

Ecco, Signor Sindaco perché le abbiamo scritto e le stiamo scrivendo di nuovo.

La verità sul busto scomparso di Quasimodo ha nella fattispecie una valenza ben più profonda del semplice ritrovamento di un'opera d'arte acquisita in onore del cittadino più illustre della storia Modicana e noi riteniamo che questo non possa sfuggire alla sua sensibilità, così come non è sfuggito a quella dell'intera comunità da lei amministrata.

In attesa di un suo stimato riscontro, e se vuole anche incontro, voglia gradire distinti saluti”.

                                                                                           f.to Nicola Bono - Alessandro Buscemi

 

24 settembre 2014 - Notizia di stampa- “Modica, ritrovato in uno scantinato un busto di Quasimodo: verrà allocato a Palazzo della Cultura”. L’articolo riporta la foto dell’assessore alla cultura, Orazio Di Giacomo con accanto il busto di Quasimodo.

 

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Atteso che vogliamo ringraziare l’on. Nicola Bono ed Alessandro Buscemi  in particolare, per aver contribuito al “recupero” del busto di Salvatore Quasimodo, vogliamo aggiungere che se quest’ultima lettera evidenzia in maniera solare la qualità Amministrativa della Giunta Abbate, noi vogliamo stigmatizzare come alla maleducazione evidenziata nei confronti del Signor Alessandro Buscemi, preso in giro per più di un anno, il governo (si fa per dire) Abbate manifesta le sue qualità di coraggio quando ritrova in due giorni il busto di Quasimodo solo perché l’ultima lettera a firma dell’on. Nicola Bono ed Alessandro Buscemi lasciava intendere che si era deciso di andare oltre.

 

 

P.S.

Con raccomandata invieremo copia di questo numero di DIALOGO alla Regione Siciliana - Assessorato delle autonomie locali e della funzione pubblica - Dipartimento Regionale delle Autonomie Locali - Servizio 3 - "Vigilanza e controllo degli Enti Locali - Ufficio Ispettivo" per chiedere l’intervento della Regione per la violazione da parte del Sindaco dell’art. 17, comma 1, della L.R. n. 7/1992, non avendo reso al Consiglio comunale le due relazioni annuali.

Richiediamo, inoltre, alla Regione Siciliana la possibilità di promuovere una inchiesta amministrativa su come nel Comune di Modica viene custodito il patrimonio mobile del Comune, perché la scomparsa e ricomparsa del busto di Quasimodo autorizza a ritenere che la buona prassi di tale custodia  viene talvolta violata.

 

“Dialogo” Gennaio 2016

Redazionale

 

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A margine di una serie di “Conferenze dei capigruppo consiliari” aperte alla città

Verso la “Consulta per lo sviluppo economico”?

 

Non si può negare che esistono a Modica importanti fermenti che si sono manifestati in vario modo. Su DIALOGO (ottobre 2015) è stata richiamata la co-responsabilità della classe culturale modicana sui risultati ottenuti dalla classe politica della Modica repubblicana, mentre successivamente la stessa classe culturale, sul web e su DIALOGO (novembre 2015), è stata destinataria, di un “Appello alla classe culturale modicana” perché si riappropriasse della funzione che le è propria ovvero quella di condizionare la politica da una prospettiva culturale.

A tale attività è seguita, prima, una lettera aperta del presidente dell’Ascom, Giorgio Moncada, dal titolo “Riflessioni a favore: delle Istituzioni, della Politica, di tutte le Organizzazioni rappresentative” e poi, la nascita in face book del “Laboratorio culturale: Cuore modicano” che ha lo scopo dichiarato di redigere un “Progetto organico su Modica”.

Questo fermento non può meravigliare i Lettori di DIALOGO che ben sanno come esso sia il naturale risultato di un’assenza della politica e della correlata crisi del ruolo dei partiti.

Non occorre dimenticare che se si avverte la necessità di un tale gruppo di riflessione è perché tale attività è stata ed è assente nei luoghi di governo deputati a farlo e cioè il Consiglio comunale ma, ancor di più, quelle Commissioni consiliari permanenti inutilmente denominate di “studio e consultazione”: è sufficiente dare un’occhiata ai verbali delle loro sedute per verificare quanto scarne siano le argomentazioni ed assente la riflessione, la documentazione e lo studio.

Ovviamente siamo in presenza di un fenomeno che non è solo modicano; basti pensare come da alcuni anni si assiste alla nascita dei cosiddetti “serbatoi del pensiero” ovvero organismi che vogliono essere indipendenti e che si occupano di analisi delle politiche pubbliche nei settori che vanno dalla politica sociale alla strategia politica, dall’economia alla scienza e la tecnologia con lo scopo ultimo di produrre dati, informazioni, consigli e previsioni ai responsabili della politica.

E’ in questo clima che la Presidenza del Consiglio comunale, lodevolmente, sta tentando di dare sostanza operativa a quanto sta avvenendo nella città proponendo, prima un Consiglio comunale aperto (20 novembre 2015) sulle tematiche sollevate dalla lettera aperta del presidente dell’Ascom e poi convocando due conferenze dei Capigruppo consiliari (14 dicembre 2015 e 8 gennaio 2016) aperte alla società civile, aventi lo scopo di istituire un tavolo permanente sui problemi di sviluppo della nostra Modica.

Noi di DIALOGO, che di questo “tavolo tecnico” facciamo parte, in queste due riunioni abbiamo dato il nostro contributo muovendoci su quattro direzioni che, dopo un vivace dibattito, sembra siano state apprezzate.

  1. Occorre evitare di creare un ennesimo ed inutile tavolo di regia, gruppo interdisciplinare e quanti altri originali ed estrosi “tavoli” e denominazioni la fantasia della democrazia demagogica ed inconcludente ha dimostrato di essere capace di creare.
  2. Se deve essere un tavolo di studio e riflessione, esso non può tradire i criteri di scientificità che gli deve essere proprio per sua natura e, quindi:
  1. Per dare uno sbocco operativo ai lavori del “Tavolo” occorre rapportare, in maniera ottimale, i risultati ottenuti con gli organi di governo cittadino deputati ad assumere le decisioni conseguenti. Per perseguire questo fondamentale obiettivo la sola strada da privilegiare ci sembra la immediata attuazione dell’art. 33 dello Statuto del Comune di Modica che prevede, tra le altre, la obbligatoria istituzione della “Consulta per lo sviluppo”.

Essa ha il vantaggio di dare seguito ad una democratica istituzione, prevista dal nostro Statuto comunale, che per il Comune dovrebbe equivalere quanto la Costituzione per lo Stato Italiano, che come tale soddisfa pienamente gli obiettivi di ottenere risultati riflettuti e nel contempo di avere, attraverso la espressione di pareri obbligatori ma non vincolanti, i giusti rapporti con le Istituzioni comunali che potranno, grazie all’apporto della Consulta, arricchire quanto serve per le giuste e sempre autonome decisioni di governo. Abbiamo ritenuto privo di buon senso il fatto che una modifica allo Statuto richiederebbe molto tempo per il necessario passaggio al Consiglio comunale perché, quand’anche il Consiglio comunale non ritenesse di realizzare un Istituto democratico previsto dallo Statuto che dovrebbe essere fuori da ogni logica di maggioranza ed opposizione, è certo che qualsiasi “tavolo” si ideasse diverrebbe, per le considerazioni già espresse, un luogo di inutile chiacchiericcio e privo di sbocchi operativi.

  1. Circa i metodi di lavoro ed i contenuti abbiamo sostenuto che la istituenda “Consulta per lo sviluppo economico”, prima di attivarsi in analisi e discussioni occorre che si chieda perché non hanno avuto seguito varie iniziative di studio e programmazione che hanno indicato gli scenari urbanistici e le grandi linee di sviluppo che di un progetto organico di sviluppo economico ne sono i presupposti. Ci riferiamo per esempio al “Piano Strategico Modica 2015” presentato il 24 febbraio 2008 al Palazzo della Cultura dal sindaco Torchi nella più deprimente e significativa assenza di consiglieri comunali, ben pagato alla società Inext di Roma. Ma anche il “piano della mobilità” redatto durante la seconda sindacatura Ruta dall’ingegnere Fabio Maria Ciuffini che con le sue idee individua scenari di straordinaria efficacia. Ed ancora alcune linee indicate dal Piano Paesistico regionale dell’Assessorato Regionale BB.CC.AA. Ufficio del Piano Paesistico Regionale, approvate con decreto n. 6080 del 21/05/1999, che costituiscono un importante documento metodologico e di programmazione in campo regionale e quello della Provincia di Ragusa (novembre 2008).

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Alla fine di questi primi lavori possiamo dire che c’è da essere soddisfatti, perché si è deciso di organizzarsi subito in “Comitato per la istituzione della ‘Consulta per lo sviluppo economico’ con l’impegno di alcuni consiglieri comunali – presenti e che hanno partecipato alla discussione - di avviare le procedure per ottenere, dal Consiglio comunale, la Istituzione della “Consulta per lo sviluppo economico”. Altra decisione importante è stata quella di agire subito utilizzando come base di analisi, riflessione e proposta l’enorme lavoro già prodotto e citato

al punto 4. #

 

Carmelo Modica

(Dialogo gennaio 2016)

 

 

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E’ Ignazio Abbate l’ultimo sindaco di Modica? Crediamo proprio di no!

 

Un po’ di storia recente. Un mese prima delle elezioni del maggio 2008, il gruppo denominato ‘Terzo Occhio’, avvertendo i segni della fine, pubblicò un suo ‘foglio di battaglia’ con il quale, valutando le tendenze della politica modicana, annunciava la previsione che in quelle elezioni comunali sarebbe stato eletto sindaco di Modica il fratello di ‘Peppi cuoppula’ ed in quelle successive, nel 2013, l’ultimo sindaco di Modica nella persona di Peppi cuoppula. (1)

Noi ci eravamo affiancati a tale giudizio individuando, nel nostro libello (2), la sindacatura Buscema come l’ultima di un ciclo.

Riprendiamo l’argomento solo perché ci siamo convinti che sia noi che il “Gruppo Terzo Occhio” fummo pessimi profeti: Abbate non è l’ultimo sindaco di Modica.

Per assumere la qualità di “Ultimo sindaco di Modica”, infatti, il governo Abbate avrebbe dovuto mostrare tracce di discontinuità con la qualità politica dei precedenti governi, con comportamenti, atti e provvedimenti capaci di annunciare l’alba di un nuovo ciclo, di un nuovo modo di far politica. Nulla di tutto questo.

Ci avevano indotto in errore i primi passi del governo Abbate che, caratterizzati da un linguaggio alla Peppe Grillo, ci avevano lasciato pensare (o sperare?) che qualcosa di positivo potesse accadere. Anche quel suo senso pratico da “sindaco operaio” aveva alimentato l’errore: lo ricorderete alla guida del trattore a spalare neve, con la rotella metrica per le strade di Modica o con i suoi “frigintinari” a pulire la spiaggia di Marina di Modica ed in alcune strade di Modica armati di tagliaerba.

Come e perché il nostro Sindaco ripercorri la mediocrità politica dei suoi predecessori il nostro mensile lo ha evidenziato da sempre, è sufficiente rileggere gli articoli del nostro amico Giuseppe Ascenzo in particolare. Ci sembra, quindi, noioso attardarsi su tale argomento.

Dei suoi atteggiamenti colpisce, per la sua ridicolaggine, la sua decisione di non voler fissare appuntamenti perché “il Sindaco riceve sempre”: pura demagogia che lancia nell’immaginario collettivo uno slogan populista che nei fatti, oltre che essere un assurdo organizzativo, non disciplina il diritto di udienza previsto dal nostro Statuto comunale (Art. 35 - Diritto di udienza)rendendo la possibilità di incontrarlo un terno al lotto perché il cittadino deve inseguire la sua presenza negli uffici del Comune con continui appostamenti nell’anticamera.

Davvero un terno al lotto se si tiene conto, tra l’altro, che esercitando funzioni che da Sindaco non sono, come spalare neve o agire con la rotella metrica o manovrare interruttori di corrente elettrica di nuove illuminazioni pubbliche, oltre a non farsi trovare fa porre l’interrogativo di chi esercita le funzioni di Sindaco di Modica. Ed inoltre, a cosa servono le tante posizioni di lavoro della struttura burocratica se poi il Sindaco fa delle cose che la legge attribuisce ad altri impiegati e dirigenti che sono pagati per farle?

Già questa ostentazione simbolica della figura di “Sindaco operaio” appartiene a quella mediocrità politica che, percorrendo vecchi itinerari, sceglie la manutenzione di strade e simili ovvero quel dominio in cui può ottenere più rapidi e fruttuosi risultati, ostentando il suo attivismo imbriglia-voti.

Ma è mediocrità politica o qualcosa di peggio?

E’ noto che il settore della manutenzione dell’esistente, anche se importante, è quello che richiede il minor impegno intellettivo tanto che nelle aziende viene affidato ai dirigenti di primo pelo. Se il nostro Sindaco ne fa il simbolo della sua sindacatura è perché vuole esibire risultati immediati che potrà capitalizzare mettendoli in produzione per sempre possibili ed improvvise elezioni regionali e nazionali.

Egli, quindi, trascura progetti di più ampio respiro, che sono poi quelli strutturali, che, richiedendo tempi tecnici più elevati, non gli consentirebbero di “tagliare nastri”. Per onestà argomentativa dobbiamo aggiungere che questo suo atteggiamento potrebbe essere anche qualcosa di peggio della oggettiva mediocrità politica che esso esprime, potrebbe essere, infatti, anche un “perdona loro perché non sono attrezzati a capire quello che fanno”.

Quale che sia il motivo, per noi cittadini cambia poco: accontentarci di avere, questo si, un buon servizio manutentivo nella piena consapevolezza che la mediocrità politica ha bisogno di ulteriore degradazione per incubare il Nuovo.

La mediocrità politica del nostro sindaco ci induce, perciò, a ritenere che nel 2018 (se non si vota prima)  non sarà violata la regola aurea secondo la quale, nella “Modica Repubblicana”, dal primo governo di Saverio Terranova in poi, non è mai accaduto che un Sindaco fosse stato migliore del precedente, regola che vide, secondo noi, una unica eccezione  nel Sindaco Carmelo Ruta le cui sindacature furono caratterizzate da molti studi ed iniziative con progetti di spessore, anche se poi, purtroppo, i risultati non furono all’altezza della genialità delle iniziative.

Questa situazione non è riconducibile solo alla mediocrità politica del Sindaco, occorre prendere atto anche della solare pochezza del Consiglio comunale o del suo Presidente e ancora del deprimente rapporto tra maggioranza ed opposizione e della squallida e degradata qualità del rapporto Istituzionale tra Sindaco e Presidente del Consiglio comunale.

     Non lasciano ben sperare neanche i primi segni di campagna elettorale per le prossime elezioni che, nella rete internet, ostentano “comitive armate” di pasta asciutta e pizze quale progetto politico di governo secondo i collaudati criteri della migliore “democraziacristiana.1” della prima Repubblica.

     Strumento di “arruolamento” alla politica rimane quello collaudato dalla “democraziacristiana.2” (berlusconismo) che dalla solida base di partenza del piatto di pasta asciutta prevede di realizzare tante liste elettorali, come corde per incaprettare l’elettorato modicano: liste, senza idee e con programmi tanto noiosi e fantasiosi quanto impossibili da realizzare rispetto ai fallimentari risultati già ottenuti dagli incaprettatori e dalla scadente qualità politica da essi ampiamente dimostrata.

Infatti, costoro non riescono ad andare oltre il pigro attacco al Sindaco come responsabile unico della malapolitica, non riuscendo a comprendere che l’attuale Sindaco non può non essere l’espressione viva e determinante di un ambiente culturale complessivo del quale loro stessi ed i loro partiti di provenienza ne sono i genitori.

Noi non siamo stati teneri nei confronti di Antonello Buscema perché degli ultimi sindaci della nostra Modica, per le sue altissime qualità morali, fu quello che alla fine ci deluse di più (una per tutti, la sua scelta di privatizzare a vita il Cimitero). . Ma se egli fu la constatazione di come il Bene non potette opporsi ai processi di degradazione, Ignazio Abbate rappresenta la stabilizzazione di mediocrità politica e culturale.

Ignazio Abbate non sarà, quindi, l’ultimo sindaco di Modica, come non lo sarà il suo successore; esistono sufficienti indizi per ritenere che anche quest’ultimo sarà figlio di alcuni “piatti di pasta asciutta” attorno ad un tavolo. La politica continuerà ad essere il luogo di scorribande di interessi di parte e voltagabanismi culturali che, tra l’altro, la crisi in atto ha reso più ibridi, nascosti e vili.

Attendiamo che tutto finisca. Come? Non è dato saperlo.

Allo stato attuale anche la mediocrità politica non riesce neanche a peggiorare; come se avesse raggiunto il luogo in cui è impossibile una ulteriore degradazione ed in un momento in cui non si materializza un Fronte culturale capace di avviare un ritorno.

E’ in questa ottica che la classe degli intellettuali modicana non può autoassolversi, infatti non sembra voler accogliere il monito di Pietro Barcellona, filosofo del diritto ed editorialista, il quale sosteneva che ogni intellettuale dovrebbe cimentarsi nella sfida di “vedere la cronaca quotidiana dei fatti come il progressivo emergere dei segni dei tempi, costituiscono il tessuto della storia e dei suoi processi” (3) costringendoci  a confermare il nostro giudizio che la “classe culturale modicana incanta il popolo recitandogli in maniera sublime una poesia e nel contempo, con la sua assenza totale nel dominio della cultura politica, regge il moccolo al potere che gli sfila il portafogli” (4); giudizio che sollevò, qualche risentimento, flebile per la verità, così come si addice ai climi mortiferi. #

Carmelo Modica

(Dialogo giugno 2016)

 

 

(1) In, Gruppo ‘Terzo Occhio’, Ombre custodi nella notte di Modica che muore, Edizioni ‘Terzo Occhio’, Modica 2013.

(2) Carmelo Modica, Storia nascosta di Modica. Indagine sulla qualità della classe politica nei primi 60 anni della «Modica repubblicana» (1947-2013), Associazione culturale “Dialogo”, Modica, gennaio 2014.

(3) Pietro Barcellona, Viaggio nel Bel Paese. Tra nostalgia e speranza, Città aperta, Troina 2010, così citato da Giuseppe Di Fazio in La notizia diventa storia, Domenico San Filippo editore, Catania 2016.

(4) Classe intellettuale modicana e “Disastro Modica” in “Dialogo”, ottobre 2015.

 

 

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E’ colpa di face book oppure di Abbate?

 

Il dominio in cui il Sindaco Abbate non può essere comparato con i suoi predecessori è l’uso di face book. Analizzando l’uso che egli ne fa risulta difficile capire se egli è vittima della tendenza di face book alla banalità, grossolanità ed alla assenza di riflessione, oppure ne è un lucido sfruttatore. Noi pensiamo che nessuno di questi due atteggiamenti possa essere attribuito a lui. E’ sufficiente valutare la normale attività comunicativa che egli svolge sulla sua bacheca per rendersi conto di come alla chiamata di face book, la “mediocrità politica” abbia risposto tempestivamente, diremmo per attrazione, realizzando un naturalissimo e carnale incontro.

E’ per questo che egli mortifica il Consiglio comunale violando la norma che gli impone di rendere le relazioni annuali. Infatti, le relazioni annuali richiederebbero, per loro natura, raccolta e riepilogo di risultati, indicazione di criteri di programmazione insomma riflessioni che la mediocrità politica di cui è dotato non gli consente ed ecco perché pensa di sostituirle con una compulsiva attività tramite la sua bacheca bookeriana.

Ma dove l’uso di face book manifesta la qualità di cartina di tornasole di mediocrità politica allo stato puro, è quando con uno stillicidio continuo propone con linguaggio autoreferenziale ed arrogante, provvedimenti che le normali aziende non indicano neanche nei loro resoconti, tanto essi sono banali perché dovuti e normali, e lo fa con lo stesso linguaggio e stile che la massaia annoiata utilizza per esibire la sua capacità culinaria della pasta alla carbonara. E non potendo esibire, come la massaia, la foto di un bel piatto di parmigiana, a corredo del nulla egli esibisce suoi ritratti nelle più svariate “maschere del fare”.

Ed è proprio perché la mediocrità politica è attratta dallo strumento face book che egli con tale strumento si bea degli applausi dei suoi fans che su tali banalità si danno sfogo e, come allo stadio, inneggiano “mio sindaco…, sindaco con le palle…, ecc”.

Un clima grossolano che a volte diventa squallore quando nella propria bacheca egli consente agli stessi fans di diffamare i commentatori dissenzienti con frasi del tipo “Tu sei un pidiota col cervello coperto di merda”. E’ vero che face book stenta a riconoscere il principio che la responsabilità penale è personale ma affida al titolare della bacheca il senso di responsabilità e la compostezza culturale ed educativa di riconoscersi o meno complice di diffamazione a mezzo stampa. In un clima mediocre di questo genere il sindaco non può non giustificare la villania esistente nella sua bacheca face book se non con il dire che non può avere il tempo di controllare; risibile se si pensa che non può farlo perché deve guidare trattori oppure osservare “palisti e decespugliatoristi” in azione anche se, di contro, trova il tempo per rimproverarci per telefono perché lo avevamo segnalato presente ad una seduta spiritica che noi, in maniera fantastica, avevamo scritto sulla nostra bacheca, fosse avvenuta in un luogo segreto di Frigintini.

Abbiamo raccontato queste vicende in maniera disincantata e nella piena consapevolezza che il nostro sindaco non è colpevole né lui né coloro che attraverso la sua bacheca violano il codice penale. Sentiamo un forte senso di tenerezza, questo si.

 

Carmelo Modica

(Dialogo ottobre 2016)

 

 

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Modica. I “Due governi”: disordine, confusione o fusione?

 

Le procedure adottate per realizzare la rotonda in contrada Serra Pero, quelle relative alla definizione, ancora non conclusa, della vicenda dei 60 docenti comunali ed l’incredibile tentativo di tacitare, con le buone o con le cattive, il Consiglio comunale cercando di impedire una sua seduta, evidenziano una gravissima “Confusione ordinamentale” che noi riteniamo essere la causa-origine di quella “Mediocrità politica” della quale ci siamo interessati da alcuni lustri, sia da queste colonne sia pubblicando “Storia nascosta di Modica”.

Anche se non è oggetto di questa nostra riflessione è bene non dimenticare che anche quando la “Confusione ordinamentale” non è dolosamente realizzata per indicibili obiettivi di potere, essa è l’acqua giusta e necessaria, direbbe Mao, per iniziative malavitose.

Qui ci limitiamo a propiziare l’assunzione della consapevolezza che siamo in presenza di una mediocrità complessiva dell’attività di governo: “Complessiva” perché in essa, e non potrebbe essere diversamente, confluisce sia la componente politica sia quello che l’economista Vincent de Gournay, definì “governo dei funzionari” e Maximilian Weber ‘Il potere degli uffici’.

Ci sembra difficile dimostrare la infondatezza del principio giuridico che il governo della città viene esercitato attraverso il “Potere politico” ed il “Potere dei funzionari”, e che, quindi, i conseguenti risultati, per noi mediocri, molto mediocri, sono da attribuire al contributo di ciascuno di questi due poteri.

Resta da determinare, per la nostra Modica, la forza con la quale ciascuno dei “due governi” incide sulla mediocrità dei risultati e delle procedure adottate: operazione complessa e “delicata”, nonostante sia indiscutibile il principio della netta separazione tra il ruolo della Politica ed il ruolo del “Governo dei funzionari” sancito dal sistema giuridico italiano che prevede, anche a livello costituzionale (1) la netta separazione tra la funzione ideativa della direttiva politica, e la funzione tecnico amministrativa esercitata dal “Governo dei funzionari”.

E’ appena il caso di ricordare che fino agli anni ’80 (2) il consigliere comunale, acquisita  dal Segretario comunale produceva la prova di saper leggere, scrivere e far di conto, perché era, ed è tutt’ora, l’unica qualità culturale e scolastica richiesta per esercitare tale funzione. Fu per questo che al Sindaco che poteva essere un ignorante di leggi, e non solo, che il sistema giuridico affiancò la figura del Segretario comunale-direttore generale perché fornisse al processo decisionale quella svolgesse cui affidare quella competenza che il governo di una città richiede.

In pratica la legge ha istituito un sistema in cui i due poteri si relazionano con il criterio del “primus inter pares” in cui la struttura tecnico-amministrativa è tanto autonoma nella sua attività di organizzazione, studio documentazione e realizzazione, quanto subordinata alla Politica cui spetta, in maniera esclusiva la individuazione dei bisogni della Comunità modicana.

E’ utilizzando questa griglia giuridica che ci si deve chiedere a quale dei due governi occorre attribuire, facendo riferimento alle tre vicende accennate:

Il governo della città prevede uno schema che pretende dai “due governi” eccellenza di competenze, distribuendo a ciascuno distinti poteri perché distinti rimangono i ruoli e le responsabilità.

Il Potere è uno strumento necessario per governare una Comunità e per sua intrinseca natura tende all’assolutezza ovvero ad essere ‘uno’.

E’ con riferimento a tale tendenza che occorre interpretare Sindaco, vice sindaco ed assessore quando proclamano locuzioni tipo “io ho fatto…, io ho ordinato.. io non mi faccio fregare dalla ditta…io…, io…, io…” o quando essi stessi pongono in atto azioni di pura direzione tecnica e persino indicazioni dirette agli operai nel mentre stanno effettuando dei lavori o quando il Sindaco sulla strada di Marina di Modica personalmente utilizza la ruota di misurazione metrica.

E’ confusione, prevaricazione o fusione? La prevaricazione, specie quando avviene senza resistenza, nasconde sempre la fusione perché vuol dire che ogni azione di resistenza è stata in qualche modo rimossa o addomesticata.

Molti sono gli alibi che ciascuno dei due governi rivendica per giustificare, in qualche modo, la resa o la sopraffazione dell’altro e, quindi, la violazione della legge che tale rimane quand’anche l’Assessore, come ci ha confidato uno di loro, constatasse che con il suo diretto controllo sul personale, i risultati fossero di gran lunga maggiori rispetto a quelli che si conseguono normalmente, perché la soluzione non potrebbe mai essere quella della dirigenza politica che si sostituisce a quella del “Governo dei funzionari”, semmai dovrebbe essere quella di pretendere da quest’ultimo che vengano responsabilizzate le linee di comando e rispettato il mansionario previsto dalle leggi, dai regolamenti e dallo stato giuridico di ciascun dipendente.

Né il “Potere dei funzionari” può rifugiarsi nel fatto che la sua eccellenza dipende anche dalla qualità delle direttive del “Potere politico” per non far valere quanto la legge in maniera rigorosa attribuisce alla sua autonoma responsabilità perché quest’ultima è sorretta dal necessario potere per impedire ogni possibile prevaricazione che il “primus” tende sempre di realizzare nei confronti dell’altro “pari”.

Quanto abbiamo scritto legittima tutta una serie di domande:

Ed ancora: questa è mediocrità politica? Ignoranza scusabile del Sindaco o impreparazione meno scusabile della struttura burocratica? Arroganza? Grossolanità?

Ed infine: queste domande sono riconducibili a colpose violazioni di legge, a dolose violazioni di legge o ad allegre interpretazioni del proprio ruolo?

Carmelo Modica

(Dialogo novembre 2016)

 

 

 

Note

(1) art.97 I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. […] Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore.

(2) La prova è stata poi eliminata perché si sono accorti che il vincolo della scuola dell’obbligo rendeva inutile la stessa.