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Categoria: Nativo
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Home Giuseppe Nativo

2013

Gennaio 2013

- Tumore alla prostata (Dialogo, gennaio 2013)

- Piccola guida al colesterolo e agli stili di vita (Insieme, 20/01/2013)

 

Febbraio 2013

- Presentato al Centro Studi “F. Rossitto” il libro di Rocco Agnone (Dialogo, febbraio 2013)

- Scuola on line, una nuova sfida attende gli istituti e le famiglie (Insieme, 03/02/2013)

 

Marzo 2013

- Disprassia un problema “silenzioso” (Dialogo, marzo 2013)

 

Aprile 2013

-“Ombre custodi” e la mediocrità della politica (Dialogo, aprile 2013)

- Chirurgia refrattiva e cataratta (Dialogo, aprile 2013)

- Nuovi biglietti da 5 euro. Ecco come riconoscerli (Insieme, 21/04/2013)

 

Maggio 2013

- “Ai piedi della Croce”, la speranza che coinvolge l’animo (Dialogo, maggio 2013)

 

Giugno 2013

- Violenza sulle donne, quale cambiamento? (Dialogo, giugno 2013)

 

Luglio 2013

- Stessi farmaci utili a uomini e donne? (Insieme, 21/07/2013)

 

Settembre 2013

- Patente, dal primo ottobre esami con i quiz aggiornati (Insieme, 14/09/2013)

 

Ottobre 2013

- L’Avis iblea non è andata in vacanza (Dialogo, ottobre 2013);

- Risparmiare sulla benzina, attenzione a consumi e manutenzione dell’auto (Insieme, 27/10/2013);

 

Novembre 2013

- Ludopatia, malattia del nostro tempo (Dialogo, novembre 2013);

- Charles de Foucauld, instancabile lavoratore nella vigna del Signore (Insieme, 17/11/2013);

 

Dicembre 2013

- Mostra fotografica a Pozzallo. La nuova Manciuria, la Cina a Nord – Est attraverso l’occhio digitale di Francesco Lucania(Dialogo, dicembre 2013);

- I rimedi della nonna: il brodo di gallina contro la febbre, tosse e raffreddore (Insieme, 22/12/2013);

 

 

 

GENNAIO 2013

Tumore della prostata

Da una miglior diagnosi un miglior trattamento

 

   La prostata è una ghiandola presente solo negli uomini, posizionata di fronte al retto. Essa produce una parte del liquido seminale rilasciato durante l’eiaculazione. In condizioni normali le sue dimensioni sono approssimativamente come quelle di una noce, ma con il passare degli anni o a causa di alcune patologie può ingrossarsi fino a dare disturbi soprattutto di tipo urinario.

   Questa ghiandola è molto sensibile all’azione degli ormoni (composti organici di natura chimica diversa la cui funzione è anche quella di regolare l’equilibrio di importanti fenomeni vitali), in particolare di quelli maschili, che ne influenzano la crescita.

Il tumore della prostata ha origine proprio dalle cellule presenti all’interno della ghiandola che cominciano a crescere in maniera incontrollata.

   Ma quali sono i sintomi e, soprattutto, chi è a rischio? Abbiamo girato la domanda al dottor Paolo Puppo, responsabile dell'Urologia Oncologica dell'istituto Humanitas di Castellana (www.uropro.it) in territorio varesino.

   «Purtroppo i sintomi sono scarsi e non dissimili da quelli provocati dall’ipertrofia prostatica benigna (aumento del volume della ghiandola, ndr). Sono a rischio tutti gli uomini sopra i quarantacinque anni di età, specialmente se il padre ha avuto un carcinoma della prostata».

   In un recente congresso sul tema si è parlato di importanti novità. Ci vuole illustrare i contenuti?

   «Si sta finalmente affermando il concetto che per il carcinoma della prostata non esiste un eccesso di diagnosi, che sarebbe un nonsenso visto che la conoscenza non può di per sé essere un male, bensì un eccesso di trattamento. In altre parole, non tutti i tumori della prostata meritano di essere trattati (con chirurgia, con radioterapia, con ormoni), il problema è di essere sicuri della diagnosi in modo tale da individuare con la miglior approssimazione i lupi e separarli dalle pecore».

   Lei dice che, in pratica, trattando tutti si trattano tumori “innocenti” e che al contrario con il semplice controllo si rischia di lasciare agire tumori “killer”?

   «Esatto, non saremo mai sicuri al cento per cento, ma dobbiamo per certo migliorare la qualità della nostra diagnosi che si basa da una parte sul PSA (sostanza prodotta dalla prostata il cui indice di concentrazione indica stati patologici talora correlati alla presenza di tumore prostatico, ndr) e su altri nuovi markers (sostanze riscontrabili anche nel sangue il cui indice di concentrazione determina la presenza di cancro, ndr) più o meno efficaci, ma soprattutto sulla biopsia (prelievo di un frammento di organo o di tessuto allo scopo di accertarne eventuali stati patologici dell’organo interessato, ndr), elemento irrinunciabile, sullaquale si è posta molta attenzione, ma non in misura sufficiente».

   Lei vuol dire che la qualità delle attuali biopsie  prostatiche è insufficiente ?

«Non solo è insufficiente, ma non esiste un controllo di qualità che ci dica se lo sono. L’ago della biopsia viene guidato dall’immagine ecografica, quando sappiamo che il tumore ha ecograficamente lo stesso aspetto del tessuto normale. Per migliorare l’attendibilità della biopsia abbiamo aumentato il numero di prelievi a dismisura, sino agli attuali diciotto o persino ventiquattro, onde realizzare un mappaggio della prostata e non una biopsia mirata. L’ecografia dovrebbe darci la localizzazione della nostra biopsia, ma è in due dimensioni e non ci consente la registrazione del tragitto dell’ago. Quindi non sappiamo se stiamo eseguendo un reale mappaggio se continuiamo a biopsiare la stessa zona. In pratica la biopsia attualmente è del tutto operatore dipendente».

   Ma non esiste un modo per vedere il tumore ?

«La risonanza magnetica è in effetti molto superiore alla ecografia ed alla TC (Tomografia computerizzata, ovvero diagnostica per immagini che consente di riprodurre sezioni o strati corporei del paziente, ndr) nella discriminazione tra tessuto normale e neoplastico. Con le nuove apparecchiature si giunge anche ad una accuratezza del novanta per cento. Purtroppo, non è al momento possibile eseguire una biopsia sotto RM (Risonanza magnetica). In pratica, noi abbiamo delle immagini sospette, ma non abbiamo modo di mirarle quando facciamo la biopsia in quanto l’immagine ecografica è del tutto diversa».

   Mi dica almeno che esiste qualcosa di nuovo per migliorare la biopsia…

   «Non solo glielo posso anticipare sulla base di quanto riportato nel recente congresso dell’Associazione Urologi Ospedalieri, ma posso anche fortunatamente affermare che da ottobre la nuova tecnica di biopsia sarà per la prima volta disponibile in Italia presso i servizi che dirigo. Si tratta di un nuovo software che agisce in combinazione con un ecografo in tre dimensioni ed è capace di combinare le immagini RM con quelle ecografiche. In pratica quindi si lavora in tre dimensioni (e infatti per comodità la chiamiamo stereobiopsia prostatica), con la possibilità di simulare il tragitto della biopsia e cambiarlo se non soddisfacente, e ,ancora, di registrare il tragitto di ogni biopsia eseguita. In più, la zona designata dalla RM come la più sospetta , dopo la fusione di immagine con l’ecografia, compare come un bersaglio nell’immagine ricostruita in 3d , in modo tale che l’operatore può pianificarne (e verificarne) l’effettiva puntura».

   Da un punto di vista territoriale esiste una diversità nell’incidenza? I casi registrati in Sicilia sono diversi dal resto d’Italia?

   «Non esistono, almeno che io sappia, differenze di incidenza nelle varie regioni italiane , del resto la dieta è molto simile, sempre mediterranea».

 

 

 

 

 

 

Piccola guida al colesterolo e agli stili di vita

 

Quando in medicina si parla di colesterolo si intende porre l’attenzione su una classe di sostanze che circolano nel sangue, la cui relativa concentrazione si chiama colesterolemia. La parola colesterolo offre un certo tipo di preoccupazione per chi la pronuncia. Il pensiero va subito al trattamento dei livelli elevati di colesterolo cui deve seguire un’alimentazione che ne diminuisca il più possibile la presenza nel sangue.

Innanzi tutto, il contenuto calorico della dieta deve essere corrispondente al fabbisogno effettivo giornaliero per evitare il peso oltre la norma. II contenuto di grassi animali (burro, panna, pancetta) deve essere il più possibile ridotto, mentre quelli vegetali possono essere assunti con moderazione (extra vergine di oliva). E allora come comportarsi? E’ necessario moderare la quantità di grassi ed oli per condire e cucinare. Preferire, ad esempio, cotture al cartoccio o al vapore e limitare al massimo le fritture.

Le uova possono essere assunte fino a due per settimana. Il pesce deve essere privilegiato con esclusione di quello sotto sale o conservato sott’olio. E’ permessa la ricotta e lo yogurt magro. Tutti i formaggi contengono quantità elevate di grassi soprattutto se stagionati. Sono permessi gli aromi (aglio, prezzemolo, cipolla, basilico, origano, pepe, aceto e spezie varie, caffè, tè). Vietati gli alcolici (non del tutto, anzi un bicchiere a pasto di vino rosso, aiuta perché ricco di resveratrolo, un potente antiossidante) e le bevande gassate zuccherine. Anche gli zuccheri pertanto vanno limitati perché il fegato li trasforma in grassi. Una buona attività fisica deve essere accompagnata alla dieta.

Nella pratica medica si parla solo dei rischi connessi a valori elevati, ma quasi mai di quelli derivanti da valori troppo bassi. Abbiamo chiesto il perché al dottore Salvo Figura, già medico anestesista rianimatore.

«Il fegato sintetizza il colesterolo a partire da tutte le sostanze che quest’organo reperisce (grassi ma anche zuccheri). Dunque un valore troppo basso è indice di un fegato che funziona male, sottotono. Funzionando male, anche tutte le altre sostanze prodotte dal fegato, lo saranno in misura ridotta: Pertanto può essere un indice indiretto di epatopatia».

Ictus e malattie cardiovascolari sono strettamente correlate con il livello di colesterolo nel sangue. Quando la presenza di colesterolo fa bene al corpo?

«Vorrei sfatare un momento il rischio diretto da colesterolo quale fattore di trombosi o ictus. Il colesterolo è infatti solo uno dei fattori di rischio, e sicuramente meno grave dell’ipertensione, del diabete e del fumo. Dunque l’eccessiva criminalizzazione di questo importantissimo fattore del sangue, porta poi a esagerazioni nella dieta e nello stile di vita. Il colesterolo, entra in tutte le funzioni cellulari, ormonali e sanguigne, come detto prima. Persino nell’equilibrio sonno veglia. Dunque un valore di colesterolo intorno ai 200-220 mg non è da criminalizzare. E’ un valore che consente una vita del tutto normale, a patto che si eliminino il fumo, si controlli la pressione sanguigna, il sovrappeso. E ogni tanto un bel pezzo di caciocavallo ragusano DOP, onore della nostra terra e delizia per golosi, concediamocelo pure, accompagnato da un buon bicchiere di Cerasuolo di Vittoria».

 

Giuseppe Nativo

 

 

 

 

FEBBRAIO 2013

 

Presentato al Centro Studi “Feliciano Rossitto” il libro di Rocco Agnone

Il fenomeno religioso e la concezione non religiosa del divino di Gesù l’ebreo

 

   Una serata culturale di notevole spessore si è svolta presso il Centro Studi “Feliciano Rossitto” di Ragusa che si è fatto promotore della presentazione del recente saggio di Rocco Agnone, “Il fenomeno religioso e la concezione non religiosa del divino di Gesù l’ebreo” (Gruppo Albatros Il Filo, 2012, pp. 240). Una sala gremita di un folto ed attentissimo pubblico ha caratterizzato l’iniziativa organizzata in sinergica collaborazione con il Movimento Cattolico Internazionale Paxchristi per la pace. Considerata la delicata e, nel contempo, intrigante tematica oggetto del recente lavoro del professore Agnone, numerosi, tra il pubblico, sono stati i docenti in materie umanistiche e filosofiche ansiosi di calarsi in un confronto di opinioni.

   “Laddove l’uomo si confronta con gli altri uomini in termini di libertà e di rispetto certamente l’umanità avrà un innalzamento di livello. E sono sicuro che anche stasera in questo confronto il nostro livello di riflessione crescerà in maniera considerevole”. E’ il messaggio che il vescovo di Ragusa, S. E. mons. Paolo Urso, intervenuto per i saluti, ha voluto consegnare ai presenti. Un messaggio che è stato rafforzato da Pietro Brugaletta (Paxchristi Ragusa) il quale ha posto l’accento sulla validità del volume di Rocco Agnone in quanto fornisce la possibilità di “scoprire l’essenza del messaggio evangelico” andando alle radici di variegate tematiche analizzate con uno spiccato senso critico da cui emerge una profonda cultura storica e filosofica dell’autore.

   Rocco Agnone, classe 1942, si è laureato in Giurisprudenza e in Filosofia con una tesi sul tema dell’obiettività nelle scienze storico-sociali in Max Weber. E’ stato funzionario dell’amministrazione del Ministero della Pubblica Istruzione e Provveditore agli studi nella provincia di Ragusa. La voglia di tracciare un solco profondo in variegate attività quali l’azione di ricerca e sperimentazione scolastica, con particolare attenzione all’inclusione e all’integrazione sociale e culturale dei soggetti svantaggiati e meno fortunati, ha spinto il professore Agnone a promuovere iniziative in numerose scuole di ogni ordine e grado dell’intera provincia di Ragusa. L’amministrazione scolastica iblea, infatti, durante la sua gestione ha visto realizzati una serie di iniziative e progetti che hanno lasciato un segno rilevante nell’intero territorio. Da tempo è impegnato sul versante culturale e sociale, pubblicando articoli in numerose riviste di cui alcune a tiratura nazionale e internazionale.

   L’autore, attraverso il suo interessante saggio, analizza il manifestarsi nell’uomo del sentire religioso, cioè il formarsi di credenze in potenze e divinità che interferiscono con la vita degli uomini. E’ questa una costante che si riscontra fin dagli albori dell’umanità. Partendo da uno studio di ordine antropologico, Agnone ripercorre la storia religiosa delle popolazioni che maggiormente l’hanno segnata, con particolare riguardo alla storia e alla complessa cultura religiosa del popolo ebraico. In tale percorso fornisce al lettore, con occhio attento ed analitico dello studioso, un quadro d’insieme estremamente utile per una migliore comprensione della religiosità sin dalle sue origini per arrivare ad esaminare, attraverso una rigorosa analisi dei vangeli, la concezione del divino di Gesù.

   A tracciare le linee essenziali, tratteggiandone il percorso storico antropologico intrapreso dall’autore, è stato Salvatore Di Pasquale (già docente in materie filosofiche) che nel corso della sua articolata discettazione ha posto l’accento sull’ultima parte del saggio nella quale viene approfondito, con animo sempre attento alla sensibilità del lettore, il tema della relazione della concezione di Gesù con la struttura della Chiesa cattolica vista come apparato istituzionale, nonché con il rapporto tra cattolicesimo e poteri temporali e l’emergere, in epoca moderna, della coscienza laica tenendo presente i relativi valori riguardanti la piena autonomia dell’uomo.

   La tematica è stata poi sviscerata, nell’ambito di “riflessioni di un povero cristiano” da Giovanni Occhipinti (poeta, narratore e critico letterario) secondo il quale il libro “induce talora sofferte riflessioni nel lettore” per gli argomenti trattati “dottrinali, esegetici, liturgici”. L’autore “si muove con severa semplicità di studioso dentro a una materia tra le più scivolose e complesse per l'uomo della Terra. I fili della matassa che tenta di sbrogliare lambiscono l'universalità del sentimento religioso, delle religioni e della fede e il loro crescere e affermarsi lungo la strada accidentata e tortuosa dei millenni. Tocca al lettore trarre le dovute conclusioni, quali che siano: buie o illuminate e illuminanti”.

   Ulteriori spunti di riflessione sono emersi nel corso dell’intervento di chiusura affidato allo stesso autore.

 

 

 

 

 

 

Scuola on line, una nuova sfida attende gli istituti e le famiglie

 

Il pianeta Scuola e tutto ciò che ruota attorno ad esso è cambiato o comunque si appresta a cambiare radicalmente. Si tratta di quello che da più voci viene definito come “Scuola on line”. E’ il momento della rivoluzione telematica che, come tutte le novità, nel momento iniziale può sicuramente creare non poche difficoltà e disorientamento tra i genitori. Da gennaio le iscrizioni devono essere effettuate solo on line attraverso l’uso del computer. Tale diversa impostazione comporta anche un cambiamento nel modo di gestire i registri e le pagelle anch’esse virtuali. Chi non possiede gli strumenti idonei per effettuare l’iscrizione via internet da casa ha la possibilità di ricevere adeguata assistenza presso gli sportelli approntati nei vari istituti. Il tutto all’insegna della rapidità che è caratteristica della rete internet. Qualcuno teme che in non pochi casi il meccanismo possa far aumentare la dispersione scolastica e allontanare i genitori dai problemi e dal rendimento dei loro figli a scuola. Sta di fatto che le comunicazioni alle famiglie saranno diffuse via internet o con sms sui cellulari. Tutto ciò avrà delle conseguenze sul rapporto scuola-famiglia? Abbiamo girato la domanda a Giuseppe Palazzolo, dirigente scolastico presso la Direzione Didattica “Mariele Ventre” di Ragusa. «Naturalmente queste innovazioni avranno diversi effetti sul rapporto scuola-famiglia, un rapporto che è fondamentale per il successo dell’azione formativa della scuola. Diciamo subito che la “rivoluzione” digitale preannunciata sarà molto graduale e, in gran parte, assistita dal personale della scuola stessa. Infatti, se prendiamo in considerazione l’iscrizione on-line, che è di stretta attualità, possiamo tranquillizzare i genitori che non abbiano troppa dimestichezza con Internet: le scuole hanno l’obbligo di assisterli nella compilazione della domanda d’iscrizione on-line mettendo anche a loro disposizione un computer collegato alla rete».

Innovazione e tecnologia devono tener conto dei valori umani. Dietro un voto vi sono numerose variabili. Finché non vi sono problemi e i ragazzi portano buoni voti a casa tutto va bene, ma anche dietro un sette in pagella si possono nascondere determinate problematiche che con l’incontro vengono messe in risalto e condivise.

La dematerializzazione certamente è positiva purché non si perda di vista l’opportunità della comunicazione inter-personale. Qual è il suo punto di vista? «Sono del tutto d’accordo con la sua osservazione, soprattutto in tema di valutazione del rendimento dell’alunno, momento delicato che non può mai essere relegato ad un’arida comunicazione formale, quale potrebbe essere la pagella on-line. Precisiamo, tuttavia, che sono le norme stesse a prevedere procedure adeguate di informazione delle famiglie sul rendimento degli alunni, tanto più in presenza di difficoltà o di insufficienze. Oltre ai tradizionali “ricevimenti” dei genitori, nei quali l’informazione tra docente e genitore è personale e reciproca, la scuola si attiva in tutti i casi in cui un alunno presenta disagi o difficoltà».

Ma la scuola italiana è pronta a questa “rivoluzione”? «Come dicevo prima, i cambiamenti saranno graduali e non soltanto per le difficoltà dell’utenza. Le attrezzature di cui sono dotate la maggior parte delle scuole non consentono, al momento, l’attivazione completa di quella che viene chiamata dal Ministero “dematerializzazione delle procedure amministrative e dei rapporti con le comunità dei docenti, del personale, studenti e famiglie”. Se a ciò aggiungiamo che il Piano predisposto a tale scopo prevede che tutto ciò avvenga “senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”, ci rendiamo conto che passerà ancora molto tempo prima di avere una scuola veramente on-line».

 

Giuseppe Nativo

 

 

 

MARZO 2013

 

 

Disprassia un problema “silenzioso”

Come curare il disturbo in età evolutiva

Istituito a Catania un gruppo per monitorare il territorio della Sicilia

 

Bambini che presentano difficoltà in compiti di coordinazione motoria, che si distraggono con facilità, che mostrano qualche impedimento nella gestione dei movimenti comunemente utilizzati nelle attività quotidiane (ad esempio, vestirsi, svestirsi, allacciarsi le scarpe). Talora sembrano avere una ridotta capacità nel compiere gesti espressivi che servono a manifestare emozioni, stati d’animo.

Questi sono alcuni segnali che rivelano un disturbo chiamato “disprassia”. Un problema “silenzioso” che in buona parte dei casi non viene nemmeno individuato. In apparenza sembra che il bambino non abbia alcunché, presentando solo un certo tipo di lentezza. Non di rado tale problema è individuato nell'età scolare, quando il bambino deve necessariamente confrontarsi con le “prove” quotidiane della scuola, trovandosi all'improvviso davanti a quelli che sembrano essere suoi “limiti”.

Eppure, si tratta di bambini che possono essere completamente recuperabili. Tutto sta nell’individuare il problema nell’età evolutiva, prima cioè di arrivare sui banchi di scuola cosa che, purtroppo, avviene solo in una ridotta percentuale dei casi. Per questo l’Associazione italiana disprassia età evolutiva (Aidee), con sede a Roma, ha istituito un gruppo regionale volto a monitorare il territorio della Sicilia (con sede nel capoluogo etneo) per portare avanti il frutto di tanta esperienza acquisita nel tempo attraverso incontri con operatori del settore e genitori in collaborazione con la scuola di specializzazione in Neuropsichiatria infantile del Policlinico. Una campagna informativa, dunque, rivolta soprattutto ai genitori di bambini che presentano la disprassia.

Ma cosa prova un bambino disprassico e, soprattutto, cosa si porta dentro nella sua autoconvinzione di essere diverso dagli altri? Abbiamo girato la domanda a Tania Forcisi, neuropsicomotricista (figura professionale che si occupa della terapia e della riabilitazione delle malattie neuropsichiatriche infantili) referente del gruppo regionale Aidee.

«Fin dai primi anni di vita il bambino sperimenta se stesso, l’ambiente e gli altri attraverso il gioco (periodo psicomotorio che va da zero a trentasei mesi) e realizza un concetto di sé e della realtà circostante, utile alla costruzione di una propria identità. Questa “costruzione” è fatta di piccole conquiste e sconfitte, procede per prove ed errori ed è rinforzata dall’incoraggiamento dei genitori e dei piccoli amici con i quali il bambino si confronta quotidianamente. Attraverso il movimento e il gioco il bambino si confronta, pensa, programma, rimodella se stesso all’altro e “modifica” la realtà. Il bambino disprassico ha, invece, accumulato nei suoi primi anni di vita una sperimentazione fatta solo di sconfitte e, pian piano, incardina dentro di sé un moto di “rinuncia a fare” che, nel tempo, gli farà percepire se stesso come incapace di poter realizzare quello che desidera. Questa “mancanza” lo porta a delegare ad altri ciò che vorrebbe realizzare e spesso gli altri (i genitori) diventano i suoi “sostituti” per evitargli ulteriori frustrazioni. Questa situazione si accentua, ovviamente, a scuola, quando il bambino si trova di fronte a delle nuove prove che richiedono abilità specifiche (a partire dalla grafomotricità) e nel momento in cui al confronto con i coetanei il suo senso di impotenza si acuisce. E’ come se avesse “la prova” di non sapere fare nulla. E' proprio contro questa convinzione del bambino che dobbiamo lottare per dargli gli strumenti adatti ad annullare questo gap».

Qual è il suo compito e come devono essere informati gli insegnanti ed i genitori per potere sostenere al meglio i loro figli?

«Purtroppo è proprio la carenza di informazione il primo problema per quanto riguarda la disprassia. Innanzitutto questo disturbo non è ancora stato riconosciuto come patologia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ma solo come “sintomo di altre patologie" per esempio del Dsa (Disturbo specifico dell’apprendimento); poi tra gli operatori del settore e sui media se ne parla ancora troppo poco. Spesso, medici e terapisti non sanno riconoscere il problema o lo interpretano sbrigativamente come ritardo mentale o altro.

A questo proposito vorrei lanciare un appello affinché in Sicilia si possa creare una rete tra operatori che abbiano la formazione adeguata per poter intervenire sulla disprassia o che volessero iniziare a farla. Le prime informazioni si possono trovare sul sito della nostra associazione l’Aidee (Associazione italiana disprassia dell’età evolutiva) che ha una sede regionale a Catania. L’obiettivo principale dell’associazione è la divulgazione e l’informazione sulla patologia (scuole, neuropsichiatri, pediatri ecc. che operano direttamente sul territorio), organizzando delle conferenze, nonché il sostegno ai genitori con soluzioni pragmatiche. Abbiamo in progetto di organizzare, su richiesta dei genitori associati, degli incontri periodici di parent training per spiegare loro come comportarsi a casa con i propri figli. La richiesta che ci viene fatta con più frequenza è proprio quella di saperne di più. C'è una grande sete di notizie e una grande necessità di scambiarsi informazioni».

Qual è la percentuale di bambini che presentano disturbi nell’ambito della disprassia?

«Ricollegandomi alla risposta precedente, purtroppo non esiste una banca dati, posso riferire solo la mia personale esperienza e dire che la disprassia è molto più diffusa di quanto non venga diagnosticata. Il comitato scientifico dell’associazione Aidee lavora per stabilire un iter diagnostico comune e un riconoscimento della patologia a livello nazionale. Queste tappe sono necessarie per poter effettuare successivamente una raccolta dati su ampia scala e poter quantificare precisamente la diffusione della patologia».

 

Giuseppe Nativo

 

 

 

 

APRILE 2013

 

Chirurgia refrattiva e cataratta

 

La cataratta è un processo che porta a una crescente opacizzazione del cristallino, corpo trasparente dell’occhio che ne rappresenta la lente interna.. Il termine cataratta è stato coniato nell’antichità quando si pensava che nell’occhio scendesse un velo per impedire una buona visione. In realtà le cause sono correlate all’invecchiamento con relativa disidratazione del cristallino, ovvero la conseguente perdita della sua trasparenza. Nella maggior parte dei casi la cataratta esordisce in modo impercettibile, ma poi, con il passare del tempo, può evolvere in modo anche invalidante fino alla cecità.

Non esistono cure mediche per arginare questa evoluzione. L’unica terapia percorribile è quella chirurgica con rimozione del cristallino e la sua sostituzione con altro artificiale. Grazie a strumentazioni d’avanguardia la cataratta può essere rimossa senza complicazioni in buona parte dei casi. L’intervento, di cui si occupa la “chirurgia refrattiva”, può anche consentire di correggere eventuali difetti refrattivi con l’inserimento di nuove lenti artificiali a seconda del vizio visivo che presenta il paziente. L’invecchiamento è la causa principale della perdita di trasparenza del cristallino. In questo caso si parla di cataratta senile, un problema che riguarda più del 60% degli ultrasettantenni. Quando insorge prima si definisce presenile.

Ma ci sono altri fattori che possono scatenare la cataratta? Abbiamo girato la domanda al dottor Antonio Rapisarda, primario del Reparto di Oculistica dell’Ospedale Garibaldi Nesima di Catania.

«Effettivamente si tratta di una patologia tipicamente senile, ma non mancano i casi in età meno avanzata. Determinante è la predisposizione genetica o la presenza di fattori-cofattori “catarattogeni” (ovvero che contribuiscono all’insorgere della cataratta, ndr) come il diabete, il tabagismo (cioè uso abituale e prolungato di tabacco da fumo, ndr), l’esposizione eccessiva a radiazione ultravioletta (particolari radiazioni emesse dal sole, ndr) o infrarossa (radiazione termica, ndr), terapie prolungate con farmaci steroidei (ad esempio farmaci al cortisone, ndr) cioè topici (ovvero utilizzati solo nel punto di applicazione, ndr) o sistemici (farmaci il cui effetto si distribuisce in tutto l’organismo, ndr) e cause strettamente oculari come la miopia, fenomeni infiammatori e pregressi interventi chirurgici riguardanti la sfera oculare (quali, ad esempio, distacco di retina, glaucoma che causa disturbi visivi caratterizzati dall’aumento della pressione oculare, ndr)».

La problematica è stata oggetto di confronto scientifico al recente congresso (promosso dalla Associazione italiana di chirurgia della cataratta e refrattiva), tenutosi nel capoluogo etneo, incentrato anche sulle nuove frontiere in campo oculistico mirate altresì alla scelta ottimale del tipo d'intervento e alla gestione postoperatoria del singolo paziente, anche in termini di risultati. Cosa può dire al riguardo?

«Oggi tale intervento è definito sempre più Chirurgia refrattiva della cataratta e deve avere come obiettivo il totale ripristino della funzione visiva senza alcuna correzione ottica. Questa procedura chirurgica richiede però un continuo aggiornamento sia delle tecniche chirurgiche sia delle macchine ad alto contenuto tecnologico, per uno studio sempre più attento e preciso del paziente da operare».

 

 

 

“Ombre custodi” e la mediocrità della politica

 

Una copertina curiosa e, nel contempo, molto simbolica quella adottata per il volume, fresco di stampa, dal titolo “Ombre custodi”, sottotitolo “nella notte di Modica che muore”, (Edizioni TerzoOcchio, stampato per conto delle Edizioni Associazione culturale “Dialogo”, Modica 2013, pp. 144). Sagome oscure, che si stagliano su sfondo bianco, con superfici ben definite, alla ricerca di luce che possa illuminarne i contorni.

E’ questa la simbologia offerta da ombre provenienti da sagome inanimate (ombra del profilo del duomo di san Giorgio, simbolo della capitale della Contea) ma anche da quelle animate (un felino, simbolo della sinuosità ma anche della furbizia; due persone che si incontrano all’ombra di una palma, tristemente nota negli ultimi anni per i danni subiti da parassiti).

Il titolo, poi, di primo acchito sembra pure ambiguo e, probabilmente, vela il senso profondo del significato: Ombre (che sono) custodi, oppure Custodi (di) ombre? In fondo basta spostare l’enfasi su una parola piuttosto che un’altra e cambia tutto!

In tale ordine di cose: le Ombre (della Politica sono) Custodi (dei cittadini) oppure (i cittadini sono) Custodi (delle) Ombre (di una Politica che è sempre più adombrata e immersa in un infinito e onnipresente teatrino)? Questo è il problema!

Un’attuale questione è sapere qual è il ruolo svolto dalla Politica o dall’Antipolitica. Tanta attenzione ha avuto la parola “antipolitica” da far dimenticare che è la parola “politica” a darle un senso. Negli ultimi decenni si è avuto modo di assistere ad una crescente riduzione della dimensione etica e ideale della “politica”, intesa come servizio e ricerca dell’interesse generale, contrapposta da una sempre più prevalente pratica cinica, utilitaristica e clientelare della stessa. Ciò ha provocato un atteggiamento di sempre maggiore disinteresse dei cittadini verso la “politica”.

I tentativi di “ingegneria costituzionale e istituzionale”, sempre invocati e ipotizzati da decenni, non sembrano in grado di incidere significativamente. “La migliore delle costituzioni nulla può se gli uomini che la mettono in pratica sono corrotti o si corrompono o, comunque, non ne sono a misura”, afferma Zagrebelsky (“Imparare democrazia”, 2007). E’ di una “ingegneria culturale” che c’è bisogno. La politica, nel suo significato più autentico, è muoversi, pensare ed agire all’interno di un contesto di dialogo e libertà, nel rispetto di regole condivise e senza ricatti o condizionamenti. Certo, alla luce della realtà, ciò può sembrare utopistico e far sorridere.

E’ sulla base di tali istanze che si inseriscono le svariate tematiche affrontate nel libro e che fanno parte di un intrigante e particolare corpus definito “raccolta di fogli di battaglia di Terzo Occhio” dal 2006 al 2010. Ma chi è “Terzo Occhio”? Si tratta dell’Occhio dell’anima, che riesce a vedere dove non possono arrivare i primi due, le cui graffianti analisi sulla politica modicana sono ospitate, da alcuni anni, su “Dialogo” pubblicazione mensile la cui diffusione varca anche i confini del comprensorio della città di Modica. Sin dalle prime battute tale “anonima” figura si è contraddistinta per un linguaggio e temi di fondo spregiudicati, arrivando ad ipotizzare che “Il male è al potere”.

Il tutto ha inizio nel novembre del 2003. Oggetto delle sue cocenti riflessioni è la “micro realtà modicana” attentamente osservata da “quell'angolino di Piazza Monumento, a lato dei portici”, postazione strategica che le consente “con unico colpo d'occhio di guardare il prospetto del Municipio, ma anche l'ingresso principale; con a destra l'emozione del ricordo dei nostri caduti e a sinistra la protezione di San Giovanni Bosco”. Punti di passaggio obbligati da cui scrutare i consiglieri comunali che sarebbero, poi, stati seguiti in civico consesso dove un altro occhio attento, quello della “Giunta Ombra”, avrebbe osservato e tratto conclusioni dalla loro attività politico-consiliare. Di qui l’esigenza d’istituire una “Giunta Ombra” formata da cittadini che avessero avuto “esperienze politiche in partiti diversi, a volte distanti fra di loro” e, soprattutto, “abbastanza disillusi e resistenti”. E quale sarebbe stato il loro compito? Semplice: quello di assistere, in assoluto silenzio, con attenzione e nello spazio riservato al pubblico, alle sedute del Consiglio comunale. A tale iniziativa, rimasta però allo stato teorico, ne seguì un’altra avente per oggetto un “laboratorio culturale operativo” rappresentato da “Ombre” che, riunite in gruppo, “decidevano di ricorrere all’anonimato come criterio di autoformazione contro quel narcisismo dilagante che è la qualità prevalente” della locale classe politica “che antepone i problemi di immagine a quelli del governo della città”. L’azione di contrasto, tra l’agosto del 2006 e dicembre del 2010, è svolta attraverso la diffusione di aperiodici “fogli di battaglia” da cui emerge un articolato panorama di personaggi e “miserie” che, avverte il prefatore, “avremmo voluto dimenticare”.

Si tratta di “varie specie di fauna che popolano la giungla cittadina”, parassiti della politica, quali “i vorrei-ma-non-posso, gli utili idioti, i paraculi e i manovratori” e, non ultimi, “i voltagabbana” definiti come risorse umane della mediocrità politica.

I “fogli di battaglia”, raccolti nel libro, rappresentano non solo una pennellata esplorativa nel variegato mosaico del “teatrino della politica”, ma anche lo sforzo intellettuale teso a colpire con la penna, arma di punta e inchiostro, le fondamenta del cittadino “mediocre” per cercare di liberarlo da quella “pigrizia mentale che non gli fa vedere la qualità delle persone che costituiscono la dirigenza politica in generale” e “per riappropriarsi della memoria perduta che gli fa dimenticare la vergogna delle promesse da costoro non mantenute”.

Ma nella realtà quotidiana è proprio vero che “la virtù sta nel mezzo il mediocre nel fine”? “Ombre custodi” va al cuore della questione.

 

 

 

 

 

Nuovi biglietti da 5 euro

Ecco come riconoscerli

 

Stessi disegni e identici colori dominanti, stessi tagli, ma nuove caratteristiche di sicurezza per confermare l’euro come una delle banconote la cui falsificazione sembra essere sempre più difficile.

Questa la «carta d’identità» della prossima generazione di banconote denominata Europa, figura della mitologia greca da cui il vecchio Continente prende il nome. Bisogna aspettare fino al prossimo mese di maggio per potere avere fra le mani il nuovo taglio da cinque euro che sul retro riporta la cartina dell’Europa dove si trovano ora anche Malta e Cipro che all’epoca della prima serie non erano ancora entrate a far parte nell’Unione Europea.

Le cifre riportate avranno una colorazione brillante che, muovendo la banconota, produrrà l’effetto di una luce che si sposta in senso verticale, passando dal verde smeraldo al blu scuro.

Inizialmente, la prima serie avrà una circolazione congiunta con le nuove banconote per poi essere progressivamente ritirata dalla circolazione e, infine, dichiarata fuori corso.

Ma come riconoscere le banconote vere da quelle false?

Innanzi tutto, è necessario utilizzare il metodo “toccare, guardare, muovere”. Il biglietto, infatti, presenta speciali caratteristiche di sonorità e consistenza. La novità sta nel percepire una serie di trattini in rilievo sia sul margine destro sia su quello sinistro. Inoltre, guardando la banconota in controluce è possibile scorgere il filo di sicurezza che appare come una linea scura su cui è leggibile la cifra del valore in microscrittura bianca. La novità è il simbolo € che compare nel filo di sicurezza (mentre nei biglietti della prima serie è apposta la parola “EURO”).

Anche le caratteristiche della carta presentano delle peculiarità. Si è posta molta attenzione alla sua particolare consistenza in quanto le banconote circoleranno in tutti i Paesi dell’area euro e, pertanto, saranno soggette a non pochi stress climatici ed abitudini diverse.

 

Giuseppe Nativo

 

 

 

 

MAGGIO 2013

 

Pala d’altare donata alla chiesa di San Paolo di Ragusa

“Ai piedi della Croce”, la speranza che coinvolge l’animo

Mirabile opera pittorica del maestro Franco Cilia

 

La pittura è una sottile voce che vola sulle ali del cuore, raccoglie gli umori, gli stati d’animo tra gioie e sofferenze, scolpisce l’idea trasformandola in materia che l’artista modella in nuove epifanie dando loro forma e significato.

E’ quanto traspare dalla pala d’altare, donata alla chiesa di San Paolo a Ragusa, che ha per titolo “Ai piedi della Croce” (cm. 100 x 150, acrilico su tela). L’autore è Franco Cilia, maestro delle arti visive ma anche scultore d’immagini. La sua pittura esprime una forza d’animo che rende viva l’opera.

Nella rappresentazione scenica non ci sono più i soldati di Pilato a controllare, né gli uomini del Sinedrio a spiare. Non ci cono più le grida. Eppure sembra esserci ancora qualcuno. Lì, proprio lì ai piedi della Croce dove si erge il corpo senza vita dell’uomo-Cristo. Uno scorcio ardito e, al tempo stesso, di grande sensibilità.

Lo possiamo vedere, anzi, assaporare con gli occhi dell’anima. Dal basso verso l’alto. In primo piano una donna vista di spalle e con una folta chioma di capelli, appena sollevati e accarezzati dolcemente da un leggero alito di vento, che sembrano quasi uscire dalla tela, quasi potessimo toccarli. Cerca di avvicinarsi ai piedi della Croce ma non riesce nell’intento. E’ quasi accerchiata da una inusitata schiera di volti che sembrano parlare, osare, osservare da una prospettiva incerta (osano verso la donna o verso il Cristo?) e, nello stesso tempo, la figura femminile è bloccata da un drappello di sagome senza volto che si frappongono tra lei e la Croce. Noi spettatori, noi uomini, siamo ai piedi del crocifisso, come se fossimo lì, come se fossimo ancora ai piedi del Legno, sul Golgota, in un’agonia prolungata.

E’ questa la visuale che Cilia ricrea. Ci guardiamo attorno e tutto ci appare contratto, duro. Una luce colpisce l’uomo-Cristo in croce, ma illumina poco il fondo. Quasi non c’è colore sullo sfondo della tela. Di più: c’è l’assenza stessa del colore. Un colore di un cielo brumoso e coagulato su cui fanno capolino eteree e adombrate sagome che si innalzano “volitando” verso l’infinito.

Più oltre verrà l’ora della riflessione, della consolazione, della speranza, perfino. Ma adesso, adesso c’è solo il dolore che strazia il cuore. E’ il sentimento dell’animo di Cilia da cui traspare, in maniera delicata, il pensiero al figlio Gianluca e al suo viaggio verso un mondo altro dove il tempo e lo spazio non hanno confini e il velo della conoscenza è illuminato da un faro che non fa ombra.

Nella visione di Cilia tutto è simbolo, tutto rimanda ad altro, tutto è immagine di qualcosa di più, che va oltre la semplice percezione. E’ un flusso emozionale che coinvolge i cinque sensi. E’ un fluido magico che trasforma i tratti pittorici e luci e ombre e sfumature nella materia impalpabile della memoria immersa nell’attimo che sembra già passato e che, invece, è scolpito nel presente.

E’ in questo penetrante “mysterium” che “Stat Crux, dum volvitur orbis!”. Sì, “la Croce sta alta sul mondo che volge!”.

 

Giuseppe Nativo

 

 

 

GIUGNO 2013

 

Violenza sulle donne, quale cambiamento?

Intervista a Maria Moschetto, psicologo e psicoterapeuta

 

Donne oltraggiate e ferite nell’animo e nel fisico dai loro compagni. E’ una cronaca martellante, quotidiana, che gli organi di informazione sottopongono all’attenzione popolare. Si moltiplicano i flash di agenzia, talora con poche righe, sovrapponibili per le analogie eccetto, talvolta, per l’epilogo che produce un incontenibile sgomento ed indignazione.

Si impone prioritariamente non la necessità di una nuova legislazione o normativa in materia, bensì la costruzione di una nuova cultura relativa all’identità femminile e alla relazione di coppia. La violenza è già entrata mimetizzandosi nella quotidianità, all’interno delle famiglie, nel contesto scolastico dei giovani, in quello lavorativo, in quello comunitario e sociale.

L’abusante, in genere, non presenta caratteristiche esteriori allarmanti: può avere un aspetto curato, gradevole, sa essere gentile, premuroso, affabile. In buona sostanza “bravo e devoto marito e un papà speciale”. Difficile credere che possa commettere gesti violenti una così brava persona!

Eppure il sospetto che la vicenda sia costruita dalla vittima per raggiungere un vantaggio personale, sia economico o sia  relazionale, è forte e nemmeno celato.

Non sono poche le donne che decidono di procedere verso quelle tutele previste dalla legislazione vigente rivolgendosi alle forze dell’ordine. Non di rado, però, il timore li induce a recedere e tornare nell’ombra. Quest’ultima è una triste realtà che può prestare il fianco a quel senso di vergogna e di colpa della donna, che ha provato e prova, favorendo l’intima convinzione di aver provocato quello che le succede e di averlo addirittura anche meritato. Diffidenza e riprovazione sono le risposte che spesso le donne trovano quando si rivolgono a chi le dovrebbe soccorrere.

Ma che peso ha la pressione dell’ambiente sociale e familiare, specie nel meridione? Abbiamo girato la domanda a Maria Moschetto, psicologo e psicoterapeuta che opera nell’ambito della Sicilia sud-orientale.

«Ha un peso, purtroppo, decisivo. Esiste la convinzione che “i mariti si sopportano…” e che in fin dei conti “lui non ti fa mancare niente”, oppure “cosa penserà la gente…”. Rose Galante nella sua recente pubblicazione Perché non lo lascio? (Editore Antigone, Torino 2012) scrive “le donne che subiscono violenza spesso custodiscono il segreto di quello che succede fra le mura domestiche. Il silenzio rende le mura di casa una protezione per i violenti proprio grazie alla concezione inaccettabile della lealtà e del dovere di cui il nostro tessuto socioculturale è ancora impregnato”…».

…E la voce della gente?

«Altro fattore correlato è l’insidiosa progressione dell’informazione calunniosa e diffamante della “voce di popolo” che spesso presta il fianco al partner abusante il cui tema dominante è “una donna che lascia certamente ha un altro…”. Il rischio potenziale è l’isolamento e il confino, verso cui la donna viene assegnata, ben congegnati dal partner in una strategia di ostracismo sociale che è messo in atto in una dinamica che appartiene sempre e solo alla violenza».

…E l’autostima e il senso di identità delle donne?

«L’uomo sente di essere legittimato nell’esercitare violenza, rosicando, quotidianamente, l’autostima e il senso di identità della partner, instillandole insicurezza nel suo universo affettivo, rivendicando un pieno dominio su di essa dietro la facciata della riappacificazione. Le affermazioni più frequenti vanno da “senza di me sei nulla, non vali …” a “nessun uomo potrà mai amarti come ho fatto io…”. Da qui hanno origine gli orribili titoli della stampa, del tipo “l’ha uccisa perché la amava troppo” che non meritano ulteriori commenti.

Come intervenire allora efficacemente per abbassare queste terribili statistiche, paradossali per una società che si definisce civile ed evoluta?

«I decaloghi su quali comportamenti adottare, le mappe dei centri antiviolenza, le informazioni relative agli strumenti legislativi a disposizione sono, nell’epoca di internet e dell’overdose informativa, facilmente reperibili e rappresentano solo un aspetto, prettamente cognitivo, della complessa risposta alla violenza. A mio parere, il primo gradino del percorso di una donna che ha subito violenza è di ordine psicologico esistenziale: essa dovrà fortificarsi e ricostruire  la propria identità, spesso “ridotta a brandelli”, il proprio mondo interiore per fronteggiare il “dopo”. L’intervento preliminare propedeutico è di protezione psicologica finalizzato a restituire una nuova visione di sé».

Riconoscere la violenza del proprio compagno è il primo passo di un lungo e sofferto processo?

«E’ vero, si tratta di un processo che è necessario vivere con i suoi tempi e che contempla tanto il lutto per la perdita definitiva del progetto relazionale, quanto il superamento di forti resistenze, spesso radicate e cronicizzate negli anni, sostenute da vari e personali meccanismi difensivi quali la negazione, la depersonalizzazione , la razionalizzazione. Spesso le donne ondeggiano fra allontanamenti improvvisi, case rifugio, amici, parenti e altrettanti repentini “rientri” che, purtroppo, come documentato dalla letteratura, potenziano la violenza. Denunciarla si rivela un passaggio critico in quanto segna. C’è un “prima” e un “dopo”, sfibra, scuote e sottopone a una severa verifica gli universi simbolici di una donna».

Cosa implica oltrepassare la soglia di un commissariato, di una caserma, di un tribunale?

«Superare tale soglia implica accedere ad un sistema istituzionale di tutela e protezione per eccellenza in cui sono richiesti solidi fatti probatori e non sentimenti ed emozioni. Varcare tale soglia assume un valore simbolico di rilevante importanza che equivale al raccontarsi. Significa depositare un fardello carico di ferite nell’anima, di disintegrazioni emotive. Ne discende che la formazione degli operatori delle forze dell’ordine dovrebbe essere uno dei capisaldi degli interventi da promuovere e sostenere in ambito politico-sociale».

Il momento storico è maturo per poter operare concretamente affinché possa cessare quella che può definirsi cronaca delle “morti annunciate”?

«Il settanta per cento degli omicidi delle donne è preceduto da violenze da parte del partner. Il momento più pericoloso per la donna è rappresentato dalla decisione di separarsi e i sei mesi successivi ad essa. Purtroppo la donna abitualmente non percepisce il rischio reale, tende a sottovalutare o minimizzare il pericolo, si rifiuta di credere che possa essere ferita o uccisa, resta fedelmente in contatto con quell’immagine “buona e devota” del compagno. Ma per dirla con le parole di Robert Musil (1880-1942, scrittore e drammaturgo austriaco) “i teneri sentimenti della dedizione maschile sono simili al brontolio di un giaguaro che ha fra le zampe un pezzo di carne e non tollera di essere disturbato”. L’uomo violento non accetta alcun rifiuto da parte della propria compagna, pretende di esercitare su di essa il dominio totale».

Quando la donna si allontana è il momento critico e pericoloso?

«Purtroppo è così. E’ un momento particolare in quanto il partner metterà in atto varie strategie al fine di riportarla sotto il suo diretto controllo: chiederà perdono, farà le promesse di rapidi cambiamenti, di una nuova vita insieme o eserciterà altra violenza, il più delle volte psicologica, ricattatoria “per il bene dei figli” oppure “per l’unione familiare”. Spesso si innesca così quel “ciclo della violenza”, ben noto agli specialisti del settore, che viene spezzato solo quando la donna matura un progetto di “uscita” dalla relazione, si riappropria del significato di sé come persona che non merita di essere maltrattata o umiliata solo perché “ha fatto arrabbiare” il proprio compagno. Concludo con le parole della citata Rose Galante “stare vicino alla vittima di un abuso non è tanto una strategia o una tecnica ma piuttosto una posizione di vita di fronte all’ingiustizia inaccettabile della violenza e dell’abuso […]. La donna si convince così che non è sola ad affrontare l’abusante, c’è qualcuno che sta dalla sua parte […] si sentirà più forte e coraggiosa, [...] poiché, in fin dei conti sarà lei a salvare se stessa”».

 

Giuseppe Nativo

 

 

LUGLIO 2013

 

Stessi farmaci utili a uomini e donne?

 

Una compressa per il mal di testa, un diuretico per curare l’ipertensione (ovvero la tendenza ad avere un’elevata pressione arteriosa), un antistaminico per cercare di tenere a bada un’allergia e così via. Tali farmaci, peraltro comunissimi per il loro frequente uso, potrebbero rivelarsi pericolosi per le donne e in maniera maggiore rispetto agli uomini.

Ciò sembra emergere da una recente ricerca secondo cui, non di rado, si noterebbero non pochi disturbi collaterali in soggetti di sesso femminile.

Il motivo? La causa sarebbe da ricercare nel fatto che tutti i farmaci sono stati sperimentati per lo più nei maschi che biologicamente sono diversi dalle donne. E quando sono prescritti a soggetti di sesso femminile possono essere riscontrati effetti inaspettati e, talora, pericolosi per la salute.

Si parla, dunque, di discriminazione di genere nelle sperimentazioni e studi clinici volti a verificare, in campo medico-scientifico, efficacia e sicurezza di una cura. Ciò sembra derivare dai diversi effetti di un farmaco sull’organismo umano, specie in quello femminile. Le cause potrebbero essere molteplici, non ultime le fluttuazioni ormonali mensili che interferirebbero con i processi di assunzione delle medicine. Per non parlare del fatto che in caso di gravidanza numerosi sono i farmaci da evitare, per non esporre il feto ai danni di un determinato composto chimico.

Allora meglio l’uomo! Soprattutto quando un’azienda farmaceutica vuole mettere in commercio, in tempi rapidi, un prodotto e non spendere troppe risorse economiche nelle verifiche cliniche.

La situazione, però, sembra stia cambiando. Si fa avanti l’obiettivo di sperimentare i farmaci tenendo conto delle peculiarità del sesso femminile, quali il peso, la veicolazione del farmaco nell’organismo, i tessuti corporei differenti.

Relativamente alla farmacodinamica (lo studio degli effetti biochimici dei farmaci sull’organismo ed il loro meccanismo d’azione) esiste una diversità tra soggetti di sesso maschile rispetto a quelli di sesso femminile? Abbiamo girato la domanda al dottore Luca Guccione, titolare di una nota farmacia iblea. «Sull'argomento ancora vi sono pochi studi. C'è una base scientifica effettiva e sicuramente un'anima commerciale sull’argomento. Infatti molte aziende stanno presentando alcuni integratori differenziati per sesso. Ma a tal proposito sarebbe molto utile differenziare l’uso nei soggetti anziani che per volume plasmatico, metabolismo, etc. avrebbero da differenziarsi ancora di più, evidentemente interessa meno».

 

Giuseppe Nativo

 

SETTEMBRE 2013……………..

 

 

Patente, dal primo ottobre esami con i quiz aggiornati

Il sistema italiano si uniforma alle direttive dell’Unione europea

 

Introdotte, con decorrenza primo ottobre del 2013, alcune novità relative ai quiz per il conseguimento della patente A e B. Tutto ciò per uniformare il sistema italiano alla direttive europee.

Si tratta dell’aggiunta di altri test rimodulati secondo le moderne esigenze in campo normativo ed automobilistico. I nuovi quiz, con particolare riferimento al comportamento da tenere nei confronti dei pedoni e dei ciclisti che si incrociano durante la guida, sono suddivisi in venticinque capitoli, di cui quindici, rivolti alla sicurezza della circolazione stradale, sono considerati primari. Da questi quindici capitoli sono estratte due domande. I restanti dieci capitoli, definiti secondari, trattano tematiche più generiche. Da questi capitoli è invece estratto un solo quesito. Anche dopo il primo ottobre i quiz continueranno ad essere informatizzati. Il candidato ha a sua disposizione i classici trenta minuti entro cui deve rispondere ai quaranta quesiti nel classico modulo a risposta chiusa vero o falso. I quiz sono tradotti nei regimi linguistici tutelati dalla Costituzione e i candidati con difficoltà di lettura possono ascoltarli con apposita cuffia.

I nuovi questionari vertono su argomenti quali «la regolamentazione amministrativa e sanzionatoria dei conducenti e delle patenti, comportamenti ai passaggi a livello, uso delle luci e dispositivi di illuminazione, elementi strutturali del veicolo che incidono sulla sicurezza della circolazione (pneumatici, freni, organi di trasmissione), guida dei veicoli a due ruote e comportamento nei confronti dei conducenti di tali veicoli».

Per superare l’esame scritto e passare quindi alla prova orale il candidato ha un margine di quattro risposte sbagliate. A cinque errori l’esame è considerato come non superato e, quindi, è necessario rifarlo. Le domande sono uniformate per auto, moto, camion e autobus. Quest’anno ha subìto delle innovazioni anche la prova pratica, nel solco di quelle introdotte ad inizio anno. È divisa in tre fasi: la prima è tesa a valutare la conoscenza dei dispositivi dell’autoveicolo; segue una valutazione dell’abilità di guida negli spazi chiusi, come parcheggi ed inversioni a U; infine è valutata la capacità del candidato di guidare su strada, autostrada e nel traffico.

Con tale revisione è stato fatto un ulteriore passo avanti verso la prospettiva di stimolare una preparazione più approfondita dei futuri guidatori. Ciò al fine di raggiungere l’obiettivo rivolto ad una vera educazione alla guida responsabile e sicura. Altro obiettivo è certamente quello di rendere la preparazione degli allievi sempre meno mnemonica e certamente più consapevole.

 

Giuseppe Nativo

 

 

 

OTTOBRE 2013

 

 

Donazione sangue in estate

L’Avis iblea non è andata in vacanza

 

   L’estate negli iblei non è stata solo vacanziera, sebbene la congiuntura economica non sia delle più favorevoli, ma anche rivolta alla sensibilizzazione e soprattutto al senso civico. Ci si riferisce alla campagna di informazione fatta su più fronti dall’Avis iblea che attraverso la sua preziosa attività ha cercato, specie nei mesi estivi, di svolgere opera di promozione nell’ambito della donazione del sangue. A risentirne è la raccolta del sangue e degli emocomponenti, proprio in un periodo in cui aumenta il fabbisogno a causa dell’incremento degli incidenti stradali.

   L’Avis di Modica per sensibilizzare i donatori al rispetto delle previste scadenze di ciascuna donazione, anche in estate, ha affidato l’opera di divulgazione ad un video di animazione (posto in essere da Locostudio Communication). Il simpatico video, immesso su rete internet per raggiungere anche i giovani, che ha per titolo “Dona una goccia delle tue vacanze”, dura poco meno di due minuti e fornisce utili informazioni (tabelle orarie e indicazione delle giornate dedicate ai prelievi) che ricordano la possibilità di donare il sangue presso il nosocomio modicano.

   Il sangue umano è un tessuto allo stato liquido, dalla composizione complessa, che presiede a numerose attività biologiche importanti per la vita. Esso, infatti, fornisce le sostanze necessarie come nutrienti e ossigeno alle cellule corporee. E’ per tale motivo che le trasfusioni di sangue continuano a rappresentare una risorsa insostituibile nella cura di variegate malattie, ma soprattutto nei casi di emergenza in cui si verificano gravi emorragie (infortuni o incidenti stradali) o in caso di interventi chirurgici. Di qui l’importanza che assume l’atto di donare il sangue in maniera del tutto volontaria in maniera spontanea o concordata con le strutture preposte a tale compito e provviste di idonee apparecchiature.

   Anche l’Avis del capoluogo ibleo nella prima quindicina di agosto è stata presente a Marina di Ragusa, con l’autoemoteca. Si tratta di un mezzo completamente ammodernato, grazie ad un intervento puntuale di ristrutturazione, realizzato in ottemperanza alle recenti norme in materia. Il servizio è stato offerto a tutti i donatori periodici che, anche nella frazione costiera, hanno avuto la possibilità di effettuare le donazioni di sangue. “Andiamo incontro ai donatori. Agosto è un mese molto particolare - ricordano il dottor Giovanni Stracquadanio e l’infermiera Claudia Furnaro - e per l’Avis è importante restare operativi presenziando anche il luogo delle vacanze. L'iniziativa è anche l’occasione per sensibilizzare alla donazione del sangue ed ampliare la campagna di iscrizioni”. Un problema molto sentito, quello della donazione del sangue, in tutto il Paese ed in particolare nel territorio ibleo dove, sebbene il numero dei donatori sia in continuo incremento, non si riesce ancora a soddisfare la crescente richiesta di sangue.

   Ma quali sono stati risultati conseguiti nei mesi estivi nella raccolta del prezioso liquido umano? Esiste una differenza, in termini percentuali di raccolta di sangue, relativamente ai territori interessati? “Con l’autoemoteca dell’Avis, in sosta in piazza Duca degli Abruzzi, a Marina di Ragusa dal primo al diciassette di agosto – spiega Giovanni Dimartino, presidente Avis Ragusa - sono stati raccolti cinquantanove flaconi di sangue. In provincia Ragusa c’è stato un aumento di 1.032 dal primo gennaio ad oggi, con un incremento di 160 flaconi nei primi quindici giorni di Agosto, con un’eccellente città di Modica che aumenta di ben 64”.

   Come viene percepita dal cittadino la campagna promozionale messa in opera dall’Avis per sensibilizzare alla donazione del sangue? “I dati ad oggi danno in maniera chiara la positiva risposta dei nostri donatori. Mi permetto aggiungere che i dati da me esposti non sono sufficienti a soddisfare le richieste in questo particolare periodo dell’anno quando raggiungere il donatore è estremamente difficile. Una campagna di informazione e propaganda deve andare almeno fino a metà settembre”.

 

 

 

Risparmiare sulla benzina, attenzione a consumi e manutenzione dell’auto

 

I consumi di un auto rappresentano sicuramente una delle caratteristiche principali nella scelta del veicolo nuovo da acquistare. Non di rado però i dati relativi ai consumi auto creano confusione e, soprattutto, malcontento negli automobilisti poiché quanto stabilito nella carta di circolazione, o segnalato su

depliant e riviste specializzate, non corrisponde a realtà. E’ un problema non facile che si sta affrontando con l’emanazione di nuove norme europee in modo da rendere quasi reali i consumi dichiarati per l’omologazione con i consumi di carburante del veicolo posto su strada.

Ciò che è dichiarato da non poche case automobilistiche in termini di consumi medi non

corrisponde alle reali performance su strada in quanto le rilevazioni dei consumi auto sono effettuate su prototipi del veicolo, in condizioni meccaniche e ambientali ideali. Nella realtà non è così dal momento che i consumi reali su strada sono

stimati di almeno il trenta per cento in più, da quelli dichiarati dai costruttori. Queste differenze di consumo scaturiscono dal metodo di misura. Poiché l’omologazione (che attesta i consumi) viene effettuata anche al banco secondo particolari cicli,

quindi è virtuale, per cui difficilmente ripetibile

nel percorso stradale. Diversi sono i parametri che non vengono presi in considerazione in fase di test per i consumi, quali ad esempio: l’uso del climatizzatore che aumenta il consumo del carburante; la possibilità che ci siano altri passeggeri oltre al guidatore (considerato che un ulteriore peso di 100 kg corrisponde ad un aumento dei consumi di 1 litro per 100 km).

Per non peggiorare i consumi di carburante del veicolo è indispensabile che determinati elementi (ad esempio gli pneumatici, filtro aria e catalizzatore) abbiano appropriate caratteristiche. Ad esempio, la giusta pressione degli pneumatici facilita il rotolamento sull’asfalto degli stessi. E’ bene, pertanto, controllare periodicamente la pressione delle ruote. Inoltre, il filtro dell’aria sporco diminuisce la quantità d’aria aspirata nei cilindri dal

propulsore modificando il rapporto aria – carburante

e di conseguenza la combustione risulta più “grassa”, cioè più benzina o gasolio rispetto al citato rapporto.

Risparmiare sul carburante per gli automobilisti è, dunque, una priorità non solo da un punto di vista economico ma anche per cercare di ridurre le emissioni di anidride carbonica. Qualcosa si sta muovendo a livello di istituzioni europee al fine di adottare nuove regole che tengano conto anche del risparmio energetico.

 

Giuseppe Nativo

 

 

 

NOVEMBRE 2013

 

LUDOPATIA, MALATTIA DEL NOSTRO TEMPO

UNA CONFERENZA PER FARE IL PUNTO SULLA PROBLEMATICA

 

   Anche il territorio ibleo sembra essere toccato sempre di più dal pesante aumento delle patologie legate alla pratica compulsiva del gioco d’azzardo. Per questo motivo, avuto riguardo al numero crescente di famiglie che rischiano di sfaldarsi proprio per la presenza, al proprio interno, di soggetti patologici (il marito, la moglie ma, sempre più frequentemente, anche i figli), l’Ufficio diocesano per la Pastorale della salute ha avviato da tempo, con il pieno sostegno della Diocesi di Ragusa, un percorso volto a sensibilizzare non solo le parrocchie ma anche tutti i cittadini affinché gli stessi possano essere informati sulle gravi conseguenze che tali problematiche determinano. E’ sulla base di tali istanze che a ottobre si è tenuto a Ragusa, presso la sala conferenze dell’Ordine dei medici, l’incontro formativo avente per tema: “Ludopatia, malattia del nostro tempo – Parliamone insieme”.

   L’incontro si è reso possibile grazie anche alla collaborazione dell’Ordine dei medici di Ragusa, della Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale), della Simg (Società italiana di medicina generale) e dell’Asp. Dopo i saluti delle autorità, l’introduzione alla tematica è stata affidata a Santi Benincasa, componente della consulta dell’Ufficio pastorale della salute, medico di medicina generale, rappresentante dell’Istituto superiore per le Scienze cognitive di Enna. A seguire il saluto dell’amministrazione comunale, attraverso l’assessore ai Servizi sociali Flavio Brafa che ha sottolineato come la Pastorale della Salute “svolge un’azione meritoria attraverso questi incontri che mirano alla sensibilizzazione su una tematica di cui purtroppo ancora si parla davvero troppo poco”. “La ludopatia – ha poi continuato Aldo Billone, vice presidente dell’Ordine dei medici – sta mettendo a rischio la salute intesa a 360 gradi. Sempre più spesso avvistiamo dentro i tabaccai persino schiere di casalinghe che giocano in maniera compulsiva nel tentativo di risollevare la famiglia dalla crisi economica. La diffusione del messaggio e l’azione di prevenzione rappresentano il primo passo per la risoluzione di questo nuovo tipo di dipendenza”.

   A relazionare su “Il fenomeno ludopatia in provincia di Ragusa – Nuovi approcci terapeutici rivolti alla prevenzione” è stato Giuseppe Mustile, responsabile del Sert (Servizio tossicodipendenze) di Vittoria. “Dal 2003 il Sert parla di questo problema – ha aggiunto Mustile– attraverso la costituzione di un apposito Osservatorio in provincia di Ragusa. Molti i rappresentanti istituzionali che stanno tentando di riordinare le idee poiché sul tema del gioco non esiste una vera e propria normativa. Le istituzioni sia legislative che sanitarie, fino ad oggi, non hanno fatto altro che seguire una prassi consolidata. Adesso si sta cercando di compiere dei passi avanti, il tentativo è quello di mettere insieme numerose realtà che si muovano sincronicamente per riuscire a fare passare il messaggio, fondamentalmente unitario, che il gioco può diventare una dipendenza”.

   Dopo il confronto e la discussione, le conclusioni sono state curate da Rosa Giaquinta, componente della consulta della Pastorale della salute, responsabile scientifico, medico di medicina generale e componente della Simg. Giaquinta ha posto l’accento sul fatto di “mettere in risalto questa problematica che sta assumendo proporzioni sempre più preoccupanti non solo a livello sanitario ma ovviamente anche sociale. Un fenomeno in crescendo, in particolar modo per i giochi che si svolgono al chiuso oppure attraverso Internet. Importante quindi informare la classe medica e promuovere il coinvolgimento di altre figure istituzionali. Il medico di famiglia, se agisce da solo, non può certamente aiutare i pazienti o i familiari che a lui si rivolgono per un consulto. Molto spesso il ludopatico non si rende conto della dipendenza e, quando intuisce di soffrire di questa patologia, tende a nascondersi per paura del biasimo e della condanna da parte della società. Attraverso un lavoro di equipe sul territorio si potrà fare invece capire che non si tratta di un fatto da riprovare moralmente ma è qualcosa da cui si può guarire”.

   A moderare i lavori don Giorgio Occhipinti, direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale della salute, e Maria Concetta Noto, vice direttore dello stesso ufficio.

   Nel corso del simposio è stata presentata la nuova locandina sul gioco d'azzardo, nonché sui rischi che si corrono con la pratica compulsiva dello stesso, realizzata dall’Ufficio diocesano per la Pastorale della salute e dall'Asp 7 con la collaborazione delle istituzioni. “Per questo motivo, da oltre un anno, la Pastorale della salute – ha spiegato don Giorgio Occhipinti– si sta concretamente interessando della problematica, avviando un processo di collaborazione istituzionale”. La locandina è destinata ad essere distribuita in varie strutture pubbliche (ospedali, studi medici, scuole, ricevitorie, sale da gioco, ecc.). Una lodevole iniziativa che si inserisce nel fitto calendario di eventi in cui rientrano anche incontri con gli esercenti e le scuole del territorio.

 

 

 

Charles de Foucauld instancabile lavoratore nella vigna del Signore

 

Le “Piccole sorelle di Gesù”, comunità di religiose in Vittoria, congiuntamente alla “Fraternità Charles de Foucauld”, associazione femminile di fedeli con impegno di celibato, di Ragusa, ricordano con gioia il tredici novembre di otto anni fa. Data in cui un nuovo fratello è stato acquisito nella gloria dei cieli dove il suo nome è trascritto in modo indelebile.

Si tratta di Charles de Foucauld che all’età di 58 anni, il primo dicembre del 1916, termina il suo viaggio pastorale terreno vissuto tra le sabbie di Tamanrasset, oasi del Sahara algerino, per iniziare un cammino che lo porterà agli onori degli altari con papa Benedetto XVI.

Sedotto da Gesù di Nazaret e configurato al Signore fino alla morte assaporando l’esperienza della tenerezza di Dio. E’ questa in estrema sintesi il sofferto percorso intrapreso dall’eremita francese che per la gente del deserto è “il marabut cristiano”. Innamorato del Sahara, orfano e dopo un periodo giovanile dedicato ad una vita disordinata e dissoluta, desidera ardentemente diventare l’amico ed il fratello dei nomadi del deserto, degli uomini blu, i Tuareg. Ordinato sacerdote nel 1901, impara presto la loro lingua e cerca di penetrare nella loro cultura allo scopo di “gridare il Vangelo” per amare ancora di più quella gente. La spiritualità di quest’uomo non è una spiritualità di evasione, è invece l’itinerario di uno spirito che cerca di staccarsi dalla storia, in quei tempi (ma forse lo è ancora oggi?) agitata e lacerata da tutte quelle inquietudini provocate da tante ingiustizie. Non è l’assillo di convertire quel popolo che lo affligge ma quello di “pregare, lavorare e aspettare”, è l’ispirazione profonda di tutto quello che gli uomini compiono nelle più umili occupazioni giornaliere. “Desidera di andare sino in fondo nell’amore e nel dono, e di tirare tutte le conseguenze”, così scrive di lui padre Huvelin, il sacerdote che l’ha fatto accostare per la prima volta all’Eucaristia, quando, nel 1901, Charles de Foucauld decide di “assaporare” la sabbia del Sahara. “La mia vocazione”, afferma di se stesso l’eremita-prete, “è di imitare in modo più perfetto possibile Nostro Signore nella sua vita nascosta a Nazaret”, aggiungendo, con fermo convincimento, “…sarò in mezzo a difficoltà di ogni genere, portando la croce di Gesù e condividendo la sua povertà”. Il giorno della sua dipartita, nel testo della lettera inviata alla cugina Maria de Bondy, egli riprende la frase a cui spesso si rifà Giovanni della Croce: “Nel momento del più completo annientamento il Signore Gesù ha salvato il mondo”. Tale messaggio, sebbene intriso di mesta tristezza, esplode dirompente nel suo più alto significato in cui traspare l’alta sensibilità spirituale di Charles scrivendo: “Quando il chicco di grano che cade in terra non muore, rimane solo; se muore, porta molti frutti… Io non sono morto, per questo sono solo… Pregate per la mia conversione affinché, morendo, porti frutto” (lettera del 15.12.1904). Quando prematuramente e tragicamente raggiunge la Casa del Padre, nel dicembre del 1916, in Europa infuria la guerra. Anche tra le dorate sabbie del deserto le potenze coloniali aprono le loro macabre danze belliche. Sulle dune del Sahara tanto sangue innocente è versato. Si aggiunge anche quello di Charles de Foucauld che, come un chicco di grano nel cuore del deserto, riesce a far germogliare e fiorire una grande famiglia spirituale dai tanti rami ancora oggi espressione dell’ “amore a Gesù e della scelta preferenziale dei poveri”.

La diffusione dei suoi scritti e la fama circa la radicalità evangelica della sua vita hanno fatto sì che nascessero, nel corso degli anni, non poche famiglie di laici, preti, religiosi e religiose che vivono il Vangelo nel mondo seguendo le sue intuizioni (tra le maggiori, le fraternità dei Piccole fratelli e delle Piccole sorelle di Gesù).

Non tarda molto il riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa che riconosce le sue virtù a quasi novanta anni dal termine del suo pellegrinaggio terreno. E’ un nuovo fratello celeste a cui è necessario rivolgere lo sguardo dell’anima come esempio di umiltà. Lo studio della santità vissuta porta alla scoperta delle manifestazioni umane più alte e perciò degne di attenzione. Tale studio mette in evidenza un unico principio di perfezione, cioè la grazia che può essere a tutti comune. Infatti tutti siamo chiamati da Dio alla salvezza. Per essere Santi, dice S. Paolo, è necessario “essere conformi all’immagine del Figlio suo” (Rom. 8, 29). Vengono in mente le parole di Paolo VI quando, all’udienza generale del 16 marzo 1966, pone questa riflessione: “…voi domanderete che cosa è questa santità? Figliuoli carissimi, la risposta è piuttosto difficile ma voi forse la capite subito. Occorrono due cose per fare la santità: la grazia di Dio e la buona volontà. Avete voi queste due cose? Sì? Allora siete santi!”.

 

Giuseppe Nativo

 

DICEMBRE 2013

 

Mostra fotografica a Pozzallo

La nuova Manciuria, la Cina a Nord – Est

Attraverso l’occhio digitale di Francesco Lucania

 

   Viaggiare è rompere gli schemi della propria vita quotidiana, mantenendo un continuo sottile dialogo con la propria anima. Ma è anche un dialogare con se stessi cercando pure di rapportarsi con gli altri e, soprattutto, con i luoghi che si va a visitare. Ciò è dettato talora da un’esigenza, ovvero quella di fermarsi, di scrutare nella propria vita, di entrare in altre forme di pensiero, di mentalità, cercando di penetrare negli occhi, nei volti di persone tanto lontane, per poi scoprire che sono tanto vicine.

   Il viaggio inizia quando il pensiero di ciò che è stato pianificato prende forma, si tramuta in progetto, in ricerca e approfondimento. E’ l’atto finale, il concretizzarsi dell’idea, del pensiero, che si tramuta in realtà.

   E’ ciò che ha spinto Francesco Lucania, classe 1952, siciliano di nascita ma residente nel capoluogo piemontese, cultore eclettico di tutto ciò che va oltre la mentalità e gli schemi occidentali, a viaggiare. La finalità del viaggio, diviene così punto di partenza, e nello stesso tempo punto d’arrivo.

   Tutto ciò è sintetizzato nei molteplici click fotografici che rappresentano un corposo reportage svolto da Lucania e che lui stesso ha intitolato “La Nuova Manciuria: La Cina a Nord-Est” e da cui emerge una Cina molto diversa, lontana dagli stereotipi che i media occidentali prospettano; una regione poco conosciuta, ricordata soprattutto per il suo passato, ma turisticamente poco frequentata dagli europei. Si tratta di un lungo viaggio durato circa un mese nel corso del quale ha scattato centinaia di foto che hanno immortalato Harbin, Changchun, Shenyang, Dandong, Dalian.

Il 30 agosto 2012 con il volo per Pechino (Beijing), inizia il viaggio in Oriente ai confini della Russia. La prima tappa è la città di Harbin a sud della Siberia, famosa per le sue sculture di ghiaccio. Le foto sono molto esplicite: la cattedrale di Santa Sofia, chiaro riferimento all’architettura russa, con le sue cupole richiamo evidente della Chiesa di San Basilio nella piazza Rossa di Mosca; nella stessa città è possibile ammirare il Tempio di Confucio, dalle facciate variopinte. La città di Harbin è tristemente nota in quanto alle sue porte i giapponesi crearono il loro primo campo di sterminio con esperimenti batteriologici, su esseri umani vivi, studi sul dolore su donne e bambini.

   Segue Changchun capitale della Manciuria che, dal 1932 al 1945, fu uno stato soggiogato dal Giappone. In molti edifici si può ancora notare l’influenza dell’architettura giapponese, classico esempio è il palazzo imperiale.

   Un ampio numero di foto sono state scattate a Shenyang, gemellata con Torino dal 1985, città che ammalia non poco attraverso i suoi particolari draghi variopinti. Diversi i luoghi di culto messi in risalto da Francesco Lucania: la pagoda delle ceneri di Buddha, meglio conosciuta come “la Pagoda del Nord”, e il Mausoleo della dinastia Qing, che sostituì la dinastia Ming e rimase al potere fino al 1912. Shenyang dista da Dandong 225 chilometri. Quest’ultima è una città al confine con la Corea del Nord, considerata l’Hong Kong del Nord-Est, osservando il ponte sul fiume Yalu, lo sguardo si perde all’infinito.

   Particolari suggestioni suscitano i dodici scatti che, su pellicola in bianco e nero, regalano ancora più fascino a una Cina al confine, mostrando tra l’altro uno scorcio della grande muraglia, una statua di Mao e quella di un guerriero testimoni di storia antica e moderna. Il fotografo Francesco Lucania non dimentica di mostrare la trasformazione delle antiche città, circondate oggi da grattacieli sfavillanti e costruzioni moderne come ad Harbin e Changchun.

   Queste immagini, raccolte con tanta passione da Lucania, sono solo una parte della testimonianza storica di una Manciura che sta cambiando e della quale non si sa molto. Tale corpus fotografico, recentemente oggetto di esposizione proprio a Torino dove risiede Francesco Lucania, che adesso approda a Pozzallo grazie alla sensibilità di Rossella Smarrocchio (Assessore alla Cultura), offre l’opportunità di spostarsi, anche se virtualmente, fra le strade della Manciuria attraverso lo sguardo di un occhio attento e sensibile, al quale non sfuggono i particolari decorativi di una fenice, quelli di dragone, di un leone, o quello di un viso imbellettato di un attore in costume che tramanda la sua antica tradizione in un parco della città di Dalian.

   Nel viaggio l’artista era solo e, nel contempo, in compagnia virtuale attraverso un fitto scambio di e-mail con i suoi amici più cari regalando loro un sogno. Un sogno ad occhi aperti. Le distanze erano annullate e “si riesce a dialogare da qualsiasi punto della terra”, scrive il nostro viaggiatore nel corso del suo secondo giorno alla scoperta di Changchun.

   Da questo reportage fotografico emerge una Cina molto diversa, lontana dagli stereotipi che i media occidentali prospettano. Una regione poco conosciuta, ricordata soprattutto per il suo passato, ma turisticamente poco frequentata dagli europei. Il diario fotografico proposto da Francesco Lucania, rimasto aperto per tutto il mese di novembre presso lo Spazio Cultura Meno Assenza, la cui serata inaugurale è stata affidata ai critici Cristina Fanelli e Diego Guadagnino, pone dinanzi all’animo di ciascuno appunti visivi, tracce di ricordi da custodire, memoria da trasmettere di culture e territori lontani, di etnie e popolazioni diverse ma vicine, nelle passioni, nei sentimenti e nella ricerca della bellezza.

   Perché la bellezza è un’aspirazione ineffabile, che valica qualsiasi confine geografico tracciato dal cuore pulsante dell’uomo.

 

 

 

 

I rimedi della nonna: il brodo di gallina contro la febbre la tosse e il raffreddore

 

Il freddo e le prime piogge cominciano ad arrivare, ma anche i primi malesseri dovuti alla stagione. Il freddo è in agguato e, soprattutto, raffreddore e tosse vanno a braccetto. A farne le spese sono i bambini, le persone debilitate, le donne in dolce attesa, ma anche gli anziani o più semplicemente le persone adulte che temono fortemente l’influenza e sue conseguenze.

Tale stato di cose andrebbe affrontato più che con i farmaci con rimedi dei tempi passati, ovvero con un salutare brodo di gallina.

L'antico rimedio della nonna torna oggi di moda in quanto la zuppa di gallina ha una marcia in più rispetto al brodo di carne e alle tisane con composti di erbe. Il brodo, infatti, ha la caratteristica di essere un buon antinfiammatorio, di favorire la fluidificazione del muco, del catarro e quindi di alleviare i sintomi del raffreddore. Recenti studi sulle proprietà antinfiammatorie della carne bianca del gallina ne hanno confermato i risultati positivi.

Ma i punti di forza sono anche altri. Le proteine del gallina e gli antiossidanti delle verdure contenute nella zuppa (di solito porri, sedano, cipolle, carote, patate, broccoli, fagioli, piselli, prezzemolo e così via) aiutano le difese immunitarie dell’organismo. Alcuni, addirittura, per migliorarne ulteriormente le proprietà del brodo consigliano di aggiungere aglio e peperoncino in modo da potenziare il potere disinfettante, ma per sopportare una correzione simile bisogna anche avere lo stomaco adatto. Sta il fatto che una buona tazza di brodo di gallina, essendo un alimento liquido, facilmente digeribile e caldo ha anche un’ottima influenza psicofisica: quando fuori fa freddo è paragonabile ad una piacevole coccola, da sorbire lentamente, magari con una coperta che riscalda le gambe. Insomma una grande consolazione per chi è ammalato o convalescente. Per aumentare il potere nutritivo basta aggiungere alla zuppa parmigiano grattugiato.

C’è da aggiungere che, grazie alla notevole quantità e ricchezza di proteine che contiene, la carne del gallina è utilissima al metabolismo dei muscoli. Il petto contiene una quantità di ferro che si avvicina a quella della carne rossa, ma con minore presenza di grassi. Pertanto, riduce la quantità di calorie che si assimilano.

 

Giuseppe Nativo