Sascia Coron, Kantieri oggi e domani - Kant che ti spass e dopo tutto è Hegeual, pp. 70, Modica 2005, ISBN 978-88-89211-19-9

 

Mi presento

Questo scemo del villaggio (globale) che scrive, si copre con la sindone fantasmatica di uno pseudonimo che lo rappresenta più di quanto non lo celi.   Esso, oltre ad essere un anagramma del suo vero nome, aggiunge al diminutivo russo “Sascia” una “Coron”, nobile per giudicare o dentale per mordere, a scelta.

Nonostante le apparenze, l’uno e l’altra sono due parole greche. Sascia è diminutivo di Alessio, derivante da aléxein che vuol dire difendere. Sascia non rappresenta la modestia, strumento artificioso del subdolo per nascondere le più ferali nefandezze, ma l’umiltà del riconoscimento dei propri limiti. “Colui che difende”, o è piccolino lui, oppure difende solo un po’, per quel che può.

Ma cosa intende difendere questo piccolo Alessio, con le sue poche forze?

Veramente una corona? La sua? Non sembra proprio. Ma, ancora al lettore la scelta.

Coron è l’accusativo di ben quattro parole distinte, non di una con quattro significati, e rappresenta quindi l’ambiguità o, se si preferisce, la molteplicità delle facce con cui si presenta la  realtà a chi la guardi e la pluralità dei punti di vista dell’osservatore che le giri intorno.

Vediamo in due parole i significati delle quattro:

I - córos, 1a. sazietà, 1b. stucchevolezza, nausea, fastidio, 2. sovrabbondanza, tracotanza, superbia;

II - córos, fanciullo, giovane e specificamente, a. giovane eroe, b. figlio;

III - córos, come termine di derivazione ebraica, misura di sei medimni attici, pari a 315 chili, essendo il medimno la misura principale degli aridi, e quello attico avendo il valore di 52,5  chili, probabilmente il carico di grano  che un uomo è capace di portare;

IV - córos, purità, purezza.

Questo, se córos  ha la  dura,  ma con la  chi  (c aspirata), la parola indica il coro e cioè: 1. la danza corale, 2. il luogo in cui si danza, 3. la schiera dei danzatori  e,figurativamente, 4. la moltitudine.

Non si può negare che mi sia dato un certo qual da fare per trovarmi un nome d’arte la cui prima metà raffigurasse il mio vissuto e la seconda potesse simboleggiare il mio immaginario.

La volgarità del  primo si manifesta anche in  alcuni termini volgari del secondo. Me ne scuso, ma la mia fantasia non può fare a meno di registrarli e servirsene quando lo ritenga indispensabile per  penetrare  una realtà ancora  più volgare e, restarne fuori. Sascia Coron

 

 

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