Home Carmelo Modica

 2004

 

Gennaio 2004

I  “caporali” di Piazza San Giovanni degli anni cinquanta hanno tolto la coppola dalla testa ma l’hanno mantenuta dentro la testa

Siamo irrecuperabili… siamo felici della chiusura del Mc Donald’s.

Togliatti in camicia nera

 

Febbraio 2004

Tra dicembre e gennaio scorsi Domenico Pisana e Giovani Di Rosa…

Putiemu cògghiri i stigghi

I professionisti della bellezza

Tutte le vie portano al fascismo

 

Marzo 2004

L’uovo di colombo: “Bahia” il nuovo modello organizzativo, l’efficienza caotica

Vediamoci al “circolo dei bocconisti”: potremo parlare di Mc Donald’s

Una precisazione sulla polemica Pisana Di Rosa

 

Aprile 2004 

A quattrocchi con il Professor Pisana: creiamo una “griglia” per distinguere i progetti dalle panzane.

A cinque… occhi con Terzocchio

 

Maggio 2004

Il turismo

I comunisti dalle guance rosse

 

Giugno 2004 

Grande fratello e persone vere, ma una sola cosa necessaria: Modica ha bisogno di essere governata anche con soluzioni eretiche

Un Torchi due con un recupero di autenticità.

…per la definizione di un DNA comunista.

Esaminiamo la “scatola nera” del comunista.

 

Ottobre 2004

Modica e Ragusa La casa delle libertà si presenta: “Il potere si serve del popolo come il sedere si serve del rotolo.”

Del governo dei migliori e del nostro passaggio dall’alleanza alla non opposizione.

Ne siamo certi: non è mafia! Ma non si può smentire che gli somigli moltissimo.

Storici e sedicenti storici: un esempio

Lettera aperta a Padre Sortino

 
Novembre 2004
La normalità elogiata della Giunta dei migliori

Lettera aperta ai consiglieri comunali di Modica

Spesso, molto spesso, accade che si accendono risse dialettiche furibonde mentre qualcuno da una persiana socchiusa osserva, sorride ed aspetta.

Terzo occhio ci chiama, noi rispondiamo…Torchiando

 

Dicembre 2004

Le dimissioni di Militello, la sua rielezione e di come si gioca a governare a Modica tra farsa e sceneggiata.

Dei consiglieri telecomandati

Un problema piccolo piccolo che manifesta una mediocrità di direzione politica e giurisdizionale grande grande

 

 

2004

 

 

Gennaio 2004

Carta Bianca

Finestra sul consiglio comunale di Modica e ...dintorni.

Rubrica mensile a cura di Carmelo Modica

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

I  “caporali” di Piazza San Giovanni degli anni cinquanta hanno tolto la coppola dalla testa ma l’hanno mantenuta dentro la testa

 

Importante l’argomento che l’Assessore Frasca affronta in un articolo apparso sul Giornale di Sicilia del 10 dicembre scorso.

Andando senza fronzoli alla sostanza delle cose, possiamo dire che è in atto un tentativo di stabilizzare i precari LSU, impegnati negli enti locali, da parte di forze politiche che, ostentando il piagnucoloso (ma serio) problema della disoccupazione, nascondono indicibili obiettivi e truffaldine visioni del mondo.

Noi vogliamo andare oltre le pur condivisibili posizioni dell’Assessore perché l’argomento si presta a riflessioni di grandissima rilevanza.

Ogni presa di posizione deve essere sempre inquadrata in un contesto generale; solo così può essere valutata in maniera organica e solo così è possibile individuare e definire la visione politica che l’ha generata.

Il risultato di questa contestualizzazione è veramente deprimente. Dire che è un dovere fare uscire dal precariato i lavoratori LSU impegnato negli enti locali consente di esprimere chiari giudizi di valore:

1. è un pianto di coccodrillo sostenere la necessità di stabilizzare il precariato quando le stesse forze politiche stanno organizzando un sistema generale del lavoro in cui il precariato sta divenendo la nuova arma di sfruttamento dei nuovi e più sofisticati, e a volte anonimi, padroni;

2. curare i precari LSU impiegati presso gli enti locali, fregandosene degli altri LSU utilizzati altrove, manifesta un singolare modo di intendere la giustizia che a nostro avviso è del tipo con radici autoritarie, da inizi della rivoluzione industriale di tipo ottocentesco;

3. un altro importante quesito che si  pone è se è accettabile una loro stabilizzazione rispetto ai disoccupati a tempo pieno;

4. Infine… a quali criteri manageriali e di efficienza e di economicità risponde lo stabilizzare i precari senza dimostrare che avverrà un incremento di efficienza dell’Ente locale?  specie se si tiene conto che, di contro, si conduce una politica in cui all’esecuzione diretta dei servizi comunali con personale proprio si preferisce la esecuzione indiretta attraverso ditte private (che richiede un organico più snello). Come si può pensare che l’organico di un comune diviene una variabile indipendente rispetto ai principi di economicità ed efficienza?

***

Noi riteniamo che la stabilizzazione dei LSU, così come viene proposta, è un’operazione elettorale, autoritaria, antidemocratica, un’offesa  ai disoccupati stabili e senza speranza ed una violazione ai principi di economicità.

Ma la tristezza, cari lettori, è constatare che la responsabilità di tutto questo si estende da Fini (berretto vuoto) a Fassino (pantera rosa… sempre più rosa), tanto è vero che anche chi si oppone non usa gli argomenti della giustizia ma delle difficoltà di bilancio degli enti locali, anche chi si oppone non vede nel provvedimento un sistema per saltare i residui delle norme di collocamento ed un modo per dare il giusto compenso a chi per tanto tempo ha fatto da galoppino di partito.

I  “caporali” di Piazza San Giovanni degli anni cinquanta hanno tolto la coppola dalla testa ma l’hanno mantenuta dentro la testa

 

 

Siamo irrecuperabili… siamo felici della chiusura del Mc Donald’s.

 

L’intervento del Signor Sergio Alfano, con una lettera al nostro direttore, ci chiama indirettamente in causa perché noi siamo stati fra coloro che hanno gioito per la chiusura del Mc Donald’s.

E’ sufficiente fare riferimento alle prime lezioni di economia politica per apprendere che il libero mercato senza limiti, del quale  l’Alfano, coerentemente, in tutta la sua lettera fa espresso compiacimento è basato sul principio della concorrenza libera.

Dalla concorrenza scaturisce il prezzo più equo ed un miglioramento della qualità. E’ noto pure che nell’economia libera di mercato esiste una tendenza al monopolio attraversando l’oligopolio; tendenza che può essere contrastata solo con l’intervento dello Stato il cui modo classifica anche le diverse politiche economiche ed i diversi modelli di Stato..

In questo quadro chi entra nel mercato se vuole vincere con una sua iniziativa ha un imperativo categorico togliere fatturato a chi è già nel mercato; in parole più crude ha l’obbiettivo di impoverire altri per arricchire se stesso.

Ecco perché a differenza di Alfano noi non ostentiamo la crime per la chiusura del Mc Donald’s, perché qualcuno dovrebbe dimostrarci che il Mc Donald’s non è entrato nel mercato con l’intenzione di far mutare le abitudine dei modicani che avrebbero provocato o la chiusura dei produttori di focacce o un loro impoverimento, a meno che il Mc Donald’s non aveva programmato la dilatazione dello stomaco e/o l’incremento del nostro portafogli.

Ci chiediamo quali lacrime avrebbero versato, i dispiaciuti della chiusura del Mc Donald’s, se, radicalizzando per motivi di comprensione il ragionamento, un trionfo del Mc Donald’s avesse provocato una lenta chiusura delle nostre tipiche “botteghe delle focacce e delle arancine”.

Qualcuno si sarebbe accorto di questa costante  e lenta “sfornata” di disoccupati?

Ed ancora, qualcuno ha mai realizzato uno studio su quante imprese familiari hanno chiuso per effetto del polo commerciale?.

Tra l’altro l’Alfano interviene in un settore che non sollecita nuovi servizi e nuovi bisogni. Infatti, specie in periodi di crisi come quello attuale, chi si compra una focaccia  non compra il panino, diciamo che il bacino della nostra area ha un budget per questo genere di consumi: difficilmente può subire ampliamenti ma solo diverse redistribuzioni di fatturato con migrazioni di povertà e non ampliamento di consumi.

Ci sembra un pò avventato pensare che più bar su Corso Umberto significano più occupazione; chi prende un caffè ogni mattina non ne prende due perché sono raddoppiati i bar. Più bar significa solo la spartizione della torta in più parti (impoverimento generalizzato).

Dobbiamo preparare i fazzoletti per quel bar che dovrà chiudere lasciando due o tre disoccupati? Oppure il fazzoletto deve essere usato con un minimo di dieci disoccupati in una sola volta?

Stiamo operando delle forzature? Per rendersi conto che non è così, basta osservare un qualsiasi progetto di impresa ed allora si  rileverà come l’analisi delle ditte che costituiscono la futura concorrenza è oggetto di una spietata analisi con il solo scopo di fregargli il fatturato.

In una visione mercantile lo scenario è quello che esistono delle monete di carta disponibili che sciamano nell’aria ed aspirano a trasformarsi in scontrini fiscali in cambio di una merce o di un servizio. Per catturare questo sciame tutti i metodi sono buoni anche quelli più vigliacchi e spregiudicati: si studiano i flussi, le provenienze, ci si oppone ai sensi unici per non favorire i concorrenti, ci si posiziona a monte per togliere acqua.

Questi sciami in linea di massima si muovono, come le api. Alcune volte, con buone politiche economiche, si riesce ad attrarre qualche sciame delle aree vicine  nella nostra area facendo la felicità dei nostri commercianti, alla quale, piaccia o no, corrisponde l’infelicità di qualcun altro magari di Noto, Ragusa, Scicli, Pachino, Rosolini, ecc.

A volte si riesce ad attrarre sciami provenienti da lontano (turisti), di altre nazioni, ma anche qui alle felicità nostre corrispondono infelicità di altri: ma cosa volete che possa importare fregare diciamo i francesi se non ce ne frega nulla del vicino di marciapiede.

Noi riconosciamo che questo mondo tribale lascia al consumatore un prezzo più conveniente ed una qualità migliore ma ciò non rende legittima, però, la richiesta di lacrime per licenziamenti che sono il naturale risultato di sistemi cannibaleschi, anche perché nessuno esprime a noi consumatori qualche riconoscimento quando, invece, le cose vanno troppo bene, tanto bene che può anche apparire un Tanzi a chiederci (attraverso le tasse) la tangente per sanare i suoi malaffari.

 

 

***

Pur ritenendo sufficienti queste argomentazioni per giustificare la nostra gioia non possiamo non soffermarci anche su alcuni aspetti politici della missiva in argomento. L’accusa di insensibilità della sorte occupazionale di giovani è grave e ci costringe ad analizzare anche gli argomenti che l’Alfano ha chiamato a raccolta per sostenere l’accusa che, fateci caso, sono solo di carattere politico: nessun riferimento ai grandi problemi oggi dibattuti anche in altre nazioni sulle nuove forme di distribuzione delle merci.

Egli ha usato un  sistema ormai collaudatissimo che potremmo definire quello degli automatismi culturali che è così articolaato: si enuncia l’aspetto più lacrimevole e pietoso di un problema, lo si isola, lo si abbina ad un concetto che la demonizzazione storica o il pensiero unico o politicamente corretto ha reso biasimevole e dimenticando ogni contesto generale si esprimono giudizi di valore: antidemocraticità, fascismo, corporativista, protezionista e quanto è utile a demonizzare.

In questo gioco l’Alfano ha chiamato a raccolta solo l’antiamericanismo e gli istinti protezionistici.

La prima è veramente singolare specie quando l’antiamericanismo viene legato alla scellerata politica del presidente Bush, il che denota la presenza di una cultura mercantile incapace di immaginare la esistenza di un antiamericanismo culturale ovvero di non condivisione di una visione del mondo della quale proprio il Mc Donald’s può essere un simbolo. Infatti non si comprende perché non si abbia il diritto di opporsi a prodotti come quelli del Mc Donald’s che snaturano la nostra civiltà perché esso non introduce solo un panino (sulla qualità del quale ci promettiamo di scrivere un articolo preciso); esso introduce comportamenti, atteggiamenti, e modelli culturali che uccidono le nostre radici, oltre che strumento di un imperialismo più letale di quello di Stalin o di Hitler. Per cogliere meglio quanto stiamo tentando di esprimere rimandiamo al bellissimo e significativo articolo “Il Pellegrinaggio” di Carmelo Spadaio apparso sul numero scorso del nostro giornale a pag.4.

Indecifrabile (e comunque, non dimostra nulla) è il voler definire contraddittorio l’uso di altri prodotti esteri come se l’era della bottega non prevedeva sin dai tempi di Marco Polo e, senza bisogno del mercato globale, l’importazione di prodotti stranieri.

Dove si tenta di piazzare il postulato è l’accusa consequenziale che si vuole far derivare: chi si oppone al Mc Donald’s  è un protezionista! Come dire che il protezionismo non prevede alcun livello intermedio tra  coloro i quali vorrebbero creare antistoriche barriere doganali e coloro i quali non gliene frega nulla che i prodotti cinesi vincono la concorrenza italiana sfruttando il lavoro minorile o quello dei carcerati: è censurabile anche il nostro Presidente della Repubblica, che recentemente ha fatto un appello a consumare italiano?

 

Togliatti in camicia nera

 

Sta per essere dato alle stampe, per i tipi della locale “La Biblioteca di Babele” il librettino “Togliatti in camicia nera” che riproduce l’appello «Ai fratelli in camicia nera» con il quale nell'agosto del 1936, i comunisti accettavano il mussoliniano “programma di San Sepolcro”. In esso, approfittiamo della presentazione, per delineare una introduzione allo studio di un “fascismo rosso”.

Carmelo Modica

 

 

***

 

Per Notizia e se ritieni di comunicarlo ai lettori del Dialogo

 

Quattro “pietre” di frontiera

Lo scrigno di babele:         Tra sacro e profano

 

 

Calendario degli incontri:

 

Venerdì 23 gennaio 2004

Prof. Giuseppe Ascenzo.

Alla destra del Papa:

indagine  nel mondo dei movimenti del tradizionalismo cattolico.

 

Venerdì 30 gennaio 2004

Giuseppe Nativo

Quando in cielo volavano le scope.

Le erbe del diavolo

 

Venerdì 6 febbraio 2004

Dott. Nicoletta Antonio

Garibaldi …quel vecchio ladro di cavalli

 

Venerdì 13 febbraio 2004

Dott. Massimo Cigna - Paolo Pizzimento

La figura del Cavaliere nel Medioevo e gli ordini cavallereschi

 

ore 18.30 presso  “Il Barycentro”

Corso Unberto 462/470– Modica (RG)

 

A ciascuna relazione seguirà un dibattito aperto al pubblico.

 

 

 

***

 

 

Il dialogo febbraio 2004

Carta Bianca

Finestra sul consiglio comunale di Modica e ...dintorni.

Rubrica mensile a cura di Carmelo Modica

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

 

 

Tra dicembre e gennaio scorsi Domenico Pisana e Giovani Di Rosa…

quali rappresentanti rispettivamente dell’UDC e dei DS hanno sottoscritto una serie di articoli su “La Pagina” e sul “Dialogo” sull’attuale situazione politica modicana.

Per sintetizzarne i contenuti è sufficiente riferire che il Pisana in uno degli ultimi articoli racconta di un modicano che gli aveva chiesto come poteva avvenire che la situazione politico-amministrativa modicana venisse vista in maniera idilliaca dal Pisana stesso ed in maniera catastrofica dal Di Rosa.

Il bicchiere riempito perfettamente a metà è stato sempre utilizzato come strumento per distinguere l’ottimista dal pessimista perché il primo lo definisce mezzo pieno ed il secondo mezzo vuoto. Ovviamente l’essere ottimista o pessimista è un modo di essere dell’uomo e quindi tali valutazioni sono costanti nel senso che per costoro il bicchiere è sempre mezzo vuoto o mezzo pieno.

Nella normalità, inoltre, sia l’ottimista che il pessimista utilizzano tale locuzione solo quando il bicchiere è a metà perché quando il livello del liquido fosse sensibilmente lontano dalla metà uno avrebbe ragione e l’altro dovrebbe andare dal medico per farsi curare.

Sia Pisana che Di rosa  ipotizzano, nelle direzioni opposte, non un bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno ma addirittura un bicchiere colmo fino all’orlo o quasi (Pisana) oppure completamente asciutto (Di Rosa)

Cadremmo nel banale se non dicessimo, ed abbiamo i documenti per provarlo, che non molto tempo fa le posizioni erano completamente invertite il che sta ad indicare come mentre nel quotidiano il buon padre di famiglia modicano non avverte nessuna differenza e nessuna novità al cambiamento di maggioranza, per il Pisana ed il Di Rosa si passa dall’eden al declino nel giro di pochi mesi a seconda che si è all’opposizione o al governo.

Diciamo subito che a noi non interessa, non è mai interessata la elencazione delle cose fatte o delle cose che dovrebbero essere fatte, ritenendo più importante le pulsazioni che spingono a fare una cosa rispetto ad un’altra.

Non è affatto vero che le considerazioni del Pisana e del Di Rosa sono di diversa natura, esse rispondono al teatrino della politica che possono attecchire solo nella cultura del grande fratello e delle telenovele. Possono avere valenza nell’epoca della memoria corta, nell’epoca della razza sfuggente e della disattenzione: nell’epoca della mediocrità.

Le due posizioni sono uguali, entrambe ricorrono allo stesso sillabario perché piegano ogni fatto alla necessità di acquisire credibilità politica per la propria parte, ricorrendo all’efficacia emozionale dei messaggi, senza un minimo ricorso all’autocritica o alla difficoltà oggettiva del governare e dove la maggiore o minore capacità di governare si misura sulla maggiore o minore quantità di giorni con cui si pagano gli stipendi del personale.

Coerentemente il Pisana ci ha detto che si può essere di parte in maniera onesta e noi lo condividiamo a patto che tale affermazione non si voglia far corrispondere ad una posizione culturale. La cultura per definizione non può essere definita di parte. Ogni uomo ricerca la verità e ritiene di trovarla in un sistema di pensiero che ritiene l’unico capace di governare la Comunità e renderla felice. Si potrà comprendere che tale sistema di pensiero, magari utopico, dovrà fare i conti con la natura dell’uomo, ma mai un sistema di pensiero può definirsi di parte.

Ne consegue che un sistema di pensiero è l’esito di una ricerca che fa riferimento ai criteri della logica e della coerenza, eventualmente dell’accettazione della trascendenza o dell’immanenza ma sempre orientata al generale e mai alla parte.

Essere di parte ovviamente può essere onesto con riferimento ai codici (Nell’epoca di tangentopoli si disse che si rubava per il partito) ma spesso è disonesto intellettualmente quando proprio per sostenere la propria parte non vi è un minimo cenno ai meriti delle altre parti o si tende a piegare tutto alla logica della propria fazione.

In questo nostro scritto siamo stati schietti, forse oltre il necessario, ma ciò deriva dalla grande stima che nutriamo sia per Pisana che per Di Rosa che ci rende insopportabili certe cadute di analisi che impediscono al mondo culturale modicano di liberarsi, una volta per tutta, dai perniciosi condizionamenti delle falsità partitiche per tentare di esercitare una funzione di guida e/o di pressione nei confronti della politica.

Vogliamo costruire un fronte culturale modicano?

 

 

Putiemu cògghiri i stigghi

Abbiamo letto il tazebao posizionato accanto all’ingresso dell’edificio delle poste e firmato dall’Osservatorio politico di Modica. Lo riproduciamo per intero:

<<TAZEBAO

TRIBUNALE ULTIMO ATTO:

Questa maggioranza di destra da un lato accusa i magistrati di essere "peggio del fascismo" e dall'altra inaugura i Tribunali, con tanto di cene di gala ed auto blu che scorazzano per la città.

Con buona pace di tutti i cittadini onesti che credono ancora alla "legge uguale per tutti"... Osservatorio Politico  modica>>

Abbiamo tentato (9 febbraio 2004) di sapere qualcosa in più di questo osservatorio politico visitando il sito ma non siamo riusciti che a rileggere il testo del Tazebao.

Il messaggio è avvilente perché è un vilipendio allo strumento del Tazebao che rappresentando lo strumento a volte clandestino di lotta e di libertà nei regimi totalitari (fascisti e comunisti) è stato nell’occasione utilizzato creando una contraddizione incomprensibile che non solleva alcun sentimento profondo: ci sembra, infatti una forzatura trovare una contraddizione tra l’accusa a certi magistrati e la inaugurazione dei Tribunali.

I post comunisti in maniera molto simile ai comunisti veri, allucinati dalla sacra lotta di classe non potevano far passare inosservato un episodio che seppure con qualche (per loro) modesta forzatura gli consentiva di affiancare Berlusconi al fascismo, alle auto blu scorazzanti ed alle cene di gala. Vedete un attacco di questo genere se lo poteva permettere Che Guevara ma non gli amici di Dalema che di inaugurazioni ne fece ed anche peggiori e con atteggiamenti sprezzanti nei confronti di semplici operai che lo avvicinavano.

Ci dicono che questo “Osservatorio politico” corrisponde ad un gruppo giovanile della sinistra il che ci fa sentire tutta intera la responsabilità nostra, di quasi sessantenni, di aver rubato ai giovani anche la passione e le irruenza tipica della gioventù rendendoli, nelle idee, vecchi a vent’anni. Noi siamo dell’opinione che quando un tazbao ha la stessa valenza dei discorsi che in queste ultime settimane stanno facendosi Domenico Pisana, segretario dell’UDC, e Giovanni Di Rosa, segretario dei Ds allora si, veramente …Putiemu cògghiri i stigghi

 

 

I professionisti della bellezza

Con ritardo, ma ce ne siamo accorti solo adesso, commentiamo la notizia della delibera della Giunta comunale di realizzare un concorso sull’arredo urbano. Diciamo però che non avremmo limitato la partecipazione ai tecnici e liberi professionisti (Il giornale di Sicilia del 26 novembre 2003).

Il senso del bello non appartiene al mondo della preparazione ma a quello della cultura intesa con visione come sensibilità.

Un colloquio molto articolato ed intenso che in quest’ultimo periodo abbiamo avuto con un nostro amico architetto ci ha convinto che l’università sforna laureati di architettura ma pochi di essi diventano architetti: molti diventano …altro.

Sarebbe sufficiente visitare alcune realizzazioni di sedicenti architetti per rendersi conto come molto spesso, pur di essere originali, hanno offeso il buon gusto ed il paesaggio. Andando a marina di Modica… vecchia strada…

Ad ogni buon fine riteniamo che questa iniziativa rappresenta un segno di umiltà da parte di chi ritiene di essere il detentore del giudizio di bellezza. Il passo decisivo si attuerà quando si comprenderà che bisogna coinvolgere il fruitore della bellezza urbanistica che non è il  professionista che ha vinto un concorso in un ufficio pubblico ed ancor meno il commerciante che si sente il proprietario del centro storico.

 

Tutte le vie portano al fascismo

 

La lotta politica della Magistratura contro Berlusconi o non conosce né sosta né il ridicolo.

Il presidente dell’Associazione Magistrati ha accusato il governo di voler fascistizzare la Magistratura perché vuole (il governo) modificare una norma introdotta, nel nostro sistema, dal fascismo.

Come a dire che quando non si è comunisti si è fascisti sempre, anche quando si vuole abrogare una norma fascista.

Il terzo potere (La Magistratura) ha annunciato lo sciopero contro il potere esecutivo perché intende proporre al Parlamento sovrano la separazione delle carriere dei magistrati come a dire che non riconosce al Parlamento il ruolo di fare le leggi e che il modo di intendere il magistero della Giustizia è prerogativa dei magistrati.

Continuando così si potrà immaginare l’esecutivo che sciopera contro la Magistratura; ma perché non immaginare anche uno sciopero del Parlamento… contro chi? Ma contro se stesso! Non è possibile? Chissà! …cosa accadrebbe se la mediocrità acquisisse la consapevolezza di essere mediocre?. Non sono riflessioni sparse sono i segni che annunciano o consolidano le dittature.

 

 

 

Annotazioni

 

Abbiamo rimandato al prossimo numero il pezzo “L’uovo di colombo: “Sahia” il nuovo modello organizzativo, l’efficienza caotica”  che avevamo promesso nei numeri precedenti.

***

Sono sette le e-mail che abbiamo ricevuto per il pezzo sulla chiusura del Mc Donald’S che per certi aspetti hanno sollecitato una nostra già avviata riflessione sulla necessità che occorre approntare un progetto più globale capace di porre in sinergia tutto il sistema commerciale modicano eliminando ogni contrapposizione tra Polo commerciale e botteghe tradizionali.

***

Ci siamo sentiti chiamati in causa da Terzo occhio nel numero scorso che ha richiamato una interrogazione della Fiamma Tricolore sulla impossibilità di poter consultare gli atti del settimo centenario della Contea. Terzo occhio ha parlato di una Fiamma che non brucia e che regge il moccolo all’Amministrazione. Francamente ci sembra un pò esagerato tale giudizio considerato che se è vero che  la Fiamma Tricolore nell’occasione non è stata considerata non significa che sta reggendo il moccolo. Confessiamo però che non ci siamo inc….. perché allo stato attuale riteniamo giustificato tale rimprovero contiamo però nei tempi medio lunghi di dimostrare quanto ci è estraneo il moccolo.

***

Vogliamo segnalare il libretto di Luigi Villa, Pio XII, Editrice Civiltà di Brescia pp.70 Brescia 1978 Euro 2,8. esso non è una biografia del Papa, anche se la sua vita ed il suo impegno viene ripercorso; esso pone punti fermi sia sulla fondatezza delle accuse di connivenza col Nazismo costruito con il libro Morte a Roma di Robert Katz (stampato in Italia da una casa editrice comunista) e dal film Rappresaglia che addirittura lo volle complice dei nazisti per la strage delle fosse Ardeatine. Questo libro è interessante anche perché il tema specifico nella analisi diviene meno importante rispetto al fatto che esso svela un metodo della mistificazione della verità.

***

A proposito di Benito Mussolini, curiosa dichiarazione rilasciata dal cantautore di sinistra Francesco De Gregori ad Aldo Cazzullo, giornalista del “Corriere della Sera” (venerdì 5 dicembre 2003): “Studiare con De Felice mi ha reso familiare la figura di Mussolini. Mi ha trasmesso una sorta di affettuosità verso il Duce. Mi sono come abituato a quest’uomo, dalla straordinaria intelligenza e dalla straordinaria capacità di doppiezza. Sia ben chiaro, sono consapevole di quanto fosse privo di scrupoli morali, non lo sento né amico né consonante. E’ un personaggio dalle diecimila sfaccettature, che in certi momenti appare come un eroe shakespeariano”.

 

 

 

Carmelo Modica

(Chiuso il 11 febbraio 2004)

 

***

 

 

Carta Bianca

Finestra sul consiglio comunale di Modica e ...dintorni.

Rubrica mensile a cura di Carmelo Modica

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

marzo 2004

 

 

L’uovo di colombo: “Bahia” il nuovo modello organizzativo, l’efficienza caotica

Avevamo nei numeri precedenti annunciato una intervista sulla questione “Bahia Village”. Il consigliere Meno Rosa ci aveva fornito in visione tutta la documentazione, ma man mano che procedevamo nella lettura diminuiva la voglia di porre domande perché  l’essenziale si delineava in maniera veramente strana; si verificava in noi una  inversione di curiosità e di indagine”. Alla curiosità di conoscere quale politico aveva attuato favoritismi ed in favore di chi e perché, subentrava la meraviglia che andava oltre ogni normale immaginazione sulle incredibili procedure, sulle inimmaginabili leggerezze e sul magistrale uso della lingua italiana orientato a rendere sfuggevole la realtà.

Dobbiamo confessare che, proprio di istinto, ci sembrava di aver trovato tutti gli elementi per una grande battaglia, e, perché no, anche per una informativa all’autorità giudiziaria. Poi ci siamo accorti che stavamo prendendo un granchio. No! Cari amici, questo caos burocratico non è un caos pilotato e voluto: quando si deve imbrogliare è sempre tutto in ordine, ogni timbro è al posto giusto ed il protocollo e la data non mancano mai.

Il fascicolo “Bahia” è la dichiarazione di identità di una struttura dove il caos è un innato patrimonio culturale di ogni elemento, patrimonio che si arricchisce nella sinergia con quello dell’elemento vicino fino a livelli sublimi.

Questo è estro, è arte che per sua natura non sopporta la noiosità della gerarchia degli uffici in cui l’efficienza e l’ordine sono un devastante ostacolo alla libera interpretazione del fare.

In verità si sta affacciando una nuova visione dell’organizzazione capace di utilizzare anche il non fare come strumento del fare, considerato che il non fare supera anche quei monotoni problemi della competenza e, quello attualissimo, degli organici sempre più ridotti. Sembra l’uovo di colombo però ci si è accorti che solo il fare richiede competenza e costosissimi e defaticanti corsi di formazione ed aggiornamento. In questa ottica pare che qualche studioso di management  modicano si stia ponendo il problema di qualificare meglio il non fare nel senso che poi non è semplice come appare perché c’è modo e modo di non fare.

La documentazione del fascicolo “Sahia” fa intravedere lo strumento più utilizzato: la dimenticanza.

Per favorire l’applicazione dello strumento del non fare:

  • E’ bandito ogni scadenzario;
  • La informatizzazione del protocollo registra solo il primo passo e poi si perde ogni traccia dei documenti;
  • Creazione di adeguati tempi tecnici e procedurali tra il momento in cui si protocolla e quello in cui il contenuto del documento diventa operativo;

In questo contesto, il dimenticare ha la possibilità di muoversi più agevolmente nel senso che il non fare trova sempre un passaggio burocratico mancante di un altro che giustifica il mio non fare.

In questo brodo primordiale della perfetta burocrazia, le tecniche applicabili del non fare possono essere varie ed originali. Quella classica prevede di non rispondere in maniera organica ed esaustiva, per esempio, a tutti i quesiti contenuti nella lettera del Sindaco, (il riferimento è voluto) poi per allungare il brodo si scrive a qualcun altro chiedendo elementi necessari per rispondere al Sindaco, fosse anche il sapere quale temperatura veniva registrata il giorno in cui i Vigili Urbani notificarono quel documento ai responsabili di “Sahia”.

Ovviamente, tutte queste lettere devono essere protocollate e fare il loro itinerario, nel senso che devono bere l’amaro calice dei tempi tecnici fino in fondo.

Intanto la pratica ha uno sfogo: una risposta è avvenuta poi si vedrà.

Ma se questi sistemi si intravedono in maniera chiara tra i documenti del fascicolo “Sahia” possiamo immaginarne altri: la febbre improvvisa di chi detiene il timbro, l’assenza del solo capace di aprire quel programma, una ferita al dito indice che non consente di usare la tastiera e… poi occorre aspettare la direttiva dell’Assessore ora molto impegnato.

Stiamo smentendo noi stessi: E’ vero anche il non fare è molto impegnativo.

La originaria struttura gerarchica  che dava risultati efficienti, ma non sempre efficaci, venne temperata con l’organizzazione per obiettivi che cercò, con buoni risultati, di massimizzare l’uno e l’atro, siamo certi che a Modica si sta esperimentando un nuovo modello organizzativo che supera la stessa informatizzazione per andare oltre, la dove l’informatizzazione, nella grande battaglia intrapresa con i modelli gerarchici, riuscirà a vincere ma autoannientandosi e lascerà il nuovo modello organizzativo: l’efficienza caotica.

 

***

 

Con tutto questo non vogliamo attribuire colpe all’attuale Amministrazione se non esprimere il nostro disappunto nel constatare che la burocrazia è un potere che svilisce la democrazia nel senso che nei fatti gestisce un potere che il popolo ha assegnato alla politica.

Come individuare il "cancro" burocratico? Come definirlo? Come combatterlo?

Una delle prime riflessioni in merito venne svolta da  Marx ne "La critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico" nella quale il Filosofo di Treviri definisce la burocratizzazione come: «corporazione che fa dello Stato la sua proprietà privata». In tale studio Marx pone l'accento sulle caratteristiche essenziali della burocrazia che individua nella …'autorità come principio del sapere, il segreto, l'idolatria dell'autorità ma non è solo curioso osservare come pur essendosi distinto, Marx, nell'evidenziare i pericoli legati alla burocratizzazione, i suoi discepoli non solo non ne hanno tratto frutto ma hanno piegato la burocrazia al trionfo della dittatura del proletariato in tutti gli enti locali ove sono arrivati al potere. Anche a Modica, i quasi dieci anni, l’egemonia comunista, socialista e ulivista, che ha preceduto la giunta Torchi,non ha attaccato l’arroganza della burocrazia democristiana-dipendente ma ha solo tentato di trasformarla in comunista-dipendente fino al progetto finale nelle ultime elezioni con palesi collusioni tra burocrati e rifondatori comunisti.

Ecco! vogliamo dire al Sindaco Torchi: noi vogliamo essere governati dai rappresentanti del popolo e non da burocrati.

Comunque torneremo sull’argomento perché esistono i due documenti principali dell’intero fascicolo che meritano un’attenta analisi.

 

 

 

Vediamoci al “circolo dei bocconisti”: potremo parlare di Mc Donald’s

Parafrasando il Cardinale Biffi, che parlando di rapporti con l’Islam ebbe a dire a chi pretendeva che cambiasse opinione: “ma dove sta scritto che dobbiamo per forza essere d’accordo con tutti!”,  noi diciamo: ma dove sta scritto che il Signor Alfano deve essere d’accordo con noi e/o viceversa.

Esistono due modi per sostenere le proprie tesi. Il primo, quello classico, è quello di argomentare, il secondo è quello di dileggiare l’interlocutore. Sergio Alfano ha preferito utilizzare il secondo quando ha parlato di una nostra “insospettabile competenza di economia aziendale”, della Bocconi e via… sfottendo, ovviamente infiorettando l’attacco con la spiegazione di qualche teoria, più o meno condivisibile, sulla scienza del commercio e completando il tutto con l’accusa di un nostro pregiudizio  “che il Modica non nutrisse grande simpatia per la categoria dei commercianti, lo si percepisce spesso dalle pagine di Dialogo”, anche se nutriamo il dubbio che il termine pregiudizio è stato tirato in ballo solo perché gli ha consentito di chiamare in soccorso, nelle sue argomentazioni, Thomas Mann e le sue… puttane.

Infatti ci sembra un po azzardato definire la nostra notissima, e più che dichiarata, avversione alla cultura dei supermercati rispetto a quella della bottega come un nostro pregiudizio sulla categoria dei commercianti: questo è un mal-giudizio del Sig. Alfano e comunque non è un argomento confutativo.

Forse, sacrificando l’effetto dello sfottò e per completezza, andava detto che molta gente va a sgobbare alla Bocconi per sei anni e non è detto che diventi bravo… come un commerciante.

Però, a confermare che i tempi cambiano, prendiamo atto che ci ha graziato dell’epiteto di fascista; strumento sempre efficace, anche se la sua carica dileggiativa si annacqua giorno dopo giorno considerato che molti antifascisti sono impegnati a parare i colpi di un continuo schiaffeggiamento che la storia sta loro impartendo, con la pubblicazzione di documenti che affratellano i loro padri ed i loro idoli sempre più ai nazisti.

Altro elemento che ormai sembra acquisito, dal politicamente corretto, è che un infermiere o il medico sono gli unici abilitati a parlare di sanità, i commercianti del commercio ed i magistrati di giustizia nel contempo si è democratici e contro ogni forma di corporativismo.

Nel nostro caso sembra che l’Alfano da commerciante ritiene che solo un commerciante possa cimentarsi in simili discussioni ed invocando, per sfottere, la Bocconi lancia il messaggio che solo un laureato alla Bocconi può parlare di commercio senza essere commerciante, restando, così, prigioniero di una presunzione che in tutto l’articolo attribuisce a noi. Dobbiamo anche ritenere che l’Alfano, da come scrive, ha consapevolezza dei nostri studi, della nostra carriera scolastica e dei nostri interessi culturali.

Comunque stiamo riflettendo sulla rampogna e non è detto che pur di continuare a parlare di commercio tenteremo di acquisire i titoli richiesti iscrivendoci, nonostante l’età, alla Bocconi oppure aprendo un negozio per divenire commercianti.

A questi argomenti dell’Alfano, non abbiamo voglia di dare ulteriore seguito.

 

***

 

Solo a favore dei quattro nostri lettori, vogliamo aggiungere che non occorre essere discepoli della Bocconi per dire che i dati da citare non possono essere l’aumento delle imprese al dettaglio ma piuttosto l’aumento del fatturato complessivo, perché altrimenti si dovrebbe anche accettare l’idea che 100 occupati al 50% di orario di lavoro non equivalgono a 50 disoccupati, e, a costo di essere tacciati per allievi della School of Economics di Londra, insistiamo nel dire che la voce principale nel progetto di apertura di una attività commerciale è l’analisi della concorrenza già esistente e quanto fatturato si ritiene di potere assorbire. (Vogliamo leggere uno degli schemi di progetto più diffusi?)

La sollecitazione dei consumi ha un limite invalicabile nella capacità di spesa di ciascun consumatore. E quando tale capacità è al limite, come ormai dicono i più grandi analisti (non si arriva alla fine del mese), la lotta per togliere fatturato alla concorrenza rimane comunque la regola; regola che rimane anche quando si ricorre alla offerta di prodotti alternativi, anche se in questo caso si realizza attraverso il tentativo di far cambiare al consumatore abitudini e categoria di prodotti da consumare.

Con altre parole: nel primo caso lancio il messaggio che il mio caffè, il mio bar è più confortevole, nel secondo caso lancerò il messaggio che leggere un libro dà più frutti di un espresso.

Insomma il limite invalicabile è il portafogli dei consumatori e se i  consumi di un dato bacino di utenza possono fornire un reddito decente a 1000 commercianti, se aumentano i commercianti la torta individuale dei singoli commercianti diminuisce e l’occupazione aumenta in maniera fittizia perché aumenta attraverso l’impoverimento di altri.

Il commercio è uno strumento per una politica di sviluppo. Il commercio non crea risorse ma le distribuisce. Lo sviluppo è altro, o meglio è un concetto più complesso che richiede il concorso di molti fattori tra i quali, importantissimo, anche il commercio.

E’ partendo da queste considerazioni che abbiamo in animo di dare il nostro contributo per sollecitare la creazione di un sistema città. Per parlarne vi diamo appuntamento al circolo dei bocconisti, sarà chiesta la tessera.

 

Una precisazione sulla polemica Pisana Di Rosa

 

Rileggendo il nostro intervento sulla polemica Pisana-Di Rosa Vogliamo precisare, per evitare ogni fraintendimento, che quando diciamo che le argomentazione del Pisana e del Di Rosa hanno valenza perché viviamo l’epoca della mediocrità noi non intendiamo esprimere un giudizio di valore sui due uomini politici ma solo un giudizio negativo sullo spirito che caratterizza l’epoca presente. Perché è chiaro che ogni azione politica o intellettuale ha una sua caratura che prescinde dalla qualità dello spirito dei tempi che viviamo anche se molto spesso è da essa condizionata. Un’azione o un progetto politico può essere opinabile, non condiviso, inadeguato, non rivoluzionario… ma è difficile che possa sopportare un giudizio di valore se non in un contesto di analisi diverso da quello nostro.

 

Carmelo Modica

 

 

***

 

 

 

Il dialogo aprile 2004

Carta Bianca

Finestra sul consiglio comunale di Modica e ...dintorni.

Rubrica mensile a cura di Carmelo Modica

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

 

 

A quattrocchi con il Professor Pisana: creiamo una “griglia” per distinguere i progetti dalle panzane.

 

Nel nostro intervento sulla polemica  tra Domenico Pisana e Giovanni Di Rosa, con crudezza,  avevamo formulato una accusa (Dialogo febbraio 2004)  nella quale il riferimento al pessimismo ed all’ottimismo voleva solo introdurre l’assunto principale secondo il quale i due politici appartengono alla identica cultura secondo la quale ogni fatto, ogni provvedimento dell’Amministrazione viene piegato alla logica di alimentare con l’elogio o con il disprezzo, a seconda se si è al potere o all’opposizione, la propria clientela elettorale.

Per dare una sostanza al nostro assunto avevamo affermato che l’essere uomo di parte rimane una posizione della politica politicante e clientelare, collegata (per definizione e sua natura) all’interesse privato o di parte e mai ad una posizione culturale.

Con la sua risposta, Domenico Pisana (La Pagina del 12 marzo 2004) dimostra di preferire il livello dove lo scontro avviene tra uomini di parte, tanto è vero che non fa cenno alla nostra asserzione sulla inconsistenza culturale dell’uomo di parte e ci ricorda, che anche noi abbiamo contribuito alla stesura del programma della casa delle libertà.

Tralasciando (perché sarebbe da parte nostra scorretto) ogni considerazione sulla genesi e sull’approvazione di tale programma, vogliamo dire che noi non fummo attratti dal programma della Casa delle libertà, perché sapevamo (e sappiamo) che quello che tutte le forze politiche, da alcuni decenni, ostentano come Programma, in effetti è un freddo elenco di cose da fare senza alcuna dignità di progetto.

Il programma richiede una visione politica ed in questo periodo la politica è in vacanza.

La nostra adesione alla Casa della libertà fu (ed è), e lo dicemmo chiaramente, solo ed esclusivamente di carattere elettorale, una costrizione del sistema e comunque, su tutto, non si volle favorire, in alcun modo, la visione atea e storicamente criminale di pre-comunisti, post-comunisti e comunisti di complemento.

Tutto ciò per quella chiarezza che in alcun modo, può essere contrabbandata come disimpegno essendo nostro costume onorare gli impegni presi e nei limiti in cui li abbiamo presi, specie quando non vengono mutati gli scenari iniziali.

Noi, caro Pisana, non abbiamo rinunciato alla politica ecco perché cerchiamo la sostanza delle cose e di agganciare sempre ogni provvedimento ad una chiara visione del mondo collegandola all’aspirazione  di organicità ed assenza di contraddizioni.

Noi abbiamo ripugnanza per i ragionamenti che fanno ricorso ai se o ai ma: sono inutili esercitazioni dialettiche prive di ogni consistenza operativa e molto spesso paraventi che nascondono altro.

Questa nostra visione non ci consente di apprezzare positivamente le sue analisi, prof. Pisana, che sono o autoreferenziali o semplicemente descrittive: in questo senso interpretiamo la sua analisi della l’americanizzazione della politica alla quale non affianca alcuna norma di comportamento politico il che significa che l’americanizzazione o è in linea con la sua idea del mondo oppure l’accetta come inevitabile, e sempre inaccettabile anche quando dovesse essere patrimonio di tutti politici; [Nota: Ia regola della maggioranza è solo un’ottima regola per determinare chi deve gestire il potere e come. Non esiste però nessun democratico che possa sostenere  che un somaro a maggioranza può divenire un Cavallo. Analogamente l’overdosi di democrazia non si estende fino al punto di fare accettare che la spettacolarizzazione della politica sia un bene per la democrazia. Vogliamo dire che esistono spazi ed argomenti che comunque sopravvivono all’inquinamento della regola della maggioranza]ancora meno condividiamo le discussioni sul bilancio comunale (La Pagina del 28 febbraio 2004) la cui terminologia è talmente vaga che potrebbe essere sottoscritta da chiunque: sinistra compresa.

Volevamo tentare di portare il discorso su un piano diverso ma a quanto pare non è possibile perché vi è una incompatibilità di fondo. Ognuno di noi ha uno schema di ragionamento personale che assistito  da un sistema di pensiero si svolge secondo coordinate proprie e specifiche, ovvero quella che Evola chiama “equazione personale”. Tutto ciò, però non  deve impedire di trovare canovacci comuni di ragionamento che consentano di uscire fuori dall’opinabile almeno negli assunti iniziali, [Respingiamo ogni riferimento al banale luogo comune che molti politici sparano dicendo che occorre cercare ciò che ci unisce e non quello che ci divide che secondo costoro consentirebbe la possibile stabilità politica. Noi riteniamo che incontrarsi sulle cose che uniscono significa attestare l’azione politica su livelli bassi, perché le cose che valgono sono quelle che dividono, sono quelle che disegnano una visone del mondo, sono quelle che creano Comunità e fratellanza. Quindi non incontro sulle banalità condivise ma scontro dialettico e culturale sulle cose che dividono: è in questo dominio che occorre cercare e trovare il compromesso.

]perché se è già difficile trovare condivisione di pensiero e comuni metodi di analisi ed indagine, immaginiamo quali possono essere le conclusioni se esiste una confusione nella definizione dell’assunto iniziale. Nella ricerca di un glossario uguale noi diciamo che non stiamo indagando l’elenco delle cose fatte ma il clima generale che sovrasta e dà sostanza a tale elenco.

Il programma è un progetto che viene definito con gli obiettivi e non con gli strumenti. Infatti, ha un senso porsi l’obiettivo di andare  Roma (obiettivo) mentre non ha alcun significato dire che  userò l’auto (strumento) senza indicare meta e direzione. Con quattro pilastri (strumenti) si può costruire una casa, ma anche una porcilaia. E non si dica che lo scopo è ovvio e scontato o insito nello strumento indicato: non è così!

Così, la stessa strombazzata diminuzione delle tasse non è un fine ma uno strumento per la difesa dello stato sociale o per la maggiore tutela delle fasce più deboli, perché appare chiaro che una indiscriminata diminuzione della pressione fiscale può favorire più i ricchi che i poveri ed anche quando fosse favorevole alle fasce meno abbienti potrebbe essere resa vana da una incontrollata inflazione o complessiva politica economica.

Se tutto questo richiama scenari nazionali le cose non cambiano se ci soffermiamo nei livelli locali perché un programma che non vuole essere declassato ad elenco di cose da fare non può indicare delle cose da fare senza fare alcun riferimento alle risorse disponibile di conseguenza non sarebbe accettabile che si trovasse nella mancanza di risorse economiche la giustificazione per la mancata realizzazione del programma come si comincia, seppure timidamente, a sentire.

Ci lascia anche perplessi questo suo scrivere sul progetto Deco: Vogliamo fare un bilancio costi benefici? Si dirà che non è possibile, ed è vero. Bene. Ma allora perché questi suoi toni trionfalistici nei confronti di una iniziativa che certamente merita attenzione ma che non ha i caratteri della eccezionalità considerato, tra l’altro, che è stata da tempo adottata da tantissimi comuni Roccacannuccia compresa? 

Lei ha ben scritto (e lo ha scritto anche in neretto), che si deve guardare  anche al come si fanno le cose ecco perché condividendo tale assunto ci chiediamo perché questi toni trionfalistici su un provvedimento che, ci auguriamo, possa produrre buoni risultati ma che al momento nessuno è in grado di anticipare alcun esito.

Ma anche queste attese miracolistiche che si vogliono attribuire a società multiservizi, all’adesione di circuiti ecc che non hanno nulla di geniale e di novità. Prof. Pisana ma vogliamo leggere cose si scrisse quando si costituì l’Azasi? Questi sono strumenti non sono obiettivi. Tutti tentativi che certamente indicano un certo dinamismo ma che non superando i limiti di una ordinarissima amministrazione non meritano il vocabolario che Lei usa.

E nella speranza che certi provvedimenti producono gli effetti sperati… conta per Lei come si porgono le cose?

La plateale ostentazione è un valore da difendere? Fa parte del programma?

Perché queste continue esaltazioni, questo gridare: quanto siamo bravi! Perché questa incapacità di scindere l’ordinaria amministrazione dai provvedimenti veramente innovatori?

Lei è uno studioso molto apprezzato. Scelga! O la logica della politica che non Le consente e non le consentirà di piegare l’interesse di parte all’onestà culturale, oppure l’onesta intellettuale dello studioso che potrebbe inquinare la logica di parte del suo partito con piccole dosi di saggezza.

In conclusione diciamo che non vediamo spazi per un fruttuoso colloquio a meno che non costruiamo una condivisa griglia di valutazione nelle nostre analisi. Noi proponiamo alcune maglie aspettiamo, se vuole, le sue.

Nel valutare ogni atto dell’amministrazione ci si deve chiedere:

  • Quale è l’obiettivo ultimo, vero, che il provvedimento intende raggiungere e ove possibile un’analisi costi-benefici;
  • Progetti, articoli ed analisi saranno redatti senza ricorrere all’uso delle particelle “se” e “ma” e dovranno indicare, sempre, in termini operativi l’obiettivo finale e le risorse che saranno utilizzate. Assenti questi due elementi si conviene che il progetto assumerà la definizione di “Panzana buona per tentare di acchiappare voti”;
  • Perfetta consapevolezza di quali sono i normali servizi che l’Amministrazione deve dare al fine di distinguere il normale, che non deve essere assolutamente ostentato, da quello geniale o complesso che merita una giusta ricompensa anche elettorale;
  • Ogni inaugurazione deve essere preceduta da una  scheda contenente tutto l’iter burocratico che ha preceduto la realizzazione dell’opera, con la indicazione di tutti coloro i quali hanno, a qualsiasi titolo, contribuito alla realizzazione stessa, fermo restando il diritto di rinunciare all’inaugurazione se, per esempio, la lunghezza dei tempi impiegati indurrebbe alla vergogna.

Va bene ? Parliamone!

 

A cinque… occhi con Terzocchio

 

Come è noto è ospite del nostro giornale Terzo Occhio che in pochi mesi ha disegnato una chiara strategia di sfida e di denuncia. Ha diretto i suoi strali anche contro di noi, prima in maniera lieve, con un’accusa di “Fiamma che non brucia e regge il moccolo all’Amministrazione”, poi, in maniera più diretta, nell’ultimo numero, ci chiede di ritirare ogni forma di sostegno a questa Amministrazione  rimproverandoci una”morbidezza sospetta

Altri, a precise ed inconfutabili accuse mosse da Terzo occhio hanno affidato al silenzio la loro difesa, magari tacitando la loro coscienza col fatto che Terzo Occhio è un anonimo.

Noi, invece, rispondiamo perché la strategia (ed il perché) dell’anonimato spiegata da Terzo Occhio non ce lo fa rendere antipatico; né fin’ora ci sembra che lo stesso sia ricorso a diffamazioni o altro che renderebbe vile il ricorso all’anonimato (ma il direttore non lo avrebbe permesso). Egli ha fatto delle accuse, certamente opinabili ma composte.

Vogliamo dire che,superato il problema dell’anonimato, rimane il fatto e questa accusa di sospetta morbidezza è un fatto che tale  rimane all’osservatore normale. Ovviamente respingiamo quell’aggettivo “sospetta” perché evoca mondi culturali a noi sconosciuti per dire che, è vero, i nostri comportamenti possono far percepire una certa morbidezza.

In questo stesso numero abbiamo chiarito al prof. Pisana perché abbiamo sostenuto, e sosteniamo, la Casa delle liberta ed in quella parte invitiamo Terzo Occhio a fissare i suoi due occhi buoni.

Dicevamo che chi percepisce tale morbidezza non ha, secondo noi, una precisa consapevolezza della situazione attuale a livello elettorale. Il sistema, purtroppo, non consente a noi piccole forze antagoniste di condurre una battaglia autonoma perché essa  favorirebbe indirettamente la sinistra che noi riteniamo eccezionalmente devastata e devastante sia come esperienza di governo sia come esperienza storica.

È noto che alle prime elezioni con il maggioritario (anche noi candidati), con i nostri risultati purtroppo contribuimmo alla vittoria della sinistra che portò un comunista al governo dell’Italia. Ora la scelta è diversa.

Ciò non significa che rinunciamo alle nostre idee di fondo. Noi siamo presenti con le nostre idee e con la nostra libertà che incide nei limiti in cui è possibile. Francamente ci sembra esagerato chiedere di togliere il sostegno all’Amministrazione per la mancata risposta ad una interrogazione. Perché nella sostanza delle cose l’interrogazione pur senza risposta ha prodotto attenzione dell’opinione pubblica, quindi un vantaggio politico che si raddoppia, dal momento in cui i post-comunisti modicani sono stati smascherati e qui siamo d’accordo con Terzo Occhio quando scrive; ci sono signori che dopo aver invocato la emancipazione culturale del popoloora non rendono disponibili gli atti del convegno del 1996.

Ecco siamo al dunque: Noi dovremmo togliere il nostro sostegno alla giunta Torchi, perché non  risponde ad una nostra interrogazione sugli atti del convegno per favorire nei fatti quella parte politica, (con in testa il capogruppo dei Ds) che nella sostanza non rende disponibili, in maniera incredibilmente assurda, gli atti del convegno in questione?

Ecco, a volte le forme tradiscono la sostanza delle cose; nello gestire quanto possiamo disporre ci sia permesso di decidere noi chi avvantaggiare perché anche questa è una scelta politica.

 

 

Carmelo Modica

 

 

***

 

 

 

Carta Bianca

www.cartabianca.biz

Finestra sul consiglio comunale di Modica e ...dintorni.

Rubrica mensile a cura di Carmelo Modica

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

maggio 2004

programma

Il turismo

La consueta lettura della stampa del mese per trarre spunti di commenti e riflessioni sulla vita amministrativa di Modica questo mese è particolarmente deludente. Primeggiano i ritardi nei pagamenti del personale addetto al controllo delle zone bleu che a quanto pare, viste le interrogazioni e le dichiarazioni dei nostri politici sono più lavoratori di tutti gli altri. Si placa la polemica  contro la fontana dello “stretto” mentre l’on. Avola, incontrastato, si avvia a dare il suo nome al viadotto di Modica Alta; resiste ancora la contestazione sulla larghezza della rotonda della fontana stessa destinata alla circolazione, da ottenere diminuendo la circonferenza della fontana, dimenticando che anche quando al centro dello stretto vi era una colonnina di cinquanta centimetri l’ingorgo era ancora più evidente.

A livello politico comunque l’argomento principale è il turismo. E mentre i turisti sciamano in ogni dove, in tutti i comuni della Sicilia, incuranti di privilegiare le giunte di sinistra o quelle di destra entrambe quest’ultime sproloquiano per impadronirsi dei meriti di questa grande ventata.

***

A nostro avviso la risorsa turismo non è analizzata e studiata in maniera adeguata. Essa soffre sia della ormai consolidata miopia della classe politica che non riesce guardare oltre lo spazio temporale che passa tra una elezione e l’altra e comunque non è oggetto di alcuna analisi che abbia un minimo livello di scientificità.

Il risultato è la confusione e la superficialità concettuale che viene oscurata dai risultati di un certo attivismo che, però, a nostro avviso non potrà mai dare frutti duraturi. Così si organizzano sagre, deco e quant’altro che provocano movimento, possono anche dare qualche frutto ma non creano nulla di stabile e comunque difficilmente si proiettano ad un mercato oltre gli ottanta chilometri.

La stessa Madonna Vasa vasa, alla quale siamo tutti affezionati, non riuscirà ad andare oltre l’essere solo una nostra festa: si badi bene, fatto molto importante anche per tenere legati i nostri concittadini sparsi nel mondo attraverso la TV satellitare ma non può porsi come avvenimento che provoca turismo. Occorre altro, occorre un contesto più ampio, occorre un contesto anche culturale. Le stesse argomentazioni valgono per la (appena realizzata) bellissima festa di San Giorgio nella quale è stato coinvolto anche il Castello per la quale non possiamo non fare i nostri complimenti all’Amministrazione. Questa festa secondo noi si presta più della Madonna Vasa vasa ad essere esportata sia perché potrebbe essere agganciata meglio alla nostra storia sia perché non avrebbe concorrenti e secondo noi dovrebbe prevedere una replica nel mese di agosto. Ovviamente tutto questo richiede la creazione di un contesto generale anche di carattere culturale nella quale inserire il tutto. Tra le vocazioni naturali noi crediamo si debba includere il presepe di Santa Venera, anch’esso con il Castello coinvolto nell’itinerario ed in aggiunta a quello già stabilizzato di Cava d’Ispica organizzato dalla Provincia.

Ma anche noi cadremmo nell’errore comune di indicare avvenimenti da organizzare, come fanno un pò tutti, se non dicessimo che tali avvenimenti (da completare con la rivitalizzazione di tutte le tradizioni anche quelle più remote) dovremmo inserirli in un contesto organico, pensato con criteri di autenticità e specificità culturale, oseremmo dire una interpretazione autentica delle nostre tradizioni; dove le stesse, forse necessarie operazioni di marketing nulla dovrebbero avere di artificiale, di posticcio, di provincialismo, di volgare imitazione di tecniche immaginifiche, dove, per capirci le nostre fave cottoie sono apprezzate perché sono buone esse ed il contesto generale che le offre e non è buone perché lo ha detto …Roberto Baggio. Noi dobbiamo offrire una cultura e non un prodotto: come? Studiamo!

***

Senza soddi nun si rici missa dicono subito i sapientoni e non hanno tutti i torti, ma è pur vero che esistono moltissime cose che non richiedono soldi o quanto meno ne richiedono molto pochi.

Studiare il progetto di un turismo culturale, che abbiamo accennato prima, è tra quelli che non richiedono soldi.

A giudicare degli interventi che caratterizzano qualsiasi convegno sul turismo, passa inosservato ai più che tutte le località che richiamano una grande percentuale di turisti hanno delle caratteristiche comuni, che ripetendosi, a prescindere dalle Nazioni e dei popoli, dobbiamo considerarle la base di partenza di ogni politica tesa a favorire il turismo.

E sufficiente visitare le città regine del turismo, come la nostra Taormina per rendersi conto che esse sono caratterizzate innanzitutto da pochi ed importanti elementi:

  • ordine;
  • Pulizia;
  • Cura dei particolari;
  • Organizzazione;
  • Preciso calendario di eventi che si ripetono costantemente negli anni.

Nessuno di tali elementi richiede un costo aggiuntivo perché sono comunque dei servizi che anche Modica deve realizzare. Si tratta della meticolosità, della serietà con le quali si perseguono. Diciamo che la differenza per quanto riguarda l’ordine, la pulizia, la cura dei particolari, non è tra una cifra più alta ed una più bassa ma è tra civiltà e sciatteria, è tra civiltà e pressappochismo, tra civiltà e trascuratezza e trasandatezza. Per curare i particolari non ci vogliono soldi ci vuole l’atteggiamento mentale.

Per cogliere quanto stiamo dicendo vorremmo far riflettere i nostri lettori sul disordine che caratterizza la sosta dei veicoli in tutta la città, disordine che non si può in maniera sbrigativa e per pigrizia intellettuale, scaricare sulla mancanza di parcheggi, perché sono veramente pochi i posti macchina che il disordine della sosta fa guadagnare rispetto allo spettacolo da terzo mondo che offrono.

Ricorderete un bel servizio di Paolo Oddo su questo nostro giornale, che fotografò tante piccole cose che a prima vista sono insignificanti ma che messe assieme danno un pericoloso senso di abbandono.

Per esempio, ci vogliono soldi per pulire i balconi degli edifici comunali (uffici vicini al teatro Garibaldi) dalle erbe infestanti? Ci vuole solo diligenza ed amore per le cose ordinate e belle. Ovviamente si potrebbe obbiettare che molta responsabilità è da attribuire al cittadino ed è pure vero, ma è anche vero che una certa azione educatrice è pure necessaria da parte di chi ha il dovere di gestire gli spazi comuni, ed è noto che in questo campo l’azione del comune quando è attenta ed  oculata genera l’imitazione e forse potrebbe mandare in pensione quei brutti ed incivili, ma per il momento necessari; cartelli “E’ vietato calpestare le aiuole”.

 

 

 

I comunisti dalle guance rosse

La storia continua a schiaffeggiare i comunisti

Victor Zaslavsky, Stalin e la sinistra italiana. Dal mito dell’URSS alla fine del comunismo, 1945-1991, Mondadori, Milano 2004.

Elementi fondamentali:

Il PCI ha ricevuto finanziamenti sovietici ed ha dato vita a strutture illegali e clandestine con la diretta collaborazione della polizia politica del Cremino. «Il PCI – osserva Zaslavsky – è il partito finanziato da una potenza straniera più generosamente e per un periodo più lungo rispetto a qualsiasi altro partito europeo o americano nel XX secolo …ed i suoi esponenti sono rimasti membri del Parlamento senza alcuna perdita di prestigio presso l’opinione pubblica e continuano a essere invitati ai programmi televisivi nazionali come esperti di moralità pubblica»

Il giudizio benevolo sul complesso dell’attività illegale e clandestina svolta dal PCI insieme al KGB deriva dal fatto che vi erano il tacito assenso e la sostanziale corresponsabilità dell’establishment italiano a cominciare dalla Dc postdegasperiana.

Il merito di Zaslavsky è quello di ricostruire le vicende storiche ricercandone una logica politica ed evitando l’errore di considerare il comunismo come una sorta di machiavellismo privo di passioni e finalità volte a tradurre in realtà una ideologia.

La “doppiezza” del PCI sin dalla Resistenza va ricondotta alla profonda convinzione che dominava i ragionamenti dei comunisti da Stalin a Togliatti, e cioè che l’imperialismo per la sua stessa natura imponeva la previsione di un attacco all’URSS e di un nuovo conflitto mondiale, e che il fascismo era una stadio della borghesia.

Vediamo così il PCI sviluppare, sin dagli inizi della sua partecipazione all’unità antifascista nel CLN del Sud e nel CLN dell’Alta Italia, una “Resistenza parallela” con proprie strutture e obiettivi distinti, azione che colloca,  nel contesto internazionale il PCI come parte integrante del “mondo comunista” guidato da Stalin e, conseguentemente, analizza lo svolgimento della Resistenza alla luce degli sviluppi  bellici.

Sempre più il PCI insieme all’ambasciata sovietica e al KGB trasforma l’ex apparato cospirativo in una rete di spionaggio. In due direzioni: «la raccolta di informazioni sulle tecnologie industriali e militari» da trasmettere agli avversari della Nato, e la tenuta sotto controllo di politici dello stesso PCI. A questo scopo negli anni Settanta – quelli del “compromesso storico” e dell’”eurocomunismo” – il PCI aveva attivato «un’ampia rete di collegamenti radio tra una quindicina delle principali città italiane e il quartiere generale del KGB a Mosca». Usando anche operai delle compagnie telefoniche il PCI di Berlinguer aveva sotto controllo «comunicazioni telefoniche e postali».

***

Antonio Carioti, Eugenio Reale, l’uomo che sfidò Togliatti, Liberal Libri, Roma 1998, ricostruisce i momenti in cui Togliatti, a metà degli anni Cinquanta, temeva potesse scoppiare uno scandalo sui finanziamenti illegali del PCI: abbiamo di fronte un leader impaurito e sfuggente e un partito tutt’altro che sul piede di guerra. Così come la stabilizzazione a cui era interessato il KGB poteva tutt’al più riguardare il governo di cui egli era ministro avendo come interlocutore designato da Berlinguer per i problemi della sicurezza dello Stato italiano proprio quel Pecchioli che era il responsabile dell’apparato clandestino addestrato dal KGB. Ma al di là delle interpretazioni rimane il dato di fatto che da Taviani a Cossiga per giustificare il loro comportamento si è portati di conseguenza a dipingere il PCI come un baluardo della democrazia occidentale. Quasi che Togliatti e il PCI abbiano salvato l’Italia dal comunismo.

 

 

 

Carmelo Modica

 

 

***

 

 

 

Carta Bianca

Finestra sul consiglio comunale di Modica e ...dintorni.

Rubrica mensile a cura di Carmelo Modica

giugno 2004

 

Grande fratello e persone vere, ma una sola cosa necessaria: Modica ha bisogno di essere governata anche con soluzioni eretiche

 

Mentre scriviamo (10 giugno 2004) non conosciamo l’esito delle elezioni europee, ma dobbiamo chiarire subito che detti risultati non ci interessano affatto, perché essi incideranno nella società modicana nella stessa misura in cui ha inciso, a sua tempo la decisione di “Costantino” (Amici di De Filippi) di lasciare “Alessandra” e nella stessa misura in cui ha agito sui modicani ogni “nomination” del grande Fratello.

Dello stesso livello, infatti, ci appare la promessa di “serenità” che ci ha promesso Cuffaro che, però, è da lui perseguibile solo dopo aver acquisito [per lui] l’immunità parlamentare o il constatare che una volta i comunisti per essere migliori alla Togliatti dovevano essere capaci di prendere ordini da Stalin, ora ex, post, e catto-comunisti indicano che per divenire persone vere (Latteri: servono persone vere) occorre prima passare da Berlusconi e poi ap[prodi]are a sinistra.

Si dice che le elezioni sono la manifestazione più piena di significato della democrazia. E’ vero! Ma proprio per questo in esse si misura la qualità della stessa.

Queste elezioni europee a Modica (ma riteniamo che il fenomeno sia generale), nella parte finale hanno sfoderato l’arma del votare modicano che fa poi a pugni con il continuo evocare i grandi spazi dell’Europa e la continua accusa di provincialismo che viene mossa a chiunque muova anche un piccolo appunto a questa Europa dei banchieri e non dei Popoli.

Apriti cielo se si dovesse sostenere che una vera democrazia dovrebbe consentire al modicano di eleggere un friulano al parlamento nazionale, lasciando alla seconda camera e ad altre istituzioni il compito di rappresentare in maniera adeguata le realtà etniche, territoriali e regionali ed al modicano, cittadino europeo di potere eleggere un candidato francese o di qualsiasi altra nazione dell’ Europa. [Digressione fantapolitica: negli anni 50, in una Europa che avesse compreso l’Unione sovietica, i comunisti italiani, con questo sistema, avrebbero eletto Stalin al Parlamento Europeo].

Comunque questi sono processi in evoluzione anche se in questo momento in Italia, per l’assenza di elezioni primarie, tale evoluzione sta praticando canoni semi-totalitari: basta analizzare con quali criteri antidemocratici vengono scelti i candidati in tutti i partiti non esclusi neanche quelli più piccoli.

Ma ora ci preme evidenziare che queste elezioni, con il proporzionale puro, hanno posto i partiti, dello stesso schieramento maggioritario, in contrasto fra loro, in altri termini hanno dovuto litigare o dire le cose di nascosto, per la durata della campagna elettorale ed ora devono ritornare ad essere buoni amici per governare la regione le province ed i  comuni: trionfo della ipocrisia.

Modica non fa eccezioni ecco perché in un pubblico comizio in Piazza Matteotti alcuni “Chiarissimi professori e “persone vere”, prima indicate, hanno cavalcato  [o lanciato?] la naturale contrapposizione tra Forza Italia ed UDC per inserire una propria strategia. Ma la sinistra usa questo grimaldello perché sa che può funzionare, ecco perché noi riteniamo che il Sindaco Torchi e le forze che sostennero la sua elezione abbiano il dovere, subito, di operare una verifica che riprogrammi un progetto operativo per il periodo che ci separa dalle prossime elezioni comunali, ma in via principale ricrei l’iniziale entusiasmo.

Tale verifica deve essere severa ed animata da una predisposizione di tutte le forze della coalizione a rimettersi in discussione. In altre parole deve essere autentica cioè capace anche di concludersi con soluzioni chiare e nette non escludendo anche soluzioni eretiche.

 

 

Un Torchi due con un recupero di autenticità.

Sta divenendo una caratteristica del “Dialogo” ospitare articoli che pur essendo scritti da persone che si rifanno ad impostazioni decisamente diverse mantengono un filo conduttore comune di antagonismo che a noi piace definire uno sforzo continuo di instaurare rapporti ed analisi basati su criteri di autenticità dalla quale si potrebbero trarre spunti per far scaturire una rinnovata prassi dell’azione.

Nell’ultimo numero questi indiretti collegamenti ci sono sembrati più corposi, quasi come segni della nascita di un gruppo primario. In tale direzione agisce Pippo Guerrieri quando, senza se e senza ma, evidenzia che la politica è innanzitutto un affare per i candidati; o Giuseppe Ascenzo quando con considerazioni di alto livello pone all’angolo il consigliere comunale Cavallino cogliendo nelle sue dichiarazioni  (per giustificare la sua migrazione in altro partito) i segni inconfutabili della insignificanza e dell’origine del degrado politico; ma anche “Terzo occhio” da questa singolare postazione, si muove nello stesso canovaccio quando, a modo suo, descrive il concetto di dignità del Sindaco; il tutto magistralmente sintetizzato dalla direzione del giornale che riportando uno stralcio della Fallaci (Il declino dell’intelligenza) ci fornisce le linee di vetta di analisi approfondite sullo spirito dei tempi attuali.

Questa premessa ci è sembrata la migliore per tentare di dare sostanza all’annunciata “resa dei conti” nel comune di Modica che a nostro avviso non è rivitalizzabile con altre elezioni, con altri sindaci, ma con un recupero di autenticità che ovviamente se vera e severa potrebbe essere l’origine di assonanze anche eretiche o se si vuole anche di nuove elezioni.

Noi viviamo un’epoca caratterizzata da rapporti interpersonali inautentici dove le relazioni tra persone riconducibili alla stessa cultura o alla stessa idea sono rapporti superficiali.

Quanto sta avvenendo a Modica dimostra che il problema non è il programma né la scarsa disponibilità di risorse economiche: governare significa gestire le risorse che si hanno poche o molte che siano,  e ciò può essere fatto bene o male.

La maggiore o minore disponibilità economica appartiene al mondo delle quantità: la qualità è un’altra cosa.

Per fare un esempio che ci sta particolarmente a cuore possiamo dire che, nel mondo della quantità, l’assenza di risorse economiche potrà aver impedito dal 29 marzo 1996 la pubblicazione degli atti del 7° centenario della Contea (da ben otto anni) ma non vi è dubbio che non aver dato la possibilità agli studiosi di visionare, in questi anni, senza doversi raccomandare a destra e manca, le relazioni del convegno appartiene al modo della qualità:qualità della gestione dell’assessorato alla cultura (in verità la precedente amministrazione ha le maggiori colpe).

Potremmo riportare vastissimi esempi come questi che dimostrano come il recupero dell’autenticità e della franchezza siano la base necessaria base per ogni progetto di governo. Ma torneremo sull’argomento.

 

 

 

 

…per la definizione di un DNA comunista.

Esaminiamo la “scatola nera” del comunista.

Noi siamo convinti che tutti i comportamenti umani sono utili per ricostruire il modo di essere di chi li mette in atto. Molti comportamenti sono poco significativi, altri di più. Molto spesso essi sono solo capaci di evidenziare aspetti particolari del carattere, altre volte sono, distrazioni sporadiche che anche quando evocano difetti, tare o pregi di alto livello proprio per questa loro sporadicità non possono essere utilizzate per definirne il pensiero o il modo di essere. Esistono, invece, comportamenti ed azioni che per la loro intrinseca valenza indicano, senza ombra di dubbio connotati caratteriali e culturali inequivocabili. La storiografia di questo secondo dopoguerra ha indagato in maniera eccezionale i totalitarismi del novecento, fascismo e nazismo in maniera particolare. Finalmente ora tocca al comunismo.

In questa nostra piccola rubrica annoteremo quei fatti (non opinioni) della storia dei comunisti  che vanno oltre a quanto il contesto generale del momento è in grado normalmente di giustificare o di far comprendere per disegnare un modo antropologico di essere.

 

11 maggio 1944 “L'azione comunista” definisce l’uccisione di qualche giorno prima del filosofo Giovanni Gentile da parte di un commando comunista un “severo ammaestramento etico capace di ispirare alla gioventù patriottica i più alti sentimenti di onore e di sacrificio."

 

Jugoslavia partigiani comunisti di Tito. Ordinanza emessa dal Commissario politico Novak nel settembre del 1943: «tutti coloro che non conoscono abbastanza la storia del comunismo e non mostrano sufficiente interesse, devono essere liquidati... la purga deve essere effettuata con molta discrezione e vi riterrò responsabili se qualcuno fa qualche soffiata». (Stefano Magni, Giugno '44: l'altra "liberazione" in Ragionpolitica, settimanale on line n.60 del 4 giugno 2004)

 

Nella foresta di Katyn furono eliminati, con un colpo alla nuca, migliaia di ufficiali polacchi l’eccidio venne attribuito ai tedeschi e tale eccidio al processo di Norimberga venne inserito tra i capi di imputazione. Nel 1989 un dossier della Croce Rossa polacca datato giugno 1940, rinvenuto negli archivi britannici rivelava che erano stati i russi e non i tedeschi a compiere la strage, tanto che Gorbaciov ammise nel 1990 le responsabilità sovietiche e tre anni dopo Eltsin espresse alla Polonia il cordoglio di Mosca.

 

Eroi della resistenza. Francesco Modanino, uno dei più osannati capi della Resistenza comunista, poi deputato dello stesso P.C.I., fu condannato all'ergastolo il 18 Aprile 1957 dalla corte d'Assise d'Appello di Firenze per l'assassinio di sette persone nel corso degli ultimi anni di guerra. I sette (tra cui due donne del tutto ignare di cose di politica) erano anch'essi partigiani non comunisti.

Godendo dell'immunità parlamentare Moranino non fece nemmeno un giorno di carcere, quando poi venne raggiunto nel 1965 dalla grazia concessagli dal Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, i comunisti scrissero che "con lui tornava in Italia un comunista di cui il partito e la classe operaia vanno fieri".

 

 

 

Schemino

I comunisti vanno al potere ed instaurano dittature

I comunisti che vivono nelle democrazie attaccano le dittature anticomuniste accusandoli di crudeltà, mancanza di democrazia, eccidi e sangue: tutte cose che sono identiche, se non più lievi, a quelle delle loro dittature

Per i comunisti esiste, pertanto, una criminalità comunista ammissibile e democratica ed una criminalità anticomunista intollerabile: i comunisti sono il centro della morale

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

 

 

Carta Bianca

Finestra sul consiglio comunale di Modica e ...dintorni.

Rubrica mensile a cura di Carmelo Modica

ottobre 2004

Modica e Ragusa La casa delle libertà si presenta

“Il potere si serve del popolo come il sedere si serve del rotolo.”

Questa  è la frase che a Catania nel 1983 apparve una mattina sul muro nei pressi del Teatro Massimo scritta a caratteri cubitali ed estesa almeno 20 metri.

La evochiamo adesso perché le due “verifiche politiche” che si sono realizzate al Comune di Modica ed alla provincia regionale di Ragusa dimostrano quanto abbia visto giusto quell’anonimo estensore della frase del 1983.

Come è noto noi abbiamo sostenuto entrambe le Amministrazioni all’atto del loro primo insediamento, ma ciò non ci impedisce di esprimere il nostro più deciso dissenso per come sono state gestite le due cosiddette verifiche politiche. Anzi proprio per questo sentiamo la necessità di prendere le distanze da tutta una serie di atteggiamenti e provvedimenti che tradiscono lo spirito iniziale della casa delle libertà per non parlare di un programma strombazzato magnificato ed accantonato.

Non vogliamo analizzare le autentiche sciocchezze dette per motivare il cambio degli assessori sia a Modica che a Ragusa che non rispondono a nessun criterio di buon senso, di correttezza amministrativa, di valutazione dei risultati, e meno che mai di nuove competenze. Ogni valutazione è contraddittoria con l’altra della stessa verifica, così per la nomina di alcuni Assessori, Sindaco e Presidente si giustificano  richiamando la centralità del partito sancita, tra l’altro dalla nostra Costituzione,  mentre per altri si disconosce la segnalazione e la designazione del segretario provinciale di Alleanza nazionale per obbedire non ai partiti ma agli onorevoli di quel partito che nella qualità politica dei suoi onorevoli iblei ha raggiunto il livello più basso.

Tutti sono d’accordo che la madre della peggiore tirannia è sempre stata una democrazia che non funziona ed il come sono state realizzate le due verifiche sono un esempio di oligarchie pericolose dove il popolo ha la funzione del… sedere…

 

Del governo dei migliori e del nostro passaggio dall’alleanza alla non opposizione.

L’on. Drago nella parte finale della campagna elettorale per le elezioni europee parlando, della necessità di una verifica politica a Modica ha coniato una nuova formula, dicendo che “si deve andare verso la formazione di un governo dei migliori”. Questa frase ed il modo che è stato adottato per attuare la verifica sta a dimostrare che sarebbe sufficiente avere memoria per raccogliere tutti gli elementi necessari per corrette valutazioni.

Questa frase dell’on. Drago, infatti coordinata con i risultati della verifica significa:

  • Che il governo di Modica prima della verifica non fosse il “Governo migliore”;
  • Che gli assessori dell’UDC erano già migliori, considerato che non sono stati cambiati;
  • Che gli assessori peggiori erano quelli di Forza Italia considerato che sono stati cambiati;
  • Che i nuovi assessori, essendo per definizione migliori, consentiranno agli altri di esprimere quelle altissime potenzialità che i peggiori finalmente estromessi non gli avevano consentito di fare.

Pare fin troppo ovvio che queste considerazioni alimentano il nostro pessimismo e non potendo accettare che si faccia scempio del significato di “migliore” noi prendiamo le distanze da tale governo rinunciando all’alleanza per passare alla non opposizione.

 

Ne siamo certi: non è mafia! Ma non si può smentire che gli somigli moltissimo.

Si verifica molto spesso, nel divenire della vita, che il bene (o il normale) utilizza gli stessi schemi operativi o procedure del male e, quindi, solo la sostanza delle cose diventa l’unico discrimine e l’unico elemento di valutazione tra l’uno e l’altro.

Tutti gli studiosi di mafia sono d’accordo che, in estrema sintesi, la mafia tenta di sostituirsi allo Stato realizzando un controllo del territorio sia in termini geografici sia in termini di settori produttivi da sottoporre al suo dominio. Questo processo di solito prevede una contesa tra più “famiglie” ciascuna con un capofamiglia che applicando la legge della forza fisica e, quando non basta, quella del piombo operano, prima la eliminazione delle famiglie più deboli e poi un accordo tra le famiglie più forti giungendo ad un accordo.

Tale accordo rimane in vigore fino a quando non avviene qualche violazione. Se tale accordo viene rispettato della mafia si accorgono solo i pagatori del pizzo. Quando qualche “famiglia” ritiene che sia maturato il tempo per tentare di acquisire un maggior potere, oppure una nuova “famiglia” cerca di inserirsi, rinasce la contesa che magari si manifesta per i pagatori del pizzo dall’essere contattati da altre facce e, quando vi è qualche resistenza, da morti ammazzati appartenenti alle famiglie in lotta. La contesa avrà termine solo quando si troverà un nuovo equilibrio che lascia tanti morti sul selciato ed un nuovo organigramma: e tutto ciò fino alla prossima contesa.

Noi abbiamo partecipato ad incontri tra delegazioni politiche per stabilire organigrammi e programmi. Ebbene si verificava che quando non erano presenti gli onorevoli o a volte quell’onorevole più onorevole degli altri si parlava di cose banali. Poi avveniva che mentre le delegazioni sproloquiavano di pure banalità gli onorevoli si appartavano: due chiacchere e quindi tornavano con l’accordo fatto che poi per pudore si diceva che sarebbe stato ratificato dai partiti cioè di quelle mezze calzette di segretari del partito messi là dagli stessi onorevoli che o ratificavano o venivano commissariati.

Pare fin troppo ovvio che un accordo di questo tipo somiglia molto a quello di cupola che non può essere definito di cupola solo perché non sappiamo cosa si dicessero i due o tre onorevoli che si appartavano.

Le verifiche anche queste avvengono come abbiamo appena descritto. Alla fine come alla provincia di Ragusa rimangono morti sul selciato e nuovi organigrammi, gli uni non sono morti perché hanno demeritato, né i nuovi possono esibire meriti particolari.

E’ democrazia o forza bruta: è in questa “sostanza” che occorre indagare per distinguere la mafia dalla politica?

 

Storici e sedicenti storici: un esempio

Noi abbiamo sempre distinto il dono dal regalo ed il libro, il suo libro, che Margherita Bonomo ci ha voluto dare onorandoci di un “a Carmelo Modica con amicizia”  si è rivelato man mano che lo leggevamo un vero dono.

Perché un dono? A noi sembra che Renzo De Felice più che fondamentali opere storiche ci ha lasciato una scuola di storiografia e la Margherita Bonomo, per noi modicani in particolare, ne rappresenta un esempio chiaro.

Nella classifica tra storici e lettori di storia noi, pur avendo letto molto, non abbiamo neanche lontanamente la presunzione di appartenere alla prima, ma questa consapevolezza non ci impedisce di avere la presunzione di distinguere la faziosità dalla storia né ci impedisce di definire sedicenti storici coloro i quali reagiscono alle novità introdotte dall’apertura di nuovi archivi (degli ex paesi comunisti in particolare) o dalla rivisitazione delle opere scritte dai vinti, bollando di revisionismo storico ogni fatto o documento che getta delle ombre alle verità politicamente ormai acquisite.

Distinguere uno storico da un sedicente storico non è cosa facile, anche per divoratori di libri di storia. Ma leggere di libri recensioni e quanto gira attorno al libro ci consente di acquisire elementari conoscenze.

In Italia, specie a livello cattedratico si tenta di costruire dei clan più che delle scuole. Ovvero una sorta di club dove ci si recensisce reciprocamente creando dal nulla una teoria o un caposcuola, spesso dei capiscuola, molto spesso baroni universitari (nel senso più dispregiativo). Sono gli stessi che in questo dopoguerra sbraitano contro la scuola dei padroni occupando la pagina culturale delle più importanti testate nazionali per vigilare contro ogni revisionismo delle verità ormai consolidate ricorrendo a veri e propri fuochi di sbarramento contro teorie e personaggi emergenti. Personaggi che appartengono ad uno schieramento politico che pur avendo realizzato una egemonia culturale in tutti i settori della vita politica e culturale nella Rai e nella carta stampata, pur avendo assunto per un certo periodo il governo dell’Italia non hanno  avuto la capacità di sostituire la riforma Gentile, forse per non rinunciare alla possibilità permanente di definire oscurantista quella riforma,  perchè non vi è di meglio o perché senza la scuola Gentile sarebbero stati privi dell’oggetto da utilizzare come accusa di oscurantismo culturale.

Ci sembra sufficiente, quindi, essere lettori di storia e non storici per poter comprendere che le false interpretazioni storiche o l’utilizzo di strumenti storici inadeguati vanno combattute dimostrando la falsità dei documenti o la contraddittorietà delle loro interpretazioni  e non con la demonizzazione tout court, ed immotivate, dichiarazioni di inaccettabilità.

La storia per propria natura ed essenza è il risultato dell’attività di revisionare alla luce dei nuovi documenti e testimonianze che vengono alla luce. Quindi il fare “mala storia” non può essere definito “revisionismo” senza aggettivi ma è qualcosa altro.

Abbiamo voluto aprire questa parentesi per dire che abbiamo letto il libro della Bonomo godendo del giusto distacco e disincanto  manifestato dall’autrice in ogni rigo della sua, peraltro gradevolissima esposizione, pur trattando un tema che ad un sedicente storico avrebbe consentito speculazioni metastoriche.

Il Mussolini che cerca di ben usare gli strumenti che la tecnica cinematografica gli offre è uguale al Berlusconi o al Dalema o al Bertinotti di turno: non è né peggiore né più devastante, né una colpa o una diavoleria in più che il dittatore ha utilizzato rispetto ai politici democratici.

L’autrice non si preoccupa, come di fatto il suo Maestro De Felice, di darci per questo aspetto, un Mussolini uguale a tutti i capi di governo della storia che hanno curato l’immagine del potere o pilotato sapientemente la “presentazione” della propria azione politica.

Ecco, sempre da lettori di storia, noi abbiamo gradito l’opera della Bonomo anche perché ci ha fatto comprendere meglio la differenza tra storico e sedicente storico facendoci anche comprendere, proprio qui a Modica, che tale “qualità” non è influenzata dall’essere titolare di cattedra universitaria ma è determinata solo dalla faziosità politica.

Leggendo il libro della Bonomo abbiamo acquisito la convinzione che agli scrittori, storici e pubblicisti modicani o no, a livello di qualità e metodo storico non rimane che rincorrere.

Bonomo Margherita, Salò News. I cinegiornali nella RSI, Edizioni  ANCCI (Associazione Nazionale Circolo Cinematografici Italiani). Roma 1998, pp.166, 52 Fotografie.

 

Lettera aperta a Padre Sortino

 

Domenica 3 ottobre la celebrazione della Santa Messa serale è stata disturbata dal continuo giocare a voce alta di due innocentissimi bambini accompagnati da, a mio avviso, colpevolissimi genitori, i quali coperti da quel “…lasciate che i bambini vengano a me…” che Gesù ha detto (riferendosi decisamente ad un’altra cosa) se ne sono completamenti fregati di mezza chiesa intera che si girava verso il fondo della chiesa dove erano posizionati i due pargoletti .

Veda Padre Sortino Lei sa quanto La stimo, ma direi di più perché certamente la voglio bene, ma perché la chiesa ha timore di redarguire, certamente con le buone maniere, simili comportamenti?

Ovviamente mi rattristerebbe sentirmi dire che a volte le mamme non sanno dove lasciare i bambini o facezie di questo genere. Ancora peggio se per la Chiesa fosse meglio far prendere l’abitudine ad andare in chiesa ad un bambino di tre quattro anni piuttosto che consentire ad un comune cristiano di seguire la Santa Messa.

Questi episodi, per certi aspetti insignificanti, a me aprono sempre scenari più ampi, infatti, mi chiedo perché non mi si deve consentire di ascoltare la Santa Messa entrando in comunione con Dio; cosa che non dipende solo dal mio atteggiamento interiore ma ancor di più dalla magnificenza dei riti e dai climi complessivi che vengono a crearsi durante la celebrazione.

Padre Sortino io ricordo, in quel di San Teodoro, quante volte il mio Padre Casiraro mi fece diventare rosso in viso ogni qual volta, da piccolo, non mi comportavo in maniera conveniente.

Né è accettabile sentirmi dire, e qualcuno lo ha fatto, che io in comunione con Dio posso entrarci quando voglio, perché sarebbe come tradire la stessa essenza della Santa Messa che,o è Comunitaria o non è.

Lei sa che io già non sopporto molte innovazioni del Vaticano II ma questo andare a Messa per adempiere ad un atto dovuto o peggio come si andasse ad uno spettacolo, mi sembra il sintomo di gravi assenze di tensione spirituale inconciliabili con l’essere cristiani.

Io credo che anche questo proliferare di gruppi e gruppetti in seno alla Chiesa sia dovuta anche ad una forma di insoddisfazione di questo tipo, e sembra fin troppo evidente che più gruppi nascono più si alimenta  quel senso di caos dove ognuno si sente legittimato a pontificare proprie ortodossie prima nei riti e poi nella “Parola”.

La saluto nella certezza che il buon Dio la conserverà in buona salute per più dei due o tre anni che ha chiesto.

 

Carmelo Modica

 

 

 

Non carta bianca

Ti trasmetto questa intervista che mi era stata richiesta da un quotidiano e poi non andò in porto. Utilizzala come vuoi non certamente in carta bianca. Comunque io avrei interesse ad una sua pubblicazione perché con una adeguata rassegna stampa dovrebbe essere facilitata la proposta che avanzerò di istituzionalizzare la manifestazione. Comunque vedi tu.

 

 

Intervista a Carmelo Modica sul Genius Loci

 

 

Anche se sembra voglia defilarsi è noto che Lei per conto dell’associazione Ciaria è stato ed è l’animatore del Genius Loci che quest’anno ha realizzato la seconda parte della rassegna delle tesi di Laurea su Modica. Vuole tracciare un bilancio ed indicare i progetti futuri?

 

Il bilancio è decisamente positivo ed una esperienza unica. Ci corre l’obbligo di ringraziare, però, il Comune e provincia, oltre ad alcune ditte locali, per aver consentito la realizzazione del progetto ed ancor di più per la disponibilità già manifestata di istituzionalizzare l’evento per il futuro.

Ci sembra giusto, inoltre, evidenziare che il progetto era stato proposto ed accettato anche dal Prof. Giuseppe Barone, nella qualità di assessore della precedente Amministrazione.Poi non venne realizzato perché intervennero le elezioni comunali con la sconfitta della sinistra. Questo particolare è sintomatico perché qualifica il progetto come un evento puramente culturale non riconducibile in alcun modo a visioni politiche o di schieramento.

 

Perchè Genius Loci?

 

Noi sentiamo il Genius Loci come un fortissimo sentimento di appartenenza alla nostra terra che deriva dall’innato e forse ancestrale senso o desiderio di appartenenza a un luogo, di radicamento in una terra elettiva, di ricerca di un orizzonte in cui appaesarsi. Sentiamo il Genius Loci come la necessità della difesa delle differenze, delle identità e delle tradizioni che si incarnano in patrie territorialmente definite che, quindi, cerchiamo di accompagnare alla valorizzazione della memoria, dell'eredità culturale, in un'idea di comunità allargata agli ascendenti e ai venturi, oltre che alla terra stessa. Sentiamo il Genius Loci come l’elemento fondante del sentimento di Comunità che non si traduce nel banale amore per i nostri concittadini ma nel sentimento gratificante di avere con loro un comune passato ed una comune memoria, permanente stratificazione della cultura dei nostri padri, ed un comune destino.

 

Perché in questo progetto molto ampio e complesso ha iniziato con la rassegna delle tesi di Laurea su Modica?

 

Perché dopo aver dato una rapida occhiata ai titoli delle tesi di Laurea già discusse, ci è sembrato l’approccio più adeguato. Infatti, in esse viene a definirsi la fisionomia del nostro “luogo” con le segnature del passato, il modo di differenziare i territori dell'abitazione e della coltivazione da quelli selvatici e boschivi, ai tipi di colture agricole, ai tracciati stradali, alle modalità del costruire, fino a alle tracce architettoniche e topografiche più antiche. In esse si delinea il complesso e sensibile universo di azioni, memorie, identità: una sorta di diagramma del senso che la nostra comunità e la nostra cultura ha riconosciuto al proprio abitare, tramandandolo nella configurazione visibile del proprio paesaggio, rendendo visibile ai noi l'amore e l'identificazione con la propria terra attraverso la cura rivolta ad essa lungo i secoli. In esse noi rileviamo cosa ci permette di "sentirci a casa", di riconoscerci nell'appartenenza a un ben preciso orizzonte, che non è mai soltanto il risarcimento estetizzante e momentaneo di una fruizione turistica, ma, appunto, il sentirsi parte di quella cultura e di quelle tradizioni che hanno informato di sé i luoghi, ricevendone in cambio possibilità e ricchezza simbolica.

 

Come mai non ha ritenuto di allargare la ricerca all’ambito ibleo, anziché limitarlo solo a quello modicano?

 

Forse la risposta è nella nostra definizione di Genius Loci. Intendiamo dire che il nostro Genius Loci più immediato e più carnale è quello modicano. Ciò non esclude, però, che non si possa integrare con un progetto provinciale…per il momento vogliamo completare quello modicano…

 

…che prevede?

 

Il progetto si completerà l’anno prossimo con la pubblicazione di un cofanetto che comprenderà i due cataloghi di queste prime due edizioni ed un terzo fascicolo che avrà il compito di rendere organico l’intero lavoro. Infatti in esso sarà raccolto un indice dei nomi dei tre fascicoli, alcune schede di lettura di altre tesi che sono sfuggite a questo monitoraggio  il tutto impreziosito da qualche saggio riepilogativo tra i quali uno di un personaggio importante della cultura italiana che stiamo contattando.

 

Ma come avete fatto a reperire le ben 125  tesi di Laurea che sono state recensite?

 

Un lavoro pesante ma Le assicuro gratificante. Alcune le abbiamo trovate in archivi e biblioteche, ma la maggior parte con il passa parola e con una infinita quantità di telefonate alla ricerca, tra i tanti Mario Rossi, del Mario Rossi che aveva discusso la tesi della quale ci era giunta notizia incerta della sua esistenza.

Un lavoro importante che ha prodotto due cataloghi che hanno un valore inestimabile per i ricercatori e gli studiosi perché fonte di notizie non altrimenti acquisibili.

 

Ci dica qualcosa dello staff.

 

Per il primo catalogo, che raggruppava principalmente tesi di letteratura e storia, abbiamo chiesto l’aiuto di Giancarlo Poidomani, giovane e promettentissimo ricercatore modicano, di una giovanissima studiosa Sonia Occhipinti e Giuseppe Nativo, uno studioso ragusano che recentemente ha pubblicato un libro sull’inquisizione. Per ciascuna tesi di laurea è stata redatta una scheda di lettura indicante dati anagrafici dell’autore, indice e sintesi del contenuto ed eventuale archivio dopo può essere consultata. Poi il prof. Giuseppe Barone ha impreziosito il catalogo con una sua postfazione mentre l’architetto Saro Jacopo Cascino ha indicato il significato del lavoro.

Il catalogo di quest’anno, dove sono state prevalenti le tesi di architettura, è stato curato nei minimi particolari dall’architetto Carlo Catacchio con relazioni dell’architetto Gianfranco Garofalo, del prof. Giuseppe Ascenzo e di Giuseppe Nativo ed una postilla dell’architetto Saro Jacopo Cascino.

Il lavoro è stato molto apprezzato ed abbiamo dei contatti con alcuni professori dell’Università di Palermo, di Catania e di Messina per ulteriori sviluppi della nostra iniziativa. La manifestazione di quest’anno, che si è svolta nel bellissimo scenario del Castello dei Conti, ha avuto l’impareggiabile regia nella ricercatrice locale Margherita Bonomo che tenteremo di coinvolgere nei nostri progetti futuri. Come vede esistono tutti i presupposti per creare un gruppo umano che possa fare cultura in maniera efficace.

 

Ha già qualcosa in mente quando parla di ulteriori iniziative culturali?

 

Nell’immediato stiamo valutando l’idea che nel prossimo Genius Loci 2005 con la presentazione del cofanetto, che conclude La rassegna delle tesi di Laurea su Modica, pensiamo di pubblicare il bando di concorso per la migliore tesi di Laurea ed il miglior saggio su Modica che sarà un premio biennale.

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Novembre 2004

Carta Bianca

Finestra sul consiglio comunale di Modica e ...dintorni.

Rubrica mensile a cura di Carmelo Modica

 

La normalità elogiata della Giunta dei migliori

Ci sono due modi di osservare la politica modicana. Uno è quello di discutere di chi e quanti hanno il merito della realizzazione di un ponte nei 20 anni che sono passati dal progetto alla realizzazione oppure quello di attribuire all’alluvione mediatica le fortune dell’Amministrazione.

Un altro modo è quello di guardare oltre ai provvedimenti, analizzando quali sono i meccanismi psicologici che producono comunicati stampa relativi ad autentiche banalità e del perché ormai nessuno amministratore arrossisce nell’inaugurare ponti dopo venti anni oppure (come dice anche terzo occhio) inaugurare rotonde ed ascensori o ancora quell’accettare senza prendere provvedimenti,  l’ormai evidente dissesto della macchina burocratica come una autentica palla al piede come se la sua efficienza fosse estranea all’Amministrazione.

Occorre recuperare a nostro avviso il senso della normalità e chiedersi quale esso sia quando i servizi svolti in occasione della commemorazione dei defunti, che in termini tecnici sono dei servizi di ordinarissimi amministrazione, divengono per i nostri amministratori occasione per parlare di “alto livello organizzativo dimostrato dalla macchina comunale… con i complimenti per… un coordinamento e dedizione degli assessori all’ecologia ed alla viabilità fuori dal comune (Il giornale di Sicilia del 5 novembre 2004). Una normalità elogiata è a nostro avviso sintomatica di sentimenti scarsi, come lo è sempre l’autoincensamento, ed, ancora peggio, è devastante e diseducativo perché non fa cogliere il limite del dovere essendo noto, per dirla con padre Sortino, che l’elogio ed i complimenti dovrebbero iniziare la dove finisce il dovere ed allora qualcuno dovrebbe spiegarci quali sono le mansioni normali di ciascun dipendente del Comune, sempre che esista un mansionario.

Se si fosse seri in questo, cari amministratori, acquisirebbero una diversa valenza anche le cose buone che state facendo, che non possono non risultare inquinate da una mentalità che pone in evidenza autentiche carenze di buon senso, saggezza e buon gusto.

 

 

Lettera aperta ai consiglieri comunali di Modica

Uso, contrariamente al solito, la prima persona singolare perché sia chiaro che questa lettera è un’iniziativa mia e solo mia. Ricordo che in occasione dei festeggiamenti  a favore del giornale di Scicli mi venne l’idea di chiedere all’Amministrazione di adottare dei provvedimenti che potessero aiutare in qualche modo la stampa locale. Mi fu detto da un amministratore, che mi risulta essere un grande fotocopiatore del Dialogo: “ma stai scherzando? Favorire un giornale che ci dà sempre addosso?”

Vedete cari consiglieri questa è la prova di quanto spesso vado dicendo o scrivendo sul modo di essere democratici a Modica. Avrei meglio compreso di più se si fossero posti ostacoli di compatibilità amministrativa ma quella risposta, la considero il sintomo evidente di una mentalità malata e totalitaria.

Cari consiglieri, l’anno prossimo Dialogo compie 30 anni. Chi ha qualche conoscenza del lavoro che c’è dietro la realizzazione di un giornale sa che tenere sulla breccia un giornale, tutti i mesi, uno dopo l’altro, per trent’anni è un’opera titanica che merita un riconoscimento. Dialogo è un figlio illustre di Modica, che supera anche il suo direttore per acquisire quasi una personalità autonoma, ora più che mai è un’officina che vede convivere anime spesso contrapposte.

Dialogo non può essere valutato in funzione della sua linea politica e sostenuto solo se mortifica la sua dignità ponendosi al servizio del potere.

Se oltre ad alcuni amministratori questo fosse anche il pensiero di voi consiglieri …

 

Spesso, molto spesso, accade che si accendono risse dialettiche furibonde mentre qualcuno da una persiana socchiusa osserva, sorride ed aspetta.

 

Abbiamo ricevuto alcune e-mail con le quali ci  viene contestato il contenuto del nostro pezzo intitolato “ne siamo certi: non è mafia! Ma non si può smentire che gli somigli moltissimo”.Ad alcuni non è andato giù quel nostro riferimento alle verifiche politiche al comune di Modica nella quale è nata la “giunta dei migliori” ed a quella della provincia.

Noi riteniamo che occorre riprendere in mano e leggere il brillantissimo saggio, “Democrazie mafiose” di Panfilo Gentile, grande intellettuale e politologo, per cogliere non solo le somiglianze tra mafia e politica ma anche l’humus culturale che spesso pare le accomuni.

La riflessione diviene più interessante se si valutano le carriere economiche e politiche di certi personaggi e potentati modicani, carriere che comprendono anche alcuni scritti dell’anno 1984 che giudicati allora delle illazioni, ora sembrano assumere la qualità di antecedenti necessari a quanto si sta realizzando adesso con la occupazione delle istituzioni attraverso la gestione diretta e totalitaria di partiti.

Le dichiarazioni  di Meno Rosa in occasione della dichiarazione di indipendenza dalla Margherita, quelle che stanno caratterizzando la serrata lotta all’interno di AN e dell’UDC contengono molti elementi di riflessione (Il giornale di Sicilia del 4 e 5 novembre scorso).

Meno Rosa parla di “squallide operazioni di potere” messe in atto dal segretari e dal capogruppo della Margherita, e di “conduzione del gruppo consiliare superficiale ed alla carlona… una opposizione scialba fatta di politichese, schizofrenica, demagogica. Azione politica esterna nulla e priva di riferimenti nei quartieri e nell’opinione pubblica”. Parole pesantissime sia nei confronti del proprio partito che degli alleati di opposizione, alle quali gli ex compagni di cordata della sinistra hanno balbettato solo un respingimento delle accuse, senza nulla di sostanzioso nei contenuti se non una freddissima e poco convinta reazione del prof. Barone che in poche parole esprime il concetto che tutto sommato il centrodestra sta solo realizzando quanto il centrosinistra aveva ottimamente avviato, quasi a dire  che non c’è nulla a cui opporsi.

Parole pesantissime di Meno Rosa che nell’ex compagno di cordata Nino Frasca Caccia provocano la pilatesca decisione di rispettare la decisione di Meno Rosa (e cos’altro avrebbe voluto fare?) e nella maggioranza che i dissidi nella sinistra non sono migliori dei loro. Venite comari

Per Carmelo Scarso,nuovo capogruppo di Forza Italia nelle dimissioni di Meno Rosa non ha visto motivazioni politiche. Questa opinione, tra le tante pur sembrando la più seria è quella più vuota di contenuto perché non viene spiegato che cosa significa, una volta per tutte, il significato di questa piccola e frequente parola:“politica”.

In parte ce lo dice il consigliere Provinciale Giuseppe Sulsenti che dopo aver detto all’on. Drago che lui 20.000 voti li ha presi perché tutto il partito si è speso e quindi non è giusto che lui a Roma vada rivendicare cariche a titolo personale: come dire che la torta va divisa.

Ma Sulsenti è anche più esplicito quando aggiunge che il suo partito …è condotto con una struttura verticistica, senza coinvolgimento della base e con cariche di assessori distribuite ad personam (La città del 6 novembre 2004) con buona pace, diciamo noi, del l nostro Domenico Pisana che nel piacere di esibire la carica di segretario cittadino dell’UDC forse non si è accorto di essere un segretario in “funzioni vacanti”. “Sono scelte, dice Sulsenti, che devono trovare una giustificazione politica”. Ecco che ritorna la parolina: “politica”.

Noi pensiamo che Sulsenti abbia dato un grosso contributo per individuare nel mercato delle vacche il vero significato della parolina in argomento, significato che traspare evidente anche nella intervista al segretario provinciale dell’UDC, Galazzo che in una pur lunga intervista,nel vano tentativo di spiegare metodi e criteri di gestione del partito è riuscito a far trasparire, evidentissima, che non di gestione si parla ma solo di assegnazione di poltrone.

E la mafia? La democrazia mafiosa?

Spesso, molto spesso, accade che si accendono risse dialettiche furibonde mentre qualcuno da una persiana socchiusa osserva, sorride ed aspetta.

Carmelo Modica

 

 

 

 

 

Terzo occhio ci chiama, noi rispondiamo…Torchiando

 

Se noi fossimo permalosi, come lo è qualche nostro amministratore, manderemmo a quel paese questo impertinente Terzo occhio che qualche volta ci ha punzecchiato ed ora ci inserisce in una ipotesi di Giunta Ombra.

In uno dei suoi primi interventi, Terzo occhio spiegò il perché aveva fatto ricorso all’anonimato e diciamo che ne condividemmo subito gli intenti. In questa sua proposta, questo particolare è ancora più irrilevante considerato che a prescindere di chi egli sia e delle proposte che avanza le decisioni le andrebbero a prendere comunque i nove personaggi che ha chiamato a raccolta.  Quindi, nessun grande fratello, come qualcuno (con finta preoccupazione) ci ha detto, nulla di paragonabile a quanti prendono ordini da potentati economici che a Modica tutti sappiamo dove risiedono e cosa fanno, così come, nelle città mafiose, tutti conoscono “il don che comanda”.

Quello che più ci attrae della proposta di terzo occhio è che i nove modicani chiamati appartengono a schieramenti politici diversi ed in alcuni casi decisamente contrapposti. Se non abbiamo fatto male i conti sette di essi hanno provenienze politiche chiare: quattro di sinistra, uno di destra ed uno democristiano mentre i restanti due, che non hanno mai avuto, per quanto ci risulta, esperienze elettorali, sembra che appartengano, per quanto si può dedurre da alcuni loro scritti, uno all’area moderata cattolica e l’altro all’area progressista.

Abbiamo iniziato con questa prima precisazione perché è quella più istintiva che i quattro amici della latteria si sono posti, nel pieno rispetto del pigro schemino attuale che prevede di sapere chi sono e di quali aree ideologiche provengono i nove.

Diciamo subito che condividiamo il progetto che ci è stato proposto, anche perché conosciamo bene tutti i “chiamati” e nutriamo nei loro confronti una profonda stima. Sarebbe un onore potere sedere attorno allo stesso tavolo.

Un secondo motivo, che ci entusiasma, è quello che Terzo occhio, nei suoi primi accenni metodologici e programmatici, suggerisce modi e tempi che appartengono ad un progetto talmente innovativo ed antagonista negli obiettivi e nei modi da far superare ogni ideologia rendendo armonica ed omogenea, a livello culturale, la compagine che dovrebbe formare la Giunta ombra, riuscendo a far cogliere quel filo conduttore comune che è l’amore per la città, la coerenza e l’onestà intellettuale incontestabile che gli otto (per noi giudicheranno gli altri) hanno ampiamente dimostrato nella loro vita politica e non.

Controllando l’età dei nove ci viene in mente l’idea di realizzare il principio di Napoleone che legò il suo incontestabile successo alla realizzazione di un principio elementare. Egli organizzò il suo esercito ponendo a capo delle sue armate generali giovani, a volte giovanissimi, e diretti collaboratori più maturi. In questo modo egli sfruttò in maniera armonica, efficace e gratificante, anche per la linea di comando, quelle doti che sono innate nella natura umana: la grandiosità dei progetti dei giovani, il loro spirito rivoluzionario, la grande voglia di volare alto, con la saggezza dell’età matura e con la calma che solo l’esperienza e la vita vissuta possono dare.

Diciamo che è l’unico modo in cui l’utopia può divenire concretezza.

Ecco perché vogliamo subito lanciare l’idea di cercare un sindaco giovane che magari ci commuova per la ingenuità della sua voglia di spaccare il mondo e noi si possa dare a lui quel forte contributo di ponderatezza che in tanti anni abbiamo accumulato nell’esperienza della vita. Questo progetto avrebbe anche un altro vantaggio e cioè quello di dimostrare ai modicani che i nove se ne fregano anche di chi tra loro, deve essere il Sindaco che sarebbe un altro atteggiamento necessario per dimostrare veramente che qui si cambia strada.

 

***

Quanto stiamo per scrivere si muove tra provocazione e fantapolitica con qualche indicazione operativa. Perdonateci, ma non possiamo non esternare che mentre stiamo scrivendo questo passaggio abbiamo pensato addirittura che il nostro sindaco Torchi potrebbe anche essere la persona giusta, perché non si può dire che non abbia le qualità propulsive adeguate alla sua età. Qualcuno, compreso Terzo occhio, gli rimprovera che inaugura rotonde ed ascensori ma è pure vero che otto assessori  come quelli indicati da terzo occhio gli avrebbero fatto capire che certe cose sono poco serie.

Né si può sostenere che egli sia coadiuvato da un consiglio comunale giovane perché è vero che questo consiglio comunale è giovane solo anagraficamente, molti di loro sono vecchissimi nella loro cultura e nel loro modo di essere. Lo stesso linguaggio: molti di loro parlano come un Saverio Terranova stampato, o, al contrario, come i ragazzini ai quali è stata tolta o sperano di avere la marmellata.

Qualcuno potrebbe replicare che il nostro Sindaco ha altri vecchi di riferimento: è vero ma questi altri non sono vecchi; sono grandi vecchi, sono onorevoli e senatori, con la voglia di essere, e spesso ci riescono, grandi fratelli, gestori di potere che lo considerano uno strumento non un Sindaco.

Signor sindaco ci pensi divenga anche il Sindaco ombra oltre che il Sindaco vero, sarebbe un onore per lei farsi cacciare a pedate da questa direzione politica modicana e stia tranquillo che il popolo modicano la ricompenserebbe.

Questa Torchiata non vuole essere solo una provocazione, infatti, essa ci consente di dire che quanto Terzo occhio vuole propiziare può avere successo solo se ciascuno di noi crede in un progetto che abbia uno spirito diverso e senza steccati.

***

Ritornando decisamente nel reale diciamo che il lavoro che attende coloro i quali ritengono di avviare il progetto, è quello di creare, tutti insieme, una griglia condivisa, fatta non di enunciazioni più o meno belle (ne abbiamo le p….. piene si vedano statuti di movimenti politici e programmi elettorali) ma di propositi che di per se abbiano una intrinseca carica di far comprendere ai modicani che, anche a volerlo, non sarebbe possibile ripercorrere sentieri noti e squallidi cioè contengano, dentro, la naturale conseguenza di un vero cambio di direzione.

Per costruire tale griglia, agli elementi già indicati da Terzo occhio noi ne aggiungiamo un altro:

La nostra Amministrazione propizierà la nomina del difensore civico preferendo una persona che rinuncerà al 70% degli emolumenti previsti dalla legge e che sia il più attivo e deciso contestatore della nostra Amministrazione introducendo il principio secondo il quale il difensore civico non può essere, neanche lontanamente, amico del Sindaco.

Noi pensiamo che anche il nome da dare alla lista deve far meditare ed incarnare il nuovo spirito. Non i soliti e banali sostantivi pensiamo più ad una frase del tipo “…mandiamo a casa i bambini” , oppure “…non nomineremo nessun parente…” o ancora “…non inaugureremo rotonde…”.

Noi siamo convinti che, dopo questa introduzione di terzo occhio il pallino passa ai nove perché riflettano, analizzino l’onerosità dell’impegno, il piacere di dare, qualunque fosse il risultato, un sonoro e sicuro schiaffo a chi sta denigrando la democrazia ed affossando il comune e, poi con calma celere indichi e suggerisca quanto è necessario perché lo spirito antagonista indicato da Terzo occhio si materializzi in un progetto operativo.

Avremo tempo per chiarire meglio la nostra posizione sull’argomento. Con questo primo intervento abbiamo solo voluto manifestare la nostra disponibilità al progetto.

Carmelo Modica

 

 

 

***

 

 

Dicembre 2004

Carta Bianca

Finestra sul Consiglio Comunale di Modica e ...dintorni.

Rubrica mensile a cura di Carmelo Modica

 

Le dimissioni di Militello, la sua rielezione e di come si gioca a governare a Modica tra farsa e sceneggiata.

Le sedute del Consiglio Comunale di Modica, come quelle in cui si è discusso delle dimissioni del consigliere Militello, meriterebbero una platea più ampia perché esse non hanno una qualità inferiore a quelle del grande fratello.

Alla Latteria, tutti sanno che si conosce la verità che poi al Consiglio Comunale diviene scena, ovviamente con gli accomodamenti tecnici che il regista impone. Perché esiste una verità indicibile e non dimostrabile che è quella della Latteria e poi esiste l’aula consiliare in cui tale verità viene rappresentata e messa in scena. La prima viene espressa  in maniera brutale, come solo la verità sa essere, la seconda è quella ufficiale, formale, quella che chiama a raccolta sentimenti e valori, il bene della città, la coerenza, il sacrificio, l’assoluto. Nella prima si sente dire che “ anche l’onorevole deve tenere conto del mio apporto… mi sono sacrificato abbastanza… ora tocca a me… da dove arriva questo intruso… guai a  …” Nella seconda si parla di “equilibri politici… dialettica democratica… giusto riconoscimento di una politica”. La prima è decisa ed usa la prima persona singolare (io!), come si conviene nei mercati in cui domanda e offerta si scontrano sul piano della forza. La seconda è flemmatica, fatta di sottintesi, di sguardi, silenzi e con un linguaggio furbo, criptato… da iniziati.

Tra Latteria e Consiglio Comunale esiste, quindi, un problema di interpretazione e di fedeltà della messa in scena.

Emblematico  è il caso delle dimissioni di Militello da Presidente della 5a Commissione.

Alla Latteria, sede dove risiede la verità, tutti sanno che il vero motivo delle dimissioni è una protesta-minaccia per ottenere un Assessorato. Nell’aula consiliare, invece, viene rappresentata la sceneggiata che prevede la motivazione delle dimissioni nella delegittimazione del Presidente e di tutti i componenti la 5a Commissione da parte del Presidente del Consiglio Comunale non avendo, quest’ultimo, evaso delle richieste da parte del presidente la Commissione relativi allo “sviluppo della città”, richieste datate 20 settembre e 1 dicembre 2002.

Pensate il consigliere Militello ha pazientato più di due anni e poi chiaramente incaz    , non potendo sopportare più che lo sviluppo della città dovesse ancora soffrire, si è dimesso da Presidente di quella Commissione così gravemente vilipesa.

Ma questi, direte, sono fatti (due anni di attesa) che si mescolano con la fantasia e col si dice (richiesta di un assessorato), ma la commedia in Consiglio Comunale, invece, si basa su fatti perché è un fatto che il verbale del 16/11/04 ore 15,35 della 5a Commissione contiene tutti gli elementi per aprire il dibattito sulle motivazioni politiche delle dimissioni. E’ un fatto che il consigliere Nigro, (Lunedì 22 novembre 2004 Teletre ore 23) che a nostro avviso è il giovane che più di tutti parla come un Saverio Terranova stampato, ha impedito di aprire il dibattito … udite … udite perchè il consigliere Militello non era in aula.

Ma i verbali a cosa  servono se poi per discutere è necessaria la presenza fisica dei verbalizzanti?

Che Militello avesse dovuto ingoiare un rospo lo si doveva constatare il mercoledì successivo quando, finalmente libero dagli impegni di lavoro, apriva le discussione con un violento ed inopinato attacco, anche personale, al prof. Barone che si era permesso di chiedere il dibattito sulle incredibili e palesemente politiche sue dimissioni, quando, semmai, al Prof. Barone si poteva rimproverare, e noi lo facciamo adesso, di non avere preteso l’apertura del dibattito, il lunedì precedente sulla scorta delle dichiarazioni del Militello già verbalizzate.

Ma in questo Consiglio Comunale tutto finisce a tarallucci e vino così il Militello viene rieletto (e questo è un fatto), nessun dibattito ha chiarito perché lo ha fatto (e questo è un altro fatto), nessuno ha chiarito in quale modo si era posto riparo alla delegittimazione subita dal Presidente della Commissione da parte del Presidente del Consiglio Comunale (e questo è un altro fatto). La  sceneggiata avvenuta in Consiglio Comunale, per fortuna avrà un seguito alla Latteria, perché li furono, e sono noti i veri motivi delle dimissioni del Militello (che abbiamo già indicato) e li sapremo quale accordo, si badi politico, è stato stipulato in seno all’UDC per far rientrare il caso Militello. Tutto sia beninteso nell’interesse  della città….

 

 

Dei consiglieri telecomandati

 

(Consiglio Comunale di mercoledì 24 novembre 2004). Noi viviamo un mondo in cui tutti sanno tutto ma poi si grida allo scandalo quando si dicono frasi sintomatiche. “consiglieri comunali eterodiretti …pilotati dall’esterno … telecomandati”.

Ma come ci si permette di fare simili e gravi insinuazioni! Afferma solennemente un puro della maggioranza con l’aria si chi vuole salvare la integrità morale del Consiglio Comunale.

E’ in altre sedi che queste cose  vanno denunciate! Aggiunge il secondo puro della maggioranza visibilmente emozionato, alludendo, con l’intenzione di intimorire, alla Magistratura.

Noi diciamo, solennemente che in questo Consiglio Comunale, esistono dei consiglieri telecomandati. E lo diciamo qui perché alla Magistratura non avremmo nulla da dire di rilevante  giuridicamente perché essere telecomandato è una condizione psicologica che non è un reato.

Il telecomandato ha caratteristiche comportamentali e  diremmo somatiche inconfondibili e chiare. Si è già rivelato quando venne eletto, chi lo appoggiò, chi gli diede i soldi, come si comporta, come bacia e cerca il bacio da chi detiene il telecomando o da chi è a lui vicino (non si sa mai meglio abbondare), …come scodinzola. Il telecomandato è di una pochezza unica, evidente: non ha idee proprie. I più coraggiosi partono, ma basta un’occhiata e si fermano impalati: dei  Fantozzi!

I telecomandati veri sono quelli che leggendo questo nostro profilo, non vi si riconoscono perché non hanno mai assaporato, per esecrabili motivi, il gusto della libertà, per loro la non libertà è uno stato mentale e psicologico. Servi si è dentro.

Inoltre non si faccia confusione tra  Consiglio Comunale che è una Istituzione sacra e consiglieri comunali telecomandati. Il Consigliere Comunale è una carica che è esercitata da una persona le cui qualità non sono sacre. Trentadue consiglieri lestofanti non intaccherebbero minimamente la sacralità del Consiglio Comunale, quindi, non si cerchi rifugio nella carica di Consigliere Comunale per coprire le proprie mediocrità.

Mai come adesso la politica è divenuto un mestiere, un affare, un obiettivo per disoccupati o uno strumento per diminuire la propria disoccupazione, quindi, chiediamo almeno, compostezza, misura e pudore: non si abusi della allocuzione “per il bene della città”, fatelo e basta!, non rompeteci le balle con le grandi demagogie ed i luoghi comuni. Il bene si presenta da se anche e soprattutto senza pubblicità; anzi, il vero bene è quello che viene riconosciuto senza reclame; il bene si avverte come indefinibile sensazione di armonia, di bello, di efficace, di giusto, mentre le chiacchere si presentano come vanto, come immagine, come fastidioso ostentato abbellimento della mediocrità. Il vero bene, come la vera beneficenza, è un dono che richiede il silenzio, altrimenti è altro.

 

 

 

Un problema piccolo piccolo che manifesta una mediocrità di direzione politica e giurisdizionale grande grande.

Molto spesso siamo ci è stato detto che alcuni problemi che noi solleviamo sono poca cosa rispetto ai grandi come il piano regolatore, la gestione del territorio e via elencando. A parte che su questi non vi è nulla da dire perché abbiamo avuto decenni per consumare inutilmente inchiostro, ma questo appunto risente di una cecità particolare che è quella che non riesce a far vedere a costoro che non esistono problemi più o meno complessi ma spesso , molto spesso, complessi sono i modi di essere dei responsabili e non i problemi, che divengono sempre più problemi e sempre più complessi perché sono affrontati da una direzione che porta tare culturali devastanti come quella del clientelismo, della superficialità, dell’incompetenza, della scarsa professionalità e dell’assenza di metodo e programmazione. Noi non analizziamo i problemi complessi, ma le culture devastate che spesso si manifestano anche in problemi, diciamo, piccoli.

Un esempio questo mese lo troviamo sul giornale di Sicilia del 20 novembre dal quale si evince che un problema piccolo piccolo come l’annullamento sistematico delle multe comminate dagli operatori delle strisce blu lascia intravedere incredibili qualità delle persone. Pensate le sanzioni comminate dagli operatori delle strisce blu possono essere vanificate perché, non avendo tali operatori la qualifica di ausiliario della sosta, gli stessi non potevano verbalizzarle.

Ed allora …vogliamo dire che, tutto sommato, il problema è piccolo rispetto alla disoccupazione, alla criminalità o a cos’altro? Oppure possiamo parlare della grande superficialità della direzione politica ed amministrativa che regge (si fa per dire) questo Comune.

Stiamo valutando i percorsi per il riconoscimento della qualifica” ci spiega la direzione politica del servizio. Ma perché non fu fatto quando venne organizzato il servizio? E cosa ci dicono i responsabili della struttura burocratica, dei capiripartizione e tutto il resto?

Ed il bello è che ora si sta ripetendo un disservizio che era già avvenuto in precedenza. Poi vedete quanto sono comodi i rimpasti che consentono ad un assessore di incolpare l’altro e così via.

D’altra parte se dei normalissimi servizi come quelli connessi alla celebrazione dei defunti inducono ad elogiare gli assessori per l’altissima efficienza e dedizione evidenziata, quale altissimo elogio sarà riservato a colui il quale scoprirà che per poter verbalizzare una violazione occorre uno stato giuridico preciso nel verbalizzante? Ma come si fa ad organizzare un servizio come quello della gestione delle strisce blu senza prevedere lo studio per  rendere legittime le necessarie verbalizzazioni? Ma chi lo ha organizzato? Quale assessore, quale dirigente?

Incompetenza? No! Questa è superficialità, il che è più grave; perché la incompetenza accompagnata da scrupolo e senso pratico si recupera chiedendo e studiando: per la superficialità non esiste rimedio.

Comunque calma… l’Amministrazione comunale sta correndo ai ripari e magari esaminerà l’ipotesi di aumentare la sanzione così si potrà recuperare in futuro quanto il Giudice di Pace impedisce di fare incassare ora, non al Comune ma alla ditta che gestisce il servizio.

 

 

 

 

 

 

 

 

Lettera al direttore di DIALOGO

 

 

Carissimo direttore

In una lettera apparsa su questo giornale, lo scorso numero (Novembre 2004), l’autore della stessa mi rimprovera di non averlo citato, nell’intervista che ho rilasciato a questo giornale nel numero di ottobre scorso sul Genius loci  2003, tra i realizzatori del citato evento e di averne omesso la citazione non per dimenticanza ma per puro rancore. E’ facile obiettare che l’interessato applica agli altri i propri canoni e sentimenti, ciò risulterebbe  ancor più evidente se si facesse riferimento ai motivi della querelle, ma riteniamo che l’interessato non sa che oltre al rancore esiste anche una situazione psicologica di assoluta calma ed indifferenza in base alla quale una persona semplicemente non esiste: questa è la situazione psicologica che io vivo nei suoi confronti.

Nel caso in esame, inoltre, io ho ubbidito alla richiesta fattami dallo stesso, quando dal tu confidenziale è passato ad un micidiale “Spettabile…” per ordinarmi di cancellare il suo nome da un nostro sito in cui si era convenuto di inserirlo, cosa che ha comportato la immediata cancellazione del suo nome, non solo dal sito, ma anche dalle mie rubriche ed indirizzari cartacei e digitalizzati come si conviene per le persone che non esistono più.

Il rancore e l’odio, come l’amore, sono sentimenti forti e, quindi, sono impegnativi per chi li esprime e richiedono dei destinatari che abbiano i requisiti per meritali, in questo caso, non certo per pigrizia, è scattata l’indifferenza alla quale penso di avere diritto senza essere più disturbato. D’altra parte per le poche cose che abbiamo fatto insieme sarà sufficiente che integri lui eventuale altre dimenticanze che, se si presenterà l’occasione, certamente avverranno non appartenendo lui ai miei ricordi perché così ho deciso, augurando allo stesso di essere capace di raggiungere, nei miei confronti uno stato d’animo uguale a quello che io nutro nei suoi. Non esisterà, da parte mia ulteriore corrispondenza.

Cari saluti

Carmelo Modica

 

 

 

 

 

 

 

Insistiamo per una “Giunta Ombra” diretta da un Sindaco giovane
Appello a Carmela Giannì

 

Abbiamo l’impressione che a prescindere di come vada a finire questa iniziativa della Giunta Ombra che “Terzo Occhio” vuole propiziare un risultato importante lo ha già raggiunto, finalmente si è parlato di politica e con una prospettiva veramente interessante.

Noi all’entusiasmo che abbiamo già manifestato per la proposta di “Terzo Occhio” ora si aggiunge un più rinnovato entusiasmo per le risposte che ha provocato che ci ha fatto decidere di attivarci in maniera totale per dare corpo e sostanza alla stessa e favorirne al massimo la realizzazione.

Noi per nostra natura siamo operativi, quella operatività che trova alimento nel principio che cultura è prassi, è azione. E’ la stessa logica che a nostro avviso orienta le prime indicazioni che ci ha fornito “Terzo Occhio” perché siamo convinti che una “Giunta Ombra” che si presenta, in silenzio a tutte le riunioni, del Consiglio Comunale per i restanti due anni che ci separano dalle elezioni trasforma anche le forme comportamentali in azione politica; azione politica efficace perché affida al silenzio il compito di alimentare la riflessione e con essa eliminare ogni forma di inconcludente rissa dialettica che posta sul piano della forza propagandistica vede perdente ogni iniziativa politica di contrasto perché impossibile è attaccare i nostri avversari sul piano economico e propagandistico.

Con calma vedremo di dire la nostra su quanto hanno scritto i chiamati da “Terzo Occhio” per il momento ci soffermeremo su alcune argomentazioni precedendo le stesse con la evidenziazione che tutte le risposte sono accomunate da uno spirito diverso rispetto a quello che normalmente si respira quando si tentano avventure di questo tipo.

E’ chiaro che questo progetto potrà attecchire solo se nove persone si trovano d’accordo oltre che su uno spirito generale anche su alcune cose concrete che siano di per se capaci di inverare lo spirito iniziale.

Cominciamo ad essere operativi. Per quanto ci riguarda noi insistiamo sulla formula che abbiamo indicato del sindaco giovane e della squadra matura che potrebbe a nostro avviso far maturare, in senso positivo, alcune riserve di Carmela Giannì che non può non condividere il fatto che proprio le condizioni generali che lei stessa ha brillantemente esposto non consentono di essere ottimisti; almeno nel breve periodo rimane solo una speranza immaginare “…un contraltare politico amministrativo.. che parta…. da giovani quarantenni, da donne stufe di subire  … che osassero dire: voglio fare la mia parte!”. Ecco il primo problema che dobbiamo affrontare: non fare confusione tra speranza e realtà, tra possibile ed impossibile. Forse anche noi dobbiamo fare i conti con questo vizio romantico quando diciamo che non è certo che si verifichi la soluzione numero quattro, non ci sembra, infatti, facile prevedere l’effetto di un’azione pressante di una Giunta ombra, consiglio comunale dopo consiglio comunale, nei confronti di una Giunta ed un consiglio comunale decisamente sotto tono. Ovviamente molto altro si può ancora fare scegliendo noi gli argomenti su cui dare battaglia ed ancora di più con i modi innovativi di scuotere l’opinione pubblica che andrebbero cercati. Noi abbiamo molte idee in proposito che certamente non conviene svelare in questa sede. Per le stesse motivazioni di fondo noi riteniamo, Signora Giannì, che sia difficile immaginare la possibilità  “in una prospettiva di ballottaggio di… realizzare le alleanze con gli uomini onesti”. E ciò noi lo argomentiamo con quello che lei definisce un “sentire diffuso, i miti imperanti”.

E per finire, carissima Signora Giannì, quando l’obiettivo è grande l’età non preoccupa, e poi per abbassarla ci vuole poco basta inebriarsi nella  radicalità…non nella radicalità come atto di superbia ma quella radicalità che è reazione unica al nichilismo; perchè non è superbia creare concetti audaci che spezzano l’ordine ideologico egemonico, e permettono di sfuggire al circolo vizioso di un sistema di civiltà rivelatosi fallimentare. Il radicalismo di “Terzo Occhio” non è "estremista" né utopico, dal momento che in questo caso si propone si anticipare l’avvenire rompendo con un presente in disfacimento. la nostra civiltà è giunta alla fine di un ciclo e non alla soglia di un nuovo progresso.

A noi sembra che dobbiamo porre al centro della nostra strategia e delle nostre riflessioni una certezza alla quale dobbiamo collegare la nostra strategia.

Noi distinguiamo due fasi della battaglia la prima che è quella da realizzare dalla costituzione della Giunta Ombra al termine del mandato  Torchi e la seconda fase e quella della campagna elettorale. Noi nella prima fase possiamo battere, a mani basse, questa arrogante maggioranza che è assistita da un consiglio comunale decisamente sotto tono e con una produzione amministrativa scadente con la stessa certezza con la quale non potremo opporci allo strapotere dei mezzi economici e clientelari (che comunque non riusciremmo a bilanciare mai) che la stessa maggioranza e le forze economiche saranno capaci di mettere in campo nella campagna elettorale.

Allora si tratta di immaginare quale vantaggio potremo realizzare nella prima fase. Vantaggio che noi riteniamo sarà enorme se riusciremo a sfruttare il fatto che i consigli comunali vengono ripresi dalla televisione e considerato che la maggioranza evidenzia una pochezza disarmante sia a livello individuale ma ancor di più come gruppo caratterizzato da continui litigi interni, inimicizie e maneggi vari. Queste ultime attività, inoltre potrebbero essere varie e tante quante la fantasia ne potrà suggerire con il massimo sfruttamento della presenza di un assessore ombra (Meno Rosa) nei banchi del consiglio comunale al quale il presidente del consiglio gli potrà togliere la parola, quando opererà dei comunicati a nome della Giunta Ombra ma mai l’effetto dirompente di strategie possibili che potremo studiare sfruttando al massimo regolamenti e Statuto del nostro comune.

Cultura, intelligenza e fantasia unite ed allora il soldo potrà anche tremare.

Ci sembra, però, opportuno, magari nel mese di gennaio organizzare una riunione tra di noi.

Carmelo Modica

 

***

 

Joomla templates by a4joomla