Home Carmelo Modica

2011

Gennaio

Il perché della "non politica"

 

Febbraio

Se ad un sinistro dici…

 

Aprile

Ruolo politico e ruolo tecnico nel governo della Polizia Municipale di Modica (Intervista a Giuseppe Puglisi, Comandante del Corpo.

 

Maggio

Terzo Occhio a Colloquio con Carmelo Modica. La “notte” della nostra cara Modica

 

Giugno

A colloquio con Terzo Occhio. Disarmiamo la malavita politica modicana

 

Ottobre

A colloquio con Carmelo Modica. Un seme diventa albero o uomo seguendo le proprie istruzioni. Noi non comprendiamo quali istruzioni segua il Sindaco.

 

Dicembre

Centodecimo anniversario della nascita di Salvatore Quasimodo.

Il prof. Antonio Sichera nel deserto della politica culturale modicana

 

 

Il perché della “non politica”

Guai a quell’uomo che nel suo periodo dell’essere bambino non potette rientrare a casa con ginocchia rotte e capelli al vento

(Dialogo gennaio 2011)

 

Il principio della “pari dignità” nella politica modicana viene invocato, per sopperire alla quantità di voti,  principalmente dai capicorrente, dai più piccoli capispifferi ma anche dai singoli consiglieri comunali che dispongono di un seppur piccolo pacchetto di voti determinante; il suo uso permette di nobilitare ciò che in effetti è  un famelico appetito di potere.

Vi si ricorre  anche perché non esiste autorità che possa misurare questa dignità. Vi furono tempi in cui tutto l’ambiente sociale selezionava l’uomo degno: non era necessaria alcuna attività autoreferenziale nè “iniziazioni” tipo “Premio alla modicanità” rilasciato da Commissioni.. “presuntuose”.

In un ambiente di basso livello morale il termine “dignità” si utilizza anche perché è fico usarlo, basti pensare che pochi anni fa alcuni politici e sindacalisti sostennero di applicarlo alle nascenti circoscrizioni dei Vigili Urbani con la conseguente pretesa che la “Circoscrizione di Frigintini” dovesse avere lo stesso organico di vigili urbani della “Circoscrizione Modica centro”: esempio di dignità che può convivere con la demenza.

Viviamo dei tempi in cui sono scomparsi modi di essere in armonica relazione con il significato di termini come carattere, onore, fedeltà, fermezza, dovere, parola data, puntualità, vergogna, coerenza, dignità. Questa scomparsa non è solo colpa dell’avvento di una democrazia volgare e delinquente, che ritiene inconciliabile tali elementi caratteriali con la necessità di dialogare o trovare, pur nella fermezza delle proprie posizioni, utili compromessi operativi per il bene comune.

Il danno maggiore in questa direzione è d’attribuire a quella casta che intrisa dell’aristocratica autocoscienza di essere in possesso di una elevata cultura ha maturato un senso di profondo disprezzo del modo di vivere borghese affidando il riconoscimento del nobile agire ad un antico e consunto blasone oppure a “dignitarie carriere” per anzianità che forse solo una democrazia antimeritocratica gli poteva consentire di realizzare.

***

Erano gli anni ’80 quando ebbi occasione di frequentare, in una villa nelle campagne di Vibo Valentia una famiglia nobile. Viveva in una tenuta che mi ricordava quella della saga arturiana dei miei ricordi infantili dei film visti al “cinema moderno”.

Nell’adolescenza avevo letto il codice dei “cavalieri medievali” e la descrizione della vita dei templari e poi, ancora,… Evola, Guenon,  Nietzsche, Codreanu e Mishima  che mi avevano impresso un mondo mitico in cui il nobile agire era l’ossessione, il riferimento alto, la meta, l’orizzonte irraggiungibile e concreto perché utopico.

Venni anche coinvolto in quelli che dovevano essere gli ultimi residui di un giusto sentire, quando con, il convinto giuramento di fedeltà alla Repubblica Italiana, dichiarai di accettare liberamente quello status di militare che sollecitava il senso del dovere e dell’onore e della fedeltà  richiedendomi di agire non per timore di pena o speranza di ricompensa  ma per intima convinzione di adempiere ai propri doveri (vecchio regolamento di disciplina militare), guardando i superiori negli occhi e con la fierezza del “nec timor nec temeritas” che il motto del mio corso, moralmente mi imponeva.

Avevo raggiunto, però, l’età e la consapevolezza che quel mondo rimaneva un mito avendo esso perduto persino la capacità di essere un riferimento anche solo utopistico, quando la governante apri per la prima volta il portone per accogliere me ed il mio amico in questa mia esperienza.

Credo sia accaduto a molti che nel mangiare un frutto o nel bere una tisana particolare, si sia percepito un antico profumo, un antico sapore quasi dimenticato perché soffocato da sapori degradati per effetto di forzature, di antiparassitari oppure perché “omologati” da modificazioni genetiche.

Ebbene, tuttora, ricordando quell’incontro, in quella villa del vibonese, mi sembra di “gustare” come un “antico sapore”, il clima del nobile agire: quell’armonica miscela del senso dell’onore, la saggezza del buon padre di famiglia, il senso della dignità e del giusto, l’assenza di ogni forma di vanità, quel mondo sobrio ma brioso, mai volgare ma neanche bacchettone in cui il devo prevale sul posso.

Quel mondo in cui il potere è un onere che si trasforma in gratificazione solo quando produce effetti di giustizia; in cui il potere non fa ciò che vuole ma ciò che deve, perché consapevole della esistenza di limiti invalicabili e di un preciso ordine sociale presieduto da un assetto morale di origine trascendente.

Ed obbedendo a tali codici, seppi da altri, che quel capo famiglia senza tentennamenti aveva giudicato indegno ed aveva costretto alle dimissioni il figlio, professore universitario, che si era fatto pagare da uno studente per la stesura della tesi di laurea.

Il padrone di casa non era l’”aristocratico” del «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi» che ha solo l’obiettivo di non farsi travolgere dagli eventi. Egli, invece, evolianamente sosteneva che chi è costretto a vivere nel mondo moderno, pur non sentendo di appartenervi non cede ad esso né psicologicamente né esistenzialmente; egli non si costruisce alibi ma cerca la libertà nel dominio su di sé.

In tale logica non mi sorprese, quando organizzando la presentazione di un suo libro il tutto avvenne senza cene con notabili ed organizzatori o presentatori e la sala era gremita di studiosi di tutta la Calabria dei quali pochi esibivano la r moscia o la giacca e cravatta.

Tutto questo mi viene in mente adesso che sto riflettendo sulla comitiva delle famiglie signorili del 1860 che a Modica mentre scimmiottavano la nobiltà del monocolo lasciavano fucilare nove villani che avevano commesso un furto con minaccia a mano armata.

Tutto questo mi ricorda anche i già devastati residui del nobile agire quando bambino vidi il mio coetaneo figlio del “nobile degradato”  che dal balcone della casa signorile, lì relegato dai genitori, osservava noi figli di villani con ginocchia scorticati o rotti e neri che giocavamo sulla strada.

Ne ricordo gli occhi tristi di chi deve rinunciare a ciò che la sua natura di bambino lo sollecitava a fare per ubbidire alle necessità che il dovere dell’essere “signurinieddu” gli imponeva, lì nella gabbia di ferro del suo balcone  dove i suoi genitori lo ponevano perché si addestrasse non al nobile agire ma a come si cresce con la puzza al naso, qualità che gli sarebbe tornata utile magari da grande per frequentare lunghi e bui corridoi ministeriali o palazzacci di potere vario.

Mi viene da scrivere: Guai a quell’uomo che nel suo periodo dell’essere bambino non potette rientrare a casa con ginocchia rotte con sangue raggrumato e nero, sporco, faccia sudata, camiciola strappata e capelli al vento.

 

 

***

 

 

10 febbraio 2011

 

Se ad un sinistro dici…

che Antonello Buscema nelle ultime elezioni ha lottato solo per farsi eleggere e non per governare Modica, egli ti risponderà che sei un fascista. ed un qualunquista. Non puoi pretendere che il sinistro leggendo solo l’”Unità” o ascoltando solo il vangelo secondo “Anno zero”, dell’Emilio Fede della sinistra, possa sapere che il progetto del Fascismo, oltre alla violenza, prevedeva il nazionalismo e la Tradizione contro il mondialismo, l’uomo differenziato contro l’omologazione e lo Stato sociale contro lo sfruttamento del lavoratore, né, poveretto, può sapere che tutto questo è distante anni luce dal Berlusconismo. Egli ti parlerà delle leggi razziali, del delitto Matteotti, del confino e dell’alleanza con i nazisti e lo farà con la serenità tipica di chi non deve farsi perdonare nulla, perché né l’”Unità”, né Anno Zero” gli hanno mai raccontato che i primi colpi di mitra della seconda guerra mondiale vennero sparati da quei bravi uomini che rispondono al nome di Hitler e Stalin che “democraticamente” aggredirono “pacificamente” la Polonia.

Contro ordine compagno, diceva giustamente il sinistro ai tempi di Guareschi ed aveva ragione perché il sinistro sa di non poter essere colpevole. Il sinistro sa, avendolo letto su l’Unità che mentre Hitler creava i campi di sterminio contro gli ebrei, Stalin fu costretto ad organizzarli, giustamente, contro i suoi stessi connazionali, perché nemici della rivoluzione, amici della reazione, nemici dei lavoratori ed amici del padronato: in una sola parola, amici dei fascisti diretti ascendenti di Berlusconi. E se vi fu qualche ospedale psichiatrico in più esso, lo dice l’Unità, fu realizzato da “compagni che sbagliavano” perché non potrebbe essere diversamente, considerato che la democrazia, la bellezza, la cultura, la tolleranza sono patrimonio genetico del sinistro.

Se ad un sinistro dici queste cose egli ti risponderà che comunque sono cose che facevano i Comunisti e non i piddini. Ti dirà anche che è caduto il muro di Berlino e che bisogna finirla con tutte queste storie.

Se ad un sinistro rimproveri che i sinistri impediscono a Veneziani e Pansa di svolgere conferenze e presentare libri nelle università egli ti dirà che il muro di Berlino può cadere cento volte ma non si può permettere ad un notissimo fascista di parlare né ad un pericolosissimo revisionista di mettere in dubbio la verità storica ormai assodata: così è scritto!

Se ad un sinistro dici che la conferenza di fine anno di un sindaco sinistro è parimenti auto celebrativa di quella del suo predecessore aspettati l’accusa di denigratore delle Istituzioni.

Se ad un sinistro dici che l’ultimo provvedimento adottato per la Multiservizi, obbedisce alla stessa logica che caratterizzò la nascita, l’agonia e la morte dell’AZASI ovvero la chiusura di uno strumento che ha esaurito l’unica funzione per cui fu concepito di potente macchina elettorale, egli ti risponderà che sei qualunquista e che non sei attento ai problemi dei lavoratori;

Se poi gli dici che vorresti capire perché anche il precario che in qualche modo ha legami con il Comune deve essere tutelato e quello reso tale perché licenziato da una ditta privata fatta fallire da un disastrato Comune debba essere abbandonato al suo destino, il sinistro ti spiegherà che non capisci nulla di problemi del lavoro;

Se ad un sinistro dici che i cittadini modicani non vengono coinvolti nelle importanti scelte urbanistiche della città egli ti risponderà che il sinistro, proprio perché sinistro non può fare errori e che è per questo che non ha bisogno di attuare gli organismi di partecipazione popolare previsti dallo Statuto Comunale.

Quando accade che esponenti della sinistra si vergognano di essere (o essere stati) comunisti; quando i missini si vergognano di essere (o essere stati) fascisti; quando comunisti divenuti berlusconiani si arrabbiano se gli viene attribuita la verità assoluta di essere dei voltagabbana; quando avviene tutto questo non  manca la politica ma manca l’uomo.

Quando si dice che non esiste più l’idea ma l’elenco delle cose da fare non si ha chiaro cosa sia la democrazia e cosa lo stato burocratico, cosa il politico e cosa il ragioniere.

La mediocre maggioranza e la connivente fiacca opposizione sinistra degli ultimi decenni, che insieme hanno distrutto la nostra città non hanno qualità politiche per governare la nostra cara Modica.

Chi da perfetto ragioniere mette in fila le fatture dei debiti del Comune, per determinarne l’ordine di pagamento, credendo di fare il Sindaco ha qualche problema perché non distingue il basso dall’alto.

Se alle tue critiche politiche il sinistro porge il silenzio e poi l’altro silenzio, non fa il Sindaco ma il Sacrista, ma questo ti deve confortare perché almeno puoi sperare che ti perdonerà settanta volte sette per queste tue insolenze.

Carmelo Modica

 

 

10 febbraio 2011

 

 

 

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Dialogo aprile 2011

 

 

Ruolo politico e ruolo tecnico nel governo della Polizia Municipale di Modica

Intervista a Giuseppe Puglisi, Comandante del Corpo
a cura di Carmelo Modica

Se “le stellette stanno a guardare”, vuol dire che esiste un problema di efficienza complessiva che, come è noto anche ai più sprovveduti, dipende da elementi quantitativi (organico, parco auto-moto-mezzi, strumenti per la logistica) e da elementi qualitativi (professionalità, motivazione, formazione, organizzazione e sistema di comunicazione interna ecc.). Se una forza del governo cittadino ritiene di ricorrere ad un manifesto per stigmatizzare la scarsa efficienza dei Vigili urbani dobbiamo pensare  che essa viene riferita a questi secondi elementi e non ai primi?

  • Premetto che in uno Stato democratico e pluralista, ognuno ha il diritto di esprimere la propria opinione. Tuttavia, ritengo che ciò deve avvenire salvaguardando l’onore ed il decoro di ogni Istituzione. In tale contesto non voglio esprimere alcuna considerazione sul contenuto del manifesto a cui lei fa riferimento. Invece, mi pare opportuno sottolineare come nella sua domanda si chiede di analizzare, in sintesi, quello che gli studiosi della materia chiamano analisi swot, costituita da una descrizione  dei punti di forza e di debolezza di un’organizzazione. Sicuramente, per la Polizia Municipale di Modica la carenza di organico rappresenta un punto di debolezza del sistema che viene controbilanciata dall’esperienza e dalla professionalità degli operatori in servizio.

La promessa di rinforzare l’organico del Corpo fatta dall’Assessore il 16 ottobre scorso, ribadita il 25 febbraio successivo, ritiene sia necessario che venga ribadita ancora molte volte oppure esistono possibilità concrete che vi si ponga mano a breve?

  • La risposta va individuata nel contesto normativo di riferimento. Sul punto, si rileva che, ai sensi e per gli effetti del T.U. n. 267/2000, la materia della programmazione del fabbisogno del personale è di competenza della parte politica. Il Comandante della P.M., ai sensi della L. n. 65/1986, L.R. n. 17/1990 e del Regolamento Comunale di P.M.,  ha il compito dell'addestramento, della disciplina e dell'impiego tecnico-operativo degli appartenenti al Corpo ossia tutti quei compiti che attengono la fase gestionale del Corpo di P.M..

Perfetto Comandante …analoga chiarezza sulla diversità e complementarietà del ruolo tecnico (Comandante del Corpo) e quello politico (Sindaco) non è posseduta dalle forze politiche di governo, se è vero che l’organico del Corpo viene considerato una variabile indipendente sulla strada del buon conseguimento dei compiti d’Istituto dei Vigili Urbani. Io ricordo di un Assessore che in testa al corteo religioso in occasione della festività di San Pietro con una ricetrasmittente dava ordini ai vigili urbani di servizio al corteo stesso; ne ricordo un altro, neanche Assessore al ramo, che intervenne su due vigili urbani anziché rivolgersi al Comandante del Corpo. La situazione attuale risulta mutata oppure esistono ancora assessori che sconoscono la elementare norma per cui non possono mai dare ordini o direttive ai singoli vigili poiché  il vigile urbano dipende solo ed esclusivamente dal Comandante?

  • Per correttezza, mi pare doveroso rilevare che la prima parte della sua domanda è frutto di una sua valutazione personale che va rispettata, ma che non condivido. In merito alla seconda parte, devo dire che nella mia esperienza di Comandante della P.M. a decorrere dal 2000 presso il Comune di Rosolini e a scavalco presso il Comune di Ispica non ho mai avuto interferenze del genere a cui Lei fa riferimento da parte dei due Sindaci pro-tempore di quelle Comunità. Tengo ad evidenziare che, eppure,  si trattava di due amministrazioni di colore politico diverso: Rosolini di centro – sinistra e Ispica di centro-destra. Devo dire, con grande onestà, che la stessa cosa è accaduta a Modica a decorrere dal 15 maggio 2008 con la mia immissione in servizio, a seguito di pubblico concorso.

Lei ritiene che sia possibile intervenire sulla buona educazione stradale dei cittadini utilizzando i vigili urbani come “vigili transenna”, vigili dissuasori di sosta selvaggia oppure con le sante contravvenzioni?

  • Ritengo che ciascuno di noi non deve dimenticare quando si parla di “vigili”, “poliziotto”, “dipendente comunale”, etc. che, in primis, con tutte le criticità del sistema, si tratta di lavoratori che meritano il dovuto rispetto come persone umane. Detto ciò, la risposta va individuata nel giusto equilibrio tra l’attività di prevenzione e sanzionatoria della polizia municipale. Non è nostro compito “educare” i cittadini. La nostra attività è quella di dare attuazione al principio di legalità da intendere, secondo l’impostazione dominante degli studiosi in materia, non in senso formale, ma sostanziale ossia tenendo conto, oggi, dei nuovi canoni o standards dell’agire amministrativo.

Lei ritiene che il cittadino muterà comportamento fino a quando sa che non sarà mai contravvenzionato se non “vede” una divisa?

  • L’auspicio è che in ogni comunità civile ogni cittadino acquisisca la coscienza che il rispetto delle regole è un principio che aiuta a crescere la stessa comunità. Purtroppo, ma questo accade in tutte le comunità, ciò non sempre avviene. Si può, comunque, operare sui ragazzi. Infatti, ad esempio, il Comando della P.M. di Modica, attualmente, è impegnato a tenere corsi di educazione stradale presso le terze classi delle scuole medie inferiori.

E’ pur vero che l’educazione del cittadino è l’obiettivo primario; ma non vi è dubbio che nelle more che essa maturi bisogna pur governare il problema ed anche la contravvenzione ha uno scopo educativo ma direi anche di giustizia tra chi si comporta bene e chi no; tra quest’ultimi esistono infatti i distratti ma anche gli strafottenti.

  • Lei coglie un aspetto importante che viene condiviso da chi parla. Infatti, non dobbiamo dimenticare che ogni operatore della P.M. (così come tutti gli appartenenti alle Forze dell’Ordine) è tenuto ad applicare le sanzioni previste in riferimento alle diverse fattispecie. Milita, altresì, a favore di tale modus operandi ragione di giustizia sostanziale che, tra l’altro, trova fondamento nel precetto previsto dall’art. 3, comma 2,  della Costituzione.

E’ giustizia tollerare per anni la sosta in zone vietate e poi, a seguito di ingorghi di cui quelle vetture non sono responsabili, o per incidente stradale, far valere un divieto che non si fa mai rispettare?

  • Non so se Lei si riferisca a qualche episodio particolare. In linea di principio ritengo che intervenire solo poche volte non mi pare sia una soluzione corretta. Tuttavia, preciso che la circostanza che nella strada X vi sia allocata una segnaletica, come principio generale, vada rispettata.

Il vigile urbano che dal cittadino che sulla soglia della caffetteria, con l’auto lasciata in doppia fila, sta sorbendo un caffè, con il fischietto ottiene il suo “calmo” allontanamento, per poi ripetere la stessa scena pochi minuti dopo con altro cittadino e così via, sta operando attività di prevenzione, disciplina la sosta in doppia fila oppure esercita una omissione di atti d’ufficio?

  • Sarebbe troppo facile dare la risposta da un punto di vista strettamente giuridico. Vorrei, comunque, ricordare che l’art. 43 CdS prescrive, tra l’altro, cheGli agenti, per esigenze connesse con la fluidità o con la sicurezza della circolazione, possono altresì far accelerare o rallentare la marcia dei veicoli, fermare o dirottare correnti veicolari o singoli veicoli, nonché dare altri ordini necessari a risolvere situazioni contingenti, anche se in contrasto con la segnaletica esistente, ovvero con le norme di circolazione”. Quello che bisogna evitare sono gli abusi.

Ottimo riferimento che però, per fortuna, ha come scopo solo la fluidità e la sicurezza della circolazione e non certamente quello di garantire al cittadino modicano di sorbire il “caffeuccio”, mentre gli altri utenti a causa della macchina in doppia fila sono costretti a realizzare un doppio senso unico alternato. Ad ogni buon fine le mie domande vanno oltre la contingenza stessa della domanda perché ritengo che esiste un problema di “sudditanza politica” nei confronti di una classe dirigente arrogante ed impreparata che mal interpreta la distinzione tra ruolo politico e ruolo tecnico nel governo del Corpo dei vigili Urbani. Una ulteriore prova lo è un recente comunicato del PD, forza di governo, in cui si sostiene (fonte radiortm.it)   che il mercato rionale di Modica Alta “deve essere regolamentato in modo tale che tutti gli operatori paghino le occupazioni di suolo pubblico, che siano garantite le vie di accesso per i mezzi di soccorso e i servizi igienici, che i vigili urbani controllino e multino gli abusivi e coloro che lasciano rifiuti di ogni genere, imbrattano le strade, bloccano i residenti e i passi carrabili. Solo in questo modo Modica Alta potrà ritornare ad avere, come è giusto che sia, il suo mercato nell’interesse degli esercenti e degli operatori, nel rispetto delle regole, dei diritti dei cittadini e, in particolare, dei residenti”. Mi sembra che non ci vuole molto a capire che indirettamente il PD , per il passato, accusa i Vigili urbani di omissione di atti d’ufficio.

  • Egregio dottore non è mio compito entrare in valutazioni politiche che, comunque, non mi competono e sono estranee al ruolo che ricopro al Comune di Modica. Tengo, comunque, a precisare che, per mia formazione, umana e professionale, ho sempre tenuto come unico parametro di riferimento nell’ambito del ruolo ricoperto quanto asserito dall’art. 98 Cost. che  afferma che “i pubblici impiegati sono al servizio della Nazione” ossia della comunità in cui sono chiamati ad operare. Ciò vuol dire, in sintesi, che il mio compito è quello di dirigere il Corpo della Polizia Municipale di Modica e, con il contributo di tutte le unità, cercare, con le diverse difficoltà, di adempiere a tutti i compiti che la legge affida alla Polizia Municipale.

La piazzetta “F. A. Belgiorno” (sulla sinistra della scalinata della chiesa di S. Pietro) è sistematicamente occupata da qualche macchina; suppongo che siano state verbalizzate in quel luogo moltissime violazioni.

  • Ha proprio ragione. Di ciò mi sono reso conto personalmente nei giorni scorsi. Ho potuto constatare che sono andato a trovare i colleghi assegnati in quella zona, i quali mi rappresentavano di aver elevato diverse violazioni. Preso atto di ciò, ho invitato i colleghi a prendere il caffè. Ebbene, dopo pochi minuti, abbiamo trovato altre vetture in divieto di sosta. Ciò per dirLe che occorre veramente puntare sul senso di responsabilità di tutti.

E’ possibile sopportare che a chi provenendo da S. Maria debba essere impedita la rapida svolta verso S. Pietro perché lo ”smussamento” del marciapiede è occupato da un’auto che i maldicenti dicono appartenere a qualche amministratore?

  • Non so e non mi interessa sapere se la vettura a dire dei “maldicenti” appartenga o meno a qualche amministratore. Il mio ed il compito del Corpo della P.M. non è questo, ma quello, con tutte le difficoltà possibile, di essere, come prescritto dalla Costituzione, al “servizio” della Nazione da intendersi nelle sue diverse articolazioni territoriali che nel nostro caso coincide con la città di Modica. E’ vero che lo “smussamento” del marciapiede è spesso occupato da vetture che vengono sistematicamente contravvenzionate dal Comando di P.M. e che spero, tramite questa intervista, si faccia maturare l’idea di un maggior senso di responsabilità, nella diversità dei ruoli,  da parte di tutti i membri della nostra comunità

L’organico del Corpo dispone di una quantità di Ispettori, che indossano il grado di “tenente” decisamente inadeguato all’organico degli appartenenti ai gradi inferiori, tanto che è usuale parlare di un “esercito di generali senza truppa”. Questa situazione non è un ulteriore motivo di “forte disagio operativo”, dovendosi muovere tra una “mortificazione del grado” e le aspettative di carriera che nella norma prevede anche una “crescita” di responsabilità e qualità dell’azione di comando con le conseguenti gratificazioni personali di chi aumentando di grado spera di mutare anche le funzioni in quella catena formativa che si consolida tra neo assunti e veterani?

  • Nel sotto indicato quadro, Le rappresento distinto per profili professionali e categoria, qual è il numero di unità previste per la Polizia Municipale nella dotazione organica ed il numero delle unità attualmente in servizio.

Profili professionali

Categoria

Numero unità previste nella dotazione organica

Numero unità in servizio

Comandante P.M.

Dirigente

1

1

Funzionario direttivo di vigilanza

D3

3

2

Istruttore direttivo di vigilanza

D1

39

33

Istruttore di vigilanza (agente)

C

28

3

Amministrativo

C

1

1

Ausiliare del traffico

B3

7

6

Addetti segnaletica (operai)

B

4

2

 

 Conclusasi questa intervista intendo esprimerLe i miei ringraziamenti per l’interessamento dimostrato verso l’Istituzione che rappresento. 

Sono io a ringraziarLa per la pazienza e la disponibilità dimostrata. Devo, inoltre, evidenziare la pacatezza delle risposte. Sono lieto del risultato perché le Sue risposte tecnicamente ineccepibili sono anche un esempio di corretta interpretazione del proprio ruolo istituzionale. Ciò, comunque non impedisce ai lettori di DIALOGO di andare oltre le Sue risposte e le mie domande per potere emettere i giudizi più adeguati relativi alla qualità della classe politica modicana.

Buon lavoro Comandante.

 

 

***

 

 

Dialogo maggio 2011

 

 

Centodecimo anniversario della nascita di Salvatore Quasimodo

Il prof. Antonio Sichera nel deserto della politica culturale modicana

 

 

A parte la poesia dialettale, dalla quale sono stato attratto per il messaggio popolare e popolano e, quindi, sociale, ho sempre cercato di evitare gli inviti a manifestazioni e raduni di poeti locali che ho solo considerato un modo intimo dell’uomo di interpretare e di interpretarsi. Ad assumere questo atteggiamento negativo ha certamente influito la presenza, a Modica, di un fiorente circuito culturale dedito alla pubblicazione di libri di poesie con relative presentazioni, recensioni e con saccenti esegesi di critici letterari fai da te che alcune volte, mio malgrado, ho dovuto sopportare per non aver potuto rifiutare l’invito a far numero nella presentazione del libro del… promettente poeta.

Ed è stato in queste occasioni che ho assistito al consumarsi del rito :

forzata fusione di frasi fatte, luoghi comuni, con studiate espressioni e parole di un lessico forzatamente erudito, orientato a fornire un apparente senso compiuto ma lasciando agli ascoltatori l’angoscia di non poter individuare un messaggio culturale.

Con questi pregiudizi di fondo mi sono recato il 7 dicembre scorso alla cerimonia di inaugurazione dell’”Archivio storico Salvatore Quasimodo” ben organizzato nei locali del Palazzo della cultura.

Per onestà intellettuale devo aggiungere che Salvatore Quasimodo non rientra tra i personaggi a me simpatici ed ancor meno il di lui figlio per alcuni rimproveri che ha rivolto ai modicani.

Innanzitutto non l’ho mai considerato un modicano per lo stesso motivo per cui non considero catanzarese mio figlio che per pura combinazione nacque nel capoluogo della Calabria per poi venire a Modica, e poi, ho da sempre detestato l’ipocrisia dei politici modicani che hanno “inseguito” in Quasimodo non il fatto culturale o un impossibile genius loci modicano ma le più spericolate operazioni di marketing turistico che nulla hanno a che fare con la cultura.

Ansia antica se si pensa che cominciò il prof. Saverio Terranova nel 1961; infatti,  nel suo “Contributo alla storia di Modica” (pag.107) egli racconta, in maniera epica, l’essere riuscito a far venire Quasimodo a Modica raggiungendo l’obiettivo che da allora in poi “Quasimodo dichiarò sempre che era nato a Modica” anziché a Siracusa come aveva sempre fatto.

Ovviamente questo mio “Acqua ravanti e vientu ri rarrieri” attiene a questo voler costringere un personaggio ad una modicanità non sentita non certamente al valore intrinseco del personaggio.

Con questi pregiudizi mi sono predisposto, il 7 dicembre scorso ad ascoltare la lezione sulla poesia di Salvatore Quasimodo che il prof. Antonio Sichera si accingeva a svolgere presso il Palazzo della cultura di Modica in occasione delle numerose iniziative collegate al centodecimo anniversario della nascita del poeta.

Una relazione esemplare e di altissimo spessore nella quale ogni parola costruiva in maniera chiara il mosaico del pensiero di Salvatore Quasimodo, riuscendo a farsi pensiero ed emozione del profondo ancora più gratificante per gli spazi che nell’immediato apriva ad ulteriori  riflessioni con un conseguente fortissimo desiderio di approfondimento.

La lezione del prof. Sichera, nell’ambito della “Kermesse culturale” (bruttissimo termine utilizzato dall’Assessore alla cultura), che è continuata anche il giorno dell’Immacolata Concezione nei locali dell’Auditorium "Pietro Floridia", è rimasto l’unico fatto culturale.

Il resto ha consolidato l’immagine di una “cultura di plastica” quella, cioè, che mira a rimpinguare un elenco di eventi culturali più che sollecitare ed organizzare un progetto culturale; assenza di progetto che non consente a chi non ha avuto la fortuna di assistere alla lezione del prof. Sichera di poterla ascoltare in una registrazione né a me di poterne leggere anche una trascrizione per ulteriori approfondimenti. Ovviamente pongo la questione in termini di critica-auspicio ben sapendo che ci muoviamo in una realtà politica in cui il Sindaco confonde gli atti originali del settimo centenario della contea di Modica con l’ottima pubblicazione degli atti del prof. Giuseppe Barone.

Tutto ciò non diminuisce l’importanza dell’evento in se, dal collegamento con Dario Fo al ritratto di Guccione inviato al Presidente della Repubblica ma ciò non può e non deve impedire di stigmatizzare la presenza di “ansia di passerella” di alcuni molto attenti a promuovere il proprio libro (Oliviero Bea) e di altri che nelle due giornate nell’accennare a note biografiche hanno, di proposito, nascosto che Salvatore Quasimodo:

  • «Ha collaborato per vent'anni alle riviste fasciste di più stretta osservanza, alle quali nessun poeta collaborava […] Scriveva poesie sulla Resistenza perch´era di moda» (lettera del 4 novembre 1959 all'amico Jean Lescure inGiuseppe Ungaretti, - Jean Lescure. Carteggio (1951-1966)'  Olschki editore Firenze 2010);
  • nel 1940, a guerra iniziata e patto d’acciaio consolidato, collaborò con la rivista “Primato fascista” del ministro fascista Bottai (Storia Illustrata, gennaio 1980);
  • sostenne l’uso del “voi” in Antieuropa, nov-dicembre 1939 (Giuseppe Iannaccone, Il fascismo sintetico: letteratura e ideologia negli anni trenta, Greco & greco editori   Milano 1999);
  • implorò il duce del fascismo perché gli venisse assegnato un contributo per potere proseguire l’attività di scrittore. (Michele Ainis, Mario Fiorillo, L’ordinamento della cultura. Manuale di legislazione dei beni culturali, Giuffrè editore, Milano 2008)

Eppure nessuna di tali “infezioni” potrebbe consentire ad alcuno di definire fascista Quasimodo, considerato che in tutte i fatti indicati egli ebbe l’ottima compagnia di intellettuali come Rina Faccio, in arte Sibilla Aleramo, Benelli, Blasetti, Brancati, Cardarelli, Casella, Franchi, Marinetti, Mascagni, Negri, Pratolini, Ungaretti, Zangrandi, Pound, Praz, Morante, Volpe, Vittorini, GuttusoPirandello, MalaparteGatto, ChilantiBontempelli (Giovanni Sedita, Gli intellettuali di Mussolini. La cultura finanziata dal fascismo, Le Lettere, Firenze  2010).

Invece proprio il nascondere queste “insane amicizie” indica la “disinformatia” che declassa il fatto culturale in “indicibile altro” non potendosi accettare l’idea che la cultura non sia anche equilibrio, disincanto, libertà totale da condizionamenti,  sincerità, onestà intellettuale, assunzione di responsabilità e capacità di mettersi in discussione.

Tra l’ “indicibile altro” è presente una certa cretineria culturale dovendoci chiedere come le “infezioni fasciste” citate possano incidere negativamente sullo spessore culturale di Quasimodo che ci ha fornito il prof. Antonio Sichera.

 

Dicembre 2011

 

 

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