Bernado Del Bianco, Le petizioni dei quartieri dimenticati. rilegatura a quaderno, formato 10x14, pp.57, stampato in proprio Modica 2007

 

 

I Quartieri e le Contrade Sorda, Cava Ispica, Frigintini e Dente, solo per citare i più antichi, sorsero a Modica ancor prima di quelli di Siena. [...] Modica, come Siena, è uno dei maggiori centri artistici d’Italia che conserva ancora le famose contrade, quelle che nella lingua modicana si chiamavano quartieri de zondemaris, zone della città aventi particolari caratteristiche topografiche e storico edilizie. [...]. Lo scrittore cinese della Dinastia dei Ming, Chan Chu Lin, dà una grande descrizione della città che vide ritornando con Marco Polo. Vi erano più Quartieri che persone, e più animali che cristiani. In quel periodo, l’architetto della Manciuria, Min Che Mahr, costruì i famosi giardini che si possono ancora ammirare, e che hanno la stessa lunghezza della Muraglia Cinese. [...] Per costruire tale giardino, dove si svolse il primo Palio del mondo, furono impiegati mezzo milione di operai, tre milioni di vasi da fiori e cinque milioni di alberi. Giardinieri da ogni parte del mondo vennero a Modica per imparare l’arte dell’ombra, come i cinesi chiamarono i grandi gazebi fatti con le piante di gelsomino e fichidindia. L'UNESCO, sapendo tutto questo, ha voluto premiare la città. Resta solo da aspettare chi premierà adesso l'UNESCO! British Encyclopedia - (Alla voce Modica, 18 Vol. pag. 6677)

 

Trilogia di Bernaldo Del Bianco

Abbiamo ricevuto tre composizioni da persona autorevole la quale, in sintonia con i nostri intendimenti, ha scelto di firmarle adottando lo pseudonimo di “Bernaldo del Bianco”.

Molto volentieri e per svariati motivi, tutti ottimi, le pubblichiamo in forma di tre libretti.

Il testi sono stilati in una prosa assai gradevole, barocca e immaginifica, che predispone subito al riso dal quale la mente genera lo sghignazzo di pancia nel quale s’affogano i potenti e resta nudo il Re.

Alla forma esilarante s’aggiunge un contenuto il cui umorismo è bastante a stroncare un cavallo e la cui comicità bastona gli asini.

Tutto ciò è agito con l’intelligenza necessaria ad avvincere i sagaci e respingere gli sciocchi, per i quali condividiamo l’antipatia implicita dell’autore.

Gli scritti mostrano una cura affettuosa per Modica e un amore capace d’andare alle radici profonde della sua identità, ormai pericolante per la superficialità di troppi.

[...] Il suo linguaggio, a prima vista dissacratorio dei difetti e dei vizi della generalità dei Modicani, si pone alla riflessione intima degli attenti come reazione possibile ad un “sistema” che piega i meccanismi democratici della ricerca del consenso alla sua logica di dominio. [...]

Bernaldo del Bianco, infatti, si scaglia con rara efficacia contro i pennivendoli glorificanti le intraprese di quei politici i quali, avvalendosi dei conati mercenari di straccivendoli della cultura, stanno demolendo, pezzo per pezzo, anno per anno, la verità storica delle nostre origini, del nostro passato, delle nostre tradizioni, declamando assiomi indimostrabili e talmente fantasiosi e assurdi da renderci persino ridicoli.

Solo chi non ha storia ha bisogno di falsi, e dice e scrive mitiche fandonie per crearsene una.

Solo chi non ha storia s’inventa le storie, e come il Gatto con gli Stivali magnifica i beni e i nobili natali del Marchese delle Carabattole.

Modica non ha bisogno di risibili operazioni di marketing, le basta d’essere stata fondata prima di Roma, ma agogna disperatamente di poterlo dimostrare senza gli artifici di accademici politicanti.

I Modicani devono studiare il loro passato, sviscerandolo con serietà scientifica, e profondere tutto il loro orgoglio su quel che sono stati, ma su ciò che sono stati per davvero, non sulle fole inventate da venditori di fumi elettorali. Non è possibile che, con accanimento così bestiale, sia loro impedito di avere fierezza d’essere quello che sono ora.

Chi confonde la Cultura con la salsiccia; chi confonde una famosissima e storicamente documentata Fiera del bestiame con la “Giostra dei Chiaramonte”, non ci sembra adatto a progettare il futuro di una città della quale deforma così vistosamente il passato. [...]

(Dalla presentazione)

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