Home Edizioni La Biblioteca di babele

Adolfo Lutrario, Biennio rosso. 29 maggio 1921: il conflitto di Modica. Introduzione di Carmelo Modica. Prefazione di Giuseppe Chiaula. Formato 14x20, Rilegatura a quaderno, pp.80  2008. E' allegato un piccoloCD. [ISBN 978-88-89211-23-6]

Il rapporto Lutrario meriterebbe anche la descrizione del contesto socioeconomico del primo dopoguerra nell'area degli Iblei che fece da cornice all'eccidio di Passo Gatta; speriamo che qualche storico vorrà assumersene l'onere.

Noi ci siamo limitati a questa breve introduzione per fornire il modesto contributo di questa nostra interpretazione del clima che secondo noi caratterizzò la situazione dell'ordine pubblico in quegli anni.

Un contributo, il nostro, che trae la sua specificità dal fatto che, avendo vissuto di persona momenti simili di violenza in ordine pubblico, conosciamo certi meccanismi, anche psicologici, che caratterizzano la gestione dell'ordine pubblico.

Ovviamente, e sarebbe stupido negarlo, queste nostre analisi hanno anche l'obiettivo di indicare alcuni limiti nella storiografia della sinistra su un episodio del biennio rosso, perché traiamo da esse l’esistenza di fondati dubbi sulla correttezza dei criteri interpretativi adottati dalla storiografia della sinistra che, stante il detto “nel più è compreso il meno”, potrebbero avere un valore generale.

A noi sembra che anche gli episodi periferici del biennio rosso portano i segni del clima dei tempi.

La sinistra in Italia, come nelle vicende di Passo Gatta, pone al centro la violenza fascista, ma è decisamente riduttiva ogni valutazione della violenza fascista che non tenga conto del fatto che essa si svolse in un clima rivoluzionario, con tutto quanto ciò comporta, violenza compresa.

Clima rivoluzionario indiscutibile se si tiene conto che il Fascismo, come il futurismo, investì tutti i settori della vita culturale italiana.

Esistono studi seri sul cosiddetto “biennio rosso” che evidenziano come subito dopo la rivoluzione leninista del 1917, in Italia scoppiarono tafferugli e scontri, voluti proprio dai socialisti.

Negli anni 1920-1921 le violenze di piazza provocarono 321 morti (72 poliziotti, 220 socialisti e 39 Fascisti) su circa 38 milioni di cittadini italiani (13).

Questo dato deve pur avere un significato, che va oltre il suo valore quantitativo, se si raffronta con quello che indica in 8 milioni (14) le persone massacrate nella rivoluzione sovietica nel periodo 1918-1921 su circa 160 milioni di cittadini russi, dove si attuò una analoga rivoluzione epocale.

Decisamente riduttiva ci sembra l'assenza di ogni collegamento tra la violenza fascista ed i modi, gli atteggiamenti, i comportamenti, gli slogans, i riti, i miti e le violenze dei bolscevichi russi che i socialisti italiani, nel loro agire, imitarono "in differita di due anni" per cercare di realizzare in Italia, ciò che era avvenuto in Russia: il socialismo sovietico.

 ***

 La violenza fascista fu determinata, ampia e senza limiti, e non poteva essere diversamente avendo avuto come elemento fondante gli ex combattenti che dalla trincea erano usciti con quella carica di violenza che solo la guerra vissuta riesce a dare e non è valutabile da chi vorrebbe farlo in pantofole davanti alla tastiera di una macchina da scrivere; violenza che venne canalizzata da Mussolini verso obiettivi rivoluzionari.

Diviene, pertanto, molto semplicistico condannare la violenza fascista come strumento della borghesia, anche se quest’ultima vide nel fascismo violento lo strumento per superare consistenti paure che si formavano man mano che si apprendeva degli incredibili avvenimenti che si verificavano nella Russia sovietica.

E’, inoltre, riduttivo valutare questo periodo non considerando che in Europa, in Russia ed in Italia in particolare, erano in atto delle rivoluzioni epocali che come tutte le rivoluzioni si sviluppano secondo criteri e meccaniche particolari.

 Sono avvenimenti che è più facile raccontare che giudicare perché essi si evolvono e tracimano in maniera incontrollata ed incontrollabile, proprio come una massa d’acqua incontenibile.

Ancor meno la violenza rivoluzionaria si presta a giudizi di valore essendo l'esito di schemi e processi socio-culturali di massa non facilmente indagabili.

Né il verificarsi di una rivoluzione può attribuirsi alla responsabilità di una persona perché l’efficacia di questa persona è strettamente legata al clima.

Una rivoluzione sovietica o fascista non può essere attribuita alla capacità di un Lenin o di un Mussolini, essa è l’esito di un clima generale e di condizioni rivoluzionarie che cercarono e trovarono l’uomo giusto e capace di provocare quanto naturalmente doveva essere realizzato.

Non è Mussolini il responsabile della rivoluzione fascista: è il clima dei tempi a cercare, formare ed utilizzare Mussolini.

Se non fossero esistite le condizioni, Mussolini non avrebbe potuto far nulla; se non fossero esistiti degli sciocchi comunisti che confusero la civiltà di Roma con quella al di là egli Urali, forse non sarebbe esistito neanche l Fascismo. (Dalla Introduzione di Carmelo Modica)

 

Attachments:
Download this file (Lutrario-Modica-Biennio Rosso.pdf)Lutrario-Modica-Biennio Rosso.pdf[ ]750 kB
Joomla templates by a4joomla